Andra Ichino, Corriere economia 12/10/2009, 12 ottobre 2009
Il meteorologo e l’economista- Imetereologi sono diventati bravissimi a prevedere gli eventi atmosferici, dai micro temporali estivi ai fenomeni macroscopici come l’uragano Katrina
Il meteorologo e l’economista- Imetereologi sono diventati bravissimi a prevedere gli eventi atmosferici, dai micro temporali estivi ai fenomeni macroscopici come l’uragano Katrina. E non preannunciano genericamente che prima o poi arriverà la pioggia. Questo lo san fare tutti. Loro invece sanno dirci con precisione a che ora passerà la prossima perturbazione, con quale intensità, come saranno i venti e quando tornerà il sereno. Certo anche loro commettono qualche errore, ma chiunque vada per mare o in montagna non avrà problemi ad ammettere che rispetto a vent’anni fa la precisione di un bollettino meteo è oggi impressionante. Non così si può dire di noi economisti: eravamo molto imprecisi vent’anni fa e lo siamo ancora. Perché non abbiamo saputo tenere il passo dei metereologi? Una prima risposta è che i modelli degli economisti sono meno precisi, perché riguardano l’erratico e irrazionale comportamento umano, non le leggi ferree delle scienze naturali. Può darsi, ma negli ultimi vent’anni gli economisti hanno prodotto un’enorme quantità di ricerca sulle imperfezioni dei mercati, l’incertezza, le asimmetrie informative e i comportamenti dettati dalle interazioni di gruppo e dalla razionalità limitata. Queste ricerche hanno chiarito molti comportamenti microeconomici degli operatori nei singoli mercati. A livello teorico gli economisti non sono rimasti indietro rispetto ai metereologi nella comprensione dei meccanismi che muovono le particelle dei sistemi da loro studiati, per quanto diversi possano essere una molecola d’ossigeno e un investitore di Wall Street. Ciò che veramente manca agli economisti, e che invece i metereologi hanno in abbondanza, sono i dati. Per due motivi. In primo luogo la frequenza degli eventi atmosferici significativi, soprattutto a livello macro, è molto maggiore di quella degli eventi economici. Nell’anno di Katrina, un fenomeno eccezionale paragonabile alla crisi economica attuale, sono state contate altre 29 tempeste tropicali di cui 15 si sono trasformate in uragani simili a quello che colpì New Orleans. Non ci sono invece state 29 crisi nello stesso anno di quella attuale: per trovarne una paragonabile dobbiamo risalire al 1929. Ci sono voluti 40 anni per mettere insieme le 80 crisi bancarie su cui il Fondo monetario internazionale ha elaborato un recente rapporto. In secondo luogo, grazie ai computer, i metereologi immagazzinano ogni anno non solo informazioni su almeno 20-30 eventi come Katrina, ma anche su miliardi di altri fenomeni che determinano il tempo atmosferico. Quasi ogni temporale, ogni goccia di pioggia, ogni alito di vento viene registrato in banche dati e studiato per capire come i singoli micro eventi possano determinare i macro fenomeni come un tornado. O anche solo, per capire i tempi di un cambio di stagione. Sarebbe come se ogni volta che un consumatore compra il pane o firma un mutuo, un’azienda assume un lavoratore o investe in macchinari, un risparmiatore vende azioni o compra oro, queste informazioni venissero immagazzinate e utilizzate per comprendere cosa è successo e cosa succe derà. Tecnicamente questo è possibile, almeno per le transazioni elettroniche, ma la protezione della privacy ne impedirebbe l’utilizzo. E quindi noi economisti ci troviamo con gli stessi computer dei metereologi e modelli non molto peggiori, ma ci manca la loro mole di dati. C’è però una cosa che i metereologi fanno relativamente poco, e invece agli economisti viene chiesto continuamente di fare: modificare gli eventi, ossia fare politica economica. Meteothriller a parte, non so quanto i metereologi siano in grado di influire sui fenomeni da loro studiati. Almeno su questo, occorre dare atto agli economisti che qualcosa hanno imparato dai tempi della Grande Depressione: quanti lettori un anno fa avrebbero scommesso che la crisi si sarebbe fermata? Non si è fermata per caso. Se il sistema non è arrivato al temuto melt-down , lo dobbiamo agli interventi studiati da chi si è preso la responsabilità di governare le grandi economie della terra in questa difficile burrasca. Spiace osservare che in Italia, dove il governo ha fatto molto meno di altri, il «tiro all’economista» sia diventato lo sport preferito proprio da quegli stessi governanti che beneficeranno di una uscita dalla crisi prodotta dalle scelte coraggiose e incisive di altri.