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 2009  ottobre 12 Lunedì calendario

Il meteorologo e l’economista- Imetereologi sono diventa­ti bravissimi a prevedere gli eventi atmosferici, dai micro temporali estivi ai fenomeni macroscopici come l’uragano Katrina

Il meteorologo e l’economista- Imetereologi sono diventa­ti bravissimi a prevedere gli eventi atmosferici, dai micro temporali estivi ai fenomeni macroscopici come l’uragano Katrina. E non pre­annunciano genericamente che prima o poi arriverà la pioggia. Questo lo san fare tut­ti. Loro invece sanno dirci con precisione a che ora passerà la prossima perturbazione, con quale intensità, come sa­ranno i venti e quando torne­rà il sereno. Certo anche loro commettono qualche errore, ma chiunque vada per mare o in montagna non avrà proble­mi ad ammettere che rispetto a vent’anni fa la precisione di un bollettino meteo è oggi im­pressionante. Non così si può dire di noi economisti: eravamo molto imprecisi vent’anni fa e lo sia­mo ancora. Perché non abbia­mo saputo tenere il passo dei metereologi? Una prima risposta è che i modelli degli economisti sono meno precisi, perché riguarda­no l’erratico e irrazionale com­portamento umano, non le leggi ferree delle scienze natu­rali. Può darsi, ma negli ultimi vent’anni gli economisti han­no prodotto un’enorme quan­tità di ricerca sulle imperfezio­ni dei mercati, l’incertezza, le asimmetrie informative e i comportamenti dettati dalle interazioni di gruppo e dalla razionalità limitata. Queste ri­cerche hanno chiarito molti comportamenti microecono­mici degli operatori nei singo­li mercati. A livello teorico gli economisti non sono rimasti indietro rispetto ai metereolo­gi nella comprensione dei meccanismi che muovono le particelle dei sistemi da loro studiati, per quanto diversi possano essere una molecola d’ossigeno e un investitore di Wall Street. Ciò che veramente manca agli economisti, e che invece i metereologi hanno in abbon­danza, sono i dati. Per due mo­tivi. In primo luogo la frequen­za degli eventi atmosferici si­gnificativi, soprattutto a livel­lo macro, è molto maggiore di quella degli eventi economici. Nell’anno di Katrina, un feno­meno eccezionale paragonabi­le alla crisi economica attuale, sono state contate altre 29 tempeste tropicali di cui 15 si sono trasformate in uragani si­mili a quello che colpì New Or­leans. Non ci sono invece state 29 crisi nello stesso anno di quel­la attuale: per trovarne una pa­ragonabile dobbiamo risalire al 1929. Ci sono voluti 40 anni per mettere insieme le 80 crisi bancarie su cui il Fondo mone­tario internazionale ha elabo­rato un recente rapporto. In secondo luogo, grazie ai computer, i metereologi im­magazzinano ogni anno non solo informazioni su almeno 20-30 eventi come Katrina, ma anche su miliardi di altri fenomeni che determinano il tempo atmosferico. Quasi ogni temporale, ogni goccia di pioggia, ogni alito di vento vie­ne registrato in banche dati e studiato per capire come i sin­goli micro eventi possano de­terminare i macro fenomeni come un tornado. O anche so­lo, per capire i tempi di un cambio di stagione. Sarebbe come se ogni volta che un consumatore compra il pane o firma un mutuo, un’azienda assume un lavora­tore o investe in macchinari, un risparmiatore vende azioni o compra oro, queste informa­zioni venissero immagazzina­te e utilizzate per comprende­re cosa è successo e cosa succe derà. Tecnicamente questo è possibi­le, almeno per le transazioni elet­troniche, ma la protezione della privacy ne impedi­rebbe l’utilizzo. E quindi noi economisti ci tro­viamo con gli stessi computer dei metereologi e modelli non molto peggiori, ma ci manca la loro mole di dati. C’è però una cosa che i me­tereologi fanno relativamente poco, e invece agli economisti viene chiesto continuamente di fare: modificare gli eventi, ossia fare politica economica. Meteothriller a parte, non so quanto i metereologi siano in grado di influire sui fenomeni da loro studiati. Almeno su questo, occorre dare atto agli economisti che qualcosa han­no imparato dai tempi della Grande Depressione: quanti lettori un anno fa avrebbero scommesso che la crisi si sa­rebbe fermata? Non si è fermata per caso. Se il sistema non è arrivato al temuto melt-down , lo dobbia­mo agli interventi studiati da chi si è preso la responsabilità di governare le grandi econo­mie della terra in questa diffi­cile burrasca. Spiace osserva­re che in Italia, dove il gover­no ha fatto molto meno di al­tri, il «tiro all’economista» sia diventato lo sport preferito proprio da quegli stessi gover­nanti che beneficeranno di una uscita dalla crisi prodotta dalle scelte coraggiose e incisi­ve di altri.