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 2009  settembre 26 Sabato calendario

Tenersi sempre al centro, ovvero formulare con competenza posizioni su cui tutti possono essere d’accordo, è stata da sempre la scelta vincente di Mario Draghi

Tenersi sempre al centro, ovvero formulare con competenza posizioni su cui tutti possono essere d’accordo, è stata da sempre la scelta vincente di Mario Draghi. Così anche ora, «swimming in the mainstream» come dicono in America, sembra riuscire nell’impresa di riparare il meccanismo inceppato della finanza internazionale. Il vertice del G-20 ieri ha recepito le sue proposte di nuove regole; nel suo stile, si correggono gli errori del passato senza accollarne la colpa a nessuno. Il Financial Stability Board, l’organo che Draghi guida, continua a crescere di importanza; si allargherà ora ad altri Paesi emergenti oltre a quelli del G-20 che già vi partecipano. Presiedere il Fsb gli dà il rango per partecipare ai vertici dei capi di Stato e di governo del G-20, accanto ai capi del Fondo monetario e della Banca mondiale; come è stato qui, fin dalla cena di giovedì nella serra del giardino botanico di Pittsburgh. Sui compensi dei banchieri si era temuto che il vertice si dividesse: da una parte francesi e tedeschi, ansiosi di mostrare ai loro elettori che sanno far rigare dritto i banchieri, dall’altra americani e inglesi, incapaci di dispiacere fino in fondo alle loro grandi piazze finanziarie. Che l’onere di compiere una mediazione quasi politica ricadesse su un non politico come Draghi era già una novità. Lui è riuscito a trovare una formula di compromesso senza uscire dai limiti tecnici che sono di competenza del Financial Stability Board. Nessun commento al Wall Street Journal, ovviamente: Draghi ieri ha mantenuto un profilo basso. Spiega ai giornalisti del mondo, con pazienza, punto per punto, quali enormi falle occorre tappare nelle normative bancarie per evitare che la crisi si ripeta; che cosa il Fsb ha già ottenuto, che cosa dovrà fare ancora. Tranquillo, nel suo ottimo inglese, confuta il timore diffuso che passata la tempesta i banchieri stiano riprendendo il coltello dalla parte del manico. Promette che una soluzione si troverà perfino al problema che più inquieta, l’esistenza di istituzioni finanziarie così grandi e importanti «da rendere i governi prigionieri». Sulle nuove regole della finanza almeno un altro anno di lavoro sodo il Fsb ce l’ha davanti; il G-20 ne ha approvato ieri una carta di principi, che lo consolida come organo permanente «per coordinare a livello mondiale il lavoro delle autorità finanziarie nazionali», con lo scopo di «promuovere efficaci politiche di regolamentazione dei mercati finanziari». Con segretariato centrale a Basilea, il Fsb ha in questo momento una grandissima visibilità. Logico che si pensi a carriere future di chi lo guida. Il mandato di Trichet alla Banca centrale europea scade il 31 ottobre 2011, poco prima di quello di Draghi alla Banca d’Italia. Il mondo politico italiano, sempre toppo preso da se stesso, almanacca da tempo su presunte ambizioni politiche dell’attuale governatore senza accorgersi che in Europa tutti considerano Draghi il più quotato per insediarsi al trentaseiesimo piano dell’Eurotower di Francoforte. Nessun altro fra gli attuali governatori dell’area euro ha simile prestigio, nemmeno il tedesco Axel Weber. Per cercare di ridimensionarlo, la newsletter «Central Banking News» non ha saputo trovar di meglio che definirlo «furbo». A scegliere il presidente della Bce sono i governi; la proposta dovrebbe venire dal governo italiano. I rapporti con Giulio Tremonti, si sa, non sono buoni; ma con palazzo Chigi, a quanto pare, sì. Occorre che il mondo politico non sia ostile: e qui anche conviene posizionarsi al centro, come Draghi ha cominciato a fare con le sue uscite che possono considerarsi un po’ politiche. Centro, senza dubbio: il 15 giugno con Angela Merkel al convegno economico dei cristiano-democratici tedeschi a Berlino, l’8 luglio con un articolo sull’Osservatore romano, il 28 agosto al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini.