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 2009  ottobre 13 Martedì calendario

Acqua buttata via. Per due miliardi e mezzo di euro- ROMA – Due miliardi e 464 milioni di eu­ro

Acqua buttata via. Per due miliardi e mezzo di euro- ROMA – Due miliardi e 464 milioni di eu­ro. Ovvero, una somma pari a quella necessa­ria ogni anno per compensare l’abolizione dell’Imposta comunale sugli immobili decre­tata dal governo di Silvio Berlusconi. Per re­cuperarla sarebbe sufficiente chiudere bene i rubinetti, tappare i buchi delle condutture, staccare le sanguisughe e far pagare gli evaso­ri. Perché due miliardi e 464 milioni di euro è esattamente il valore dell’acqua potabile che in dodici mesi si perde nel nostro Paese. Per colpa delle infrastrutture fatiscenti but­tiamo via il 30,1% delle risorse idriche. C’è da dire che non si scherza nemmeno altrove: in Francia, per esempio, le perdite sono il 26%, mentre in Gran Bretagna e Spagna viene di­sperso il 22% circa dell’acqua immessa nella rete, contro il 6,8% appena della Germania. I livelli italiani, tuttavia, sono davvero inarri­vabili. Ogni anno si immettono nella nostra rete circa 7,8 miliardi di metri cubi di acqua ma ne arrivano a destinazione poco più di 5,4 mi­lioni. Il resto «evapora» per colpa delle perdi­te fisiche ma anche dei prelievi abusivi. Se­guendo purtroppo sempre lo stesso copione, anche in questo settore i servizi funzionano meglio al Nord che al Sud. Basti pensare che nelle regioni meridionali le perdite superano il 37,4%, a fronte del 23,4% nel Nord Ovest e del 26,7% nel Nord Est. Addirittura clamoro­so il caso della Puglia, dove il 46,3% dell’ac­qua non arriva ai rubinetti. Si tratta di gran lunga del dato più eclatante: peggiore di quel­lo della Sardegna (43,2% di perdite), del­l’Abruzzo (40,9%) e della Campania (36,8%). Citando dati della Fondazione Civicum il dossier della Confartigianato sottolinea co­me il problema più annoso sia quello che ri­guarda l’Acquedotto pugliese, la struttura idrica più grande d’Europa. Nel 2006 le perdi­te dell’Acquedotto pugliese sarebbero state pari al 50,3% dell’acqua immessa nella rete. Ragion per cui questa azienda figura netta­mente in testa a una classifica che vede al se­condo posto la romana Acea, la quale nel 2007 avrebbe registrato perdite per ben il 35,4% del totale. In fondo alla lista si trova la Mm di Milano, con il 10,3% appena. L’Acea è tuttavia l’azienda con il più eleva­to fatturato per dipendente, guidando in que­sto caso una graduatoria che pone all’ultimo posto la napoletana Arin. Ogni lavoratore del­la divisione idrica della municipalizzata ro­mana produce un fatturato di 256.800 euro, il 20,5% più della media nazionale, contro i 159.800 euro dell’azienda napoletana. L’Acea è anche una di quelle che praticano per l’ac­qua le tariffe inferiori. Più basse, secondo i dati del 2007, anche rispetto all’Arin: 99 cen­tesimi al metro cubo per la società napoleta­na contro 81 centesimi per quella romana. Al contrario, il costo più caro del servizio è quel­lo dell’Acquedotto pugliese. Commenta il dossier della Confartigianato: «L’azienda con le maggiori perdite di rete e una più bassa produttività del lavoro offre tariffe per il ci­clo integrato (acqua potabile, fognatura e de­purazione) del 77,8% più elevate rispetto ad Acea, azienda nella quale si riscontra la pro­duttività del lavoro più elevata. Mm Milano è l’azienda che mostra la minore perdita d’ac­qua in rete e nel contempo offre la tariffa del ciclo integrato più bassa». Al Sud, infine, si riscontra il record del­l’evasione. Almeno è quello che si desume dai ricavi per abitante, appena superiori a 80 euro l’anno nelle regioni meridionali, a fron­te di 93,1 euro al Nord e 126 euro al Centro.