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 2009  ottobre 12 Lunedì calendario

DOMANDE E RISPOSTE

Perché tante morti bianche?-

Ieri il presidente Napolitano ha definito «inaccettabili» le morti sul lavoro. Ma quanti sono gli incidenti in Italia?
Abbiamo soltanto i dati del 2008, che registrano 1120 morti (-7,2% rispetto ai 1207 del 2007) e 874.950 infortuni (-4,2%). Per il 2009 disponiamo soltanto di stime - - l’Inail, l’istituto assicurativo che si occupa degli infortuni sul lavoro, attende alcuni mesi prima di certificare come avvenuto sul lavoro un decesso - che ipotizzano 815 morti. Gli invalidi del lavoro sono oltre 800 mila.
E le malattie professionali?
I casi di malattia professionale denunciati sono 29.700 (+11%, forse grazie a un aumento delle denunce una volta «sommerse»), 9300 quelli riconosciuti, 5400 le malattie professionali con esiti d’inabilità permanente, 280 quelle con esiti mortali.
Le statistiche considerano proprio tutti gli incidenti?
No. Per quanto riguarda gli infortuni, soprattutto nei settori dove c’è molto lavoro nero e molto lavoro d’immigrati, in media uno su tre non viene denunciato.
La situazione
sta migliorando?
Rispetto al passato non si può negare che ci sia stato un consistente miglioramento. C’è una tendenza alla diminuzione delle morti bianche che va avanti da molti anni (con l’eccezione del 2006) rispetto a un picco massimo segnato con l’ecatombe dei 4664 morti nel 1963. Il 2008 segna per la prima volta la discesa sotto la soglia dei 1200 morti.
Quali sono le cause
principali delle «morti bianche» in Italia?
Gli incidenti stradali sono di gran lunga la prima causa di morte per chi lavora, con 611 casi, il 54% del totale: 335 persone a causa del loro lavoro (autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale), 276 nel percorso tra casa e lavoro.
E i settori produttivi
più interessati?
L’edilizia, con 275 morti e 101.898 infortunati denunciati, seguita dai trasporti (145, in diminuzione del 5,2%) e dall’agricoltura (121, in aumento del 15,2%).
Sono colpiti di più
i lavoratori stranieri?
Non c’è dubbio, anche perché molto presenti nell’edilizia. In pratica migranti e stranieri, che rappresentano l’8% della popolazione residente in Italia, pesano per circa il 16% sul totale delle morti (176) e degli infortuni (143.561). Una quota maggiore rispetto alla loro presenza nel mondo del lavoro.
La tendenza migliora
o peggiora?
Peggiora: se nel complesso morti e infortuni diminuiscono, per gli immigrati aumentano del 2 per cento.
Perché l’edilizia resta
il settore killer?
In parte per ragioni oggettive. Ma anche perché il prevalente modello del subappalto consente la sistematica violazione delle regole di sicurezza che pure esistono, e che sono considerate di buon livello e comparabili agli standard europei.
 la prima volta che Napolitano interviene
sul tema della sicurezza
sul lavoro?
No. Sin dall’inizio del suo mandato il Presidente ha sistematicamente battuto sul tasto della sicurezza. Si ricorda, qualche mese fa, l’intervento di fronte ai parenti delle vittime della ThyssenKrupp di Torino. In quell’occasione Napolitano bocciò la cosiddetta norma «salvamanager», contenuta in una bozza della riforma voluta dal governo.
E della riforma, alla fine,
che è successo?
Il Testo unico sulla sicurezza voluto dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha per certi versi ridotto l’apparato sanzionatorio, a favore di un maggiore impegno sul versante della prevenzione e della formazione.
A chi sono affidati i controlli sul rispetto delle regole?
Agli ispettori del Lavoro del ministero. Ma intervengono anche speciali sezioni di personale dipendente dalle Asl, e dai distaccamenti dei vigili del fuoco. In tutto gli ispettori sono cinquemila.
Sono efficaci?
Il rischio di un controllo è basso, anche per il gran numero di piccole e piccolissime imprese. Sempre parlando di edilizia - 400 mila aziende, di cui il 95 per cento con meno di otto dipendenti - secondo gli esperti un’impresa corre il rischio di subire un controllo ogni 20 anni. Al Nord in proporzione si fanno più controlli.