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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

LE CARCERI SOVRAFFOLLATE E LE PENE ALTERNATIVE


Un lettore ha sollevato il problema dell’affollamento delle carceri. Il piano Ionta prevederebbe di aumentare la disponibilità carceraria di 17-18 mila posti entro il 2012, costruendo nuove carceri e ristrutturando parte delle esistenti. Tempo addietro si era parlato di un altro piano modificando la destinazione delle aree dove sono le vecchie carceri cittadine, ormai tutte in pieno centro città. Dopo la loro demolizione il 50% dell’area sarebbe stato destinato a verde pubblico e l’altro 50% a edilizia residenziale. Il ricavato permetterebbe di costruire nuove carceri da affidare in gestione ai privati come accade già in altri Paesi.
Domenico Capussela
capussela@fastwebnet.it

Caro Capussela,
Ho dovuto abbreviare la sua lunga lettera e rin­viare a un’altra occasio­ne