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 2009  ottobre 14 Mercoledì calendario

Cacciatori, un esercito sempre più piccolo - Erano un milione e mezzo, ora sono diventati 750 mila L’età media: 70 anni

Cacciatori, un esercito sempre più piccolo - Erano un milione e mezzo, ora sono diventati 750 mila L’età media: 70 anni. Polemiche per la legge in discussione - Ha tra i 65 e i 75 anni di età, con punte fino agli 80, vive soprat­tutto in Toscana (sono 110 mi­­la), in Lombardia (100 mila) e in Emilia Romagna (70 mila), ma anche in Pie­monte (40 mila), Veneto (46 mila), Lazio (55 mila), Campania (45 mila), Sarde­gna (46 mila) e Umbria (40 mila). Nel 1985, quasi 25 anni fa, erano oltre un mi­lione e mezzo in tutta Italia. Oggi sono meno della metà, non superano i 750 mi­la, un calo che si spiega soprattutto con l’assenza di ricambio generazionale. Sono i cacciatori italiani, una «spe­cie » quasi in via di estinzione. Ora sono in piena stagione di caccia e, con o senza cane, con o senza fischietto, al passo o da appostamento, hanno cominciato a sparare dalla terza settimana di settem­bre, con molte deroghe temporali all’in­dietro fino ai primi di settembre, e ap­penderanno il fucile alla fine di gennaio. Crolla il numero dei cacciatori in Ita­lia, nonostante la legislazione non sia particolarmente sfavorevole. Un fatto di cultura, probabilmente, un progressivo abbandono di quello che non è più rico­nosciuto come sport dal Coni e che tutta­via riesce, soprattutto in ambito locale, con le elezioni amministrative, e anche con qualche incursione in Parlamento, a fare pressioni fortissime per ottenere di più. Tanto che al Senato si sta discuten­do il ddl Orsi, che vuole riformare l’or­mai vecchia legge del 1992 (la 157) con una serie di nuove norme che, tra le al­tre cose, prevedono di abbassare il limi­te di età a 16 anni e di concedere alle Re­gioni di decidere in proprio i tempi in cui cacciare e le specie autorizzate. Un di­segno di legge, quello proposto dal sena­tore del Pdl Franco Orsi, che ha già fatto protestare vivacemente le associazioni ambientaliste. Sono sei le associazioni di cacciatori in Italia, la numero uno è la Federcaccia che raccoglie metà dei cacciatori, l’altra, vicina alla sinistra, è l’Arcicaccia, che ne raccoglie una fetta più piccola ma signifi­cativa. «Dal 1992 ad oggi non ci sono più stati interventi normativi – accusa il presidente di Federcaccia Gianluca Dal­l’Olio ”. In Francia, per fare un esempio negli ultimi 9 anni ci sono stati già quat­tro ritocchi alla normativa e non perché cambiano i cacciatori ma perché cambia l’ambiente e occorre adeguarsi. Sempre in Francia al ministero dell’Agricoltura esiste un ufficio venatorio che coordina, noi non l’abbiamo, nessuno si occupa della materia. La 157 ha fortemente re­sponsabilizzato i cacciatori eppure in molte zone non è stata ancora del tutto applicata. Ci sono Regioni – continua Dall’Olio – come la Toscana e l’Emilia Romagna dove sono stati costituiti gli Atc, che devono essere sub-provinciali e fare gestione faunistica del territorio, e ci sono Regioni, come la Calabria, che li ha istituiti appena un anno fa, o Provin­ce, come Roma e Latina, che non ce l’hanno». L’Atc, Ambito territoriale di caccia, è l’area riservata all’attività venatoria. Me­diamente ricopre il 70 per cento del terri­torio, per il resto riservato ad aree protet­te e parchi dove cacciare è vietato. Ac­canto alle Atc ci sono poi, nelle regioni montuose, i comprensori di caccia e le riserve alpine di caccia. «L’abbandono della campagna – continua Dall’Olio’ ha fortemente modificato il territorio, gli ungulati sono in forte crescita, anche i cervidi sono a volte un vero problema. Prima agricoltura, caccia, ’pulizia’ del territorio per abbassare il