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 2009  ottobre 12 Lunedì calendario

QUELLA BICICLETTA DA DONNA NERA E UNA RAGAZZA BIONDA: RIPARTE LA CACCIA ALL’ASSASSINO DI CHIARA


VIGEVANO Testimonianze ignorate, movimenti che non collimano, piste abbandonate un po’ troppo in fretta. Sono parecchi i conti che non tornano nell’omicidio di Garlasco e ora che l’inchiesta per l’assassinio di Chiara Poggi va a sbattere contro la cruda realtà dei dati scientifici contenuti nelle superperizie ordinate dal gup Stefano Vitelli, la determinazione con cui inquirenti e magistrati hanno fin dall’inizio puntato il dito contro Alberto Stasi comincia a vacillare. La Procura di Vigevano vive in perenne stato di emergenza, le riunioni tra i pm Rosa Muscio e Claudio Michelucci si susseguono, l’udienza del 24 ottobre si avvicina e sono già tre le perizie che scagionano il biondino di Garlasco. «Ovvio, perché l’assassino di Chiara non è Alberto Stasi - dice il criminologo Francesco Bruno - E allora andate a cercarlo tra i suoi ex colleghi, i suoi amici, le sue conoscenze».
E’ nel mondo di Chiara, secondo gli esperti, che si nasconde chi l’ha voluta morta. «Chi l’ha uccisa faceva parte della sua cerchia di conoscenze, e con questo non voglio dire che avesse una doppia vita. Semplicemente l’assassino provava qualcosa per lei e questo sentimento si è rivelato nella sua intensità proprio la mattina dell’omicidio», afferma la criminologa Roberta Bruzzone. E di stranezze, nelle prime ore di quel tragico 13 agosto 2007, ce ne sono diverse ma nessuna è mai stata presa seriamente in considerazione, tanto che in udienza i legali di Stasi parlano di «indagini alternative» e «interessanti» spunti di inchiesta trattati con «superficialità». A cominciare dalle testimonianze delle poche persone che quel giorno, in una Garlasco desertificata dalle vacanze estive, transitarono in via Pascoli. La vicina di casa dei Poggi, Franca Bermani, riferì agli investigatori di aver visto una bicicletta nera da donna (quella sequestrata ad Alberto è bordeaux) appoggiata al muro della villetta, ma non si è mai saputo a chi appartenesse. Particolare suggestivo, messo in evidenza dai difensori dell’ex bocconiano, è che proprio a bordo di una bici simile è stata avvistata una ragazza magra, con i capelli a caschetto biondi, allontanarsi dalla villetta dei Poggi tra le 9 e mezza e le 10. Il dipendente dell’Asm che si è imbattuto in quell’incontro tuttavia non è stato giudicato attendibile dalla Procura poiché ha ritrattato. «Fu l’influenza mediatica a indurlo a fare marcia indietro», ha spiegato l’avvocato Angelo Giarda davanti al gup Vitelli. Ancora: la notte del 12 agosto un’auto si è infilata in via Pascoli e se ne è andata sgommando. Chi c’era a bordo? Qualcuno che voleva controllare se Chiara fosse a casa? Neppure di questo strano episodio si è saputo più nulla. E poi ci sono controlli incrociati tra i familiari della ragazza, che sempre secondo i legali mostrerebbero qualche crepa. Alle 8,37 l’auto di Ermanno Cappa, il padre delle gemelle Paola e Stefania, transitava al telepass di Groppello, più o meno alla stessa ora il titolare di un negozio di Garlasco ha notato passare la macchina della moglie Maria Rosa. Invece i due genitori avrebbero dichiarato di essere stati a casa con le figlie fino alle 9,30.
«Il killer non è andato a villa Poggi per uccidere, ma per parlare - afferma Roberta Bruzzone - L’aggressione in due tempi indica che a un certo punto si è scatenata una rabbia sconvolgente. Forse a causa del rifiuto della ragazza». L’ipotesi dell’ammiratore respinto, per la verità, è stata a lungo inseguita da carabinieri, che per settimane hanno percorso anche il tragitto compiuto da Chiara ogni mattina per andare al lavoro alla Computer Sharing. Nè qui nè alla Asm di Pavia, dove aveva fatto uno stage, fu trovato nulla di strano. L’universo di Chiara però ha anche delle zone d’ombra, come quegli articoli su anoressia, pedofilia e omicidi archiviati nel computer e ripescati dai periti. Il papà, Giuseppe Poggi, è sconvolto: «Sono temi lontani dalla sua sensibilità, è stata una rivelazione totalmente inaspettata». Forse, riflette, «si sentiva minacciata».