Francesco Cannatà, Il Riformista 25/09/09 p. 11, 25 settembre 2009
Secondo Eugeny Satanovskij, direttore dell’Istituto moscovita per gli studi mediorientali, il Cremlino deve muoversi con cautela sul fronte persiano
Secondo Eugeny Satanovskij, direttore dell’Istituto moscovita per gli studi mediorientali, il Cremlino deve muoversi con cautela sul fronte persiano. Ahmadinejad ha diverse carte in mano, non ultima la destabilizzazione del Caucaso. "La Russia non sosterrà sanzioni inefficaci e assurde, nè appoggerà ufficialmente una campagna militare contro l’Iran, sapendo che potrebbe pagarla a caro prezzo. Se le relazioni russo-iraniane dovessero peggiorare e l’Iran decidesse di destabilizzare il Caucaso, potrebbe farlo. In Daghestan si muove già con grande facilità e professionalità. Attraverso università e centri di studio a San Pietroburgo, Astrachan, Mosca, Novosibirskij l’Iran attua già una penetrazione dolce delle idee sciite in Russia. La zona caspica, Azerbaigian, Daghestan e Turkmenistan, significative porzioni dell’Asia centrale e gran parte del territorio occupato dai turchi nel V e VI secolo erano parte della Grande Persia. I tagiki parlano un dialetto iraniano. Gli ossetini comunicano in una lingua di ceppo iraniano. L’Iran potrebbe costruire una propria rete terroristica come in Libano e a Gaza. [...] Contrariamente a quello che molti pensano, Teheran non sarà mai alleato di Mosca. Esistono problemi comuni: il narcotraffico e la lotta contro Al Quaeda vedono sullo stesso fronte Russia, Iran e Usa. Ma Teheran è alleata solo con se stessa. E’ una costante della politica iraniana. L’Iran si crede un impero in ricostituzione che dal suo punto di vista influirà fino al vicino e medio oriente. La Russia non aderisce alle sanzioni ma non darà mai la tecnologia militare per la bomba. E del resto Gerusalemme ha messo in guardia Mosca dal consegnare all’Iran i missili S-300: ciò provocherebbe un immediato attacco israeliano."