surplus fauni­stico, erano tutt’uno. Ora non è più così e manca completamente un osservato­rio nazionale, un ufficio che sappia coor­dinare e monitorare le attività e la popo­lazione faunistica, che sappia, insomma, fare gestione». Il presidente di Federcaccia ammette che con «ambientalisti e agricoltori il rapporto non sempre è facile ma spesso sono proprio gi agricoltori a chiedere aiuto perché vengano decisi abbattimen­ti di massa, soprattutto per i danni che cinghiali e altre specie fanno all’agricol­tura di eccellenza». I cacciatori ogni anno sborsano 147 euro allo Stato per la tassa governativa, «soldi che non sono mai stati reinvestiti nell’ambiente, sia che il governo fosse di destra che di sinistra», dice Dall’Olio. C’è poi il pagamento di una seconda tassa, agli Atc, dove cacciatori e enti loca­li sono rappresentati ciascuno al 30 per cento e al 20 per cento agricoltori e am­bientalisti. «Qui i soldi vanno al ripopo­lamento e per ripagare i coltivatori dan­neggiati. Ecco perché in alcune Regioni, come l’Emilia Romagna, si versano an­che 250 euro all’anno, mentre in Cala­bria solo 8». Ma com’è cambiata la caccia negli ulti­mi 25 anni? « cominciata a cambiare prima – spiega il presidente di Arcicac­cia Osvaldo Veneziano ”. Negli anni Sessanta è cominciato il progressivo ab­bandono delle campagne, un’urbanizza­zione sempre più di massa, la fine della mezzadria. Oggi la caccia non incontra più l’interesse dei giovani. La domenica mattina, quando all’alba vado a cacciare, incontro i ragazzi che tornano dalle di­scoteche » . Arcicaccia non condivide il ddl Orsi, anche se è disponibile ad una riforma della 157, «sempre però dentro i paletti della direttiva europea che vieta la cac­cia alle specie protette e oltre i tempi sta­biliti dal calendario venatorio nazionale. La 157 è stata frutto di una mediazione ma anche se ha chiuso, giustamente se­condo noi, l’epoca della libera caccia in libero territorio, prevede ambiti di di­mensioni più grandi di quello che acca­de nel resto d’Europa. Con i giusti limiti, con paletti e regole condivise, il rappor­to del cacciatore con il territorio deve es­sere non demonizzato ma, al contrario, valorizzato » . Che cosa deve fare un buon cacciato­re? «Essere responsabile, rispettare le leggi, stare attento alla sicurezza sua e degli altri, non fare bracconaggio», ri­sponde Veneziano. E che cosa dovrebbe essere un buon Atc? «Avere come obietti­vo la gestione della fauna di quel territo­rio, prevedere piani di prelievo adegua­ti, perché le specie protette troppo pro­tette provocano danni e incidenti sulle strade», ribatte Dall’Olio di Federcaccia, che pur appoggiando le proposte del ddl Orsi, assicura che è disposto a cedere su alcuni punti, «ma che almeno facciano la governance nazionale » . Dove cacciano le nostre doppiette? «Al Centro-Sud esiste quasi esclusiva­mente caccia agli uccelli migratori – spiega il presidente di Arcicaccia Vene­ziano – perché qui la gestione del terri­torio è quasi inesistente» e, ammette Dall’Olio di Federcaccia, «negli anni pas­sati è stato fatto un prelievo venatorio consumistico ed eccessivo che, senza ri­popolamento, ha cancellato alcune spe­cie » . «Dall’Umbria a salire verso il Nord – continua Dall’Olio – oltre alla migrato­ria, sul litorale costiero c’è la caccia alla fauna stanziale, gli ungulati principal­mente, cinghiali e caprioli ma anche le­pri e fagiani. E nelle zone umide del del­ta del Po e della laguna veneta si pratica la caccia agli anatidi, germano reale, marzaiola, fischione. Qui gli Atc fanno gestione del territorio», anche se non mancano aree dove, spiega Veneziano «sbagliando, si immette la selvaggina ap­posta per la stagione venatoria e quando finisce si ricompra. Non è questa la cac­cia che ci piace praticare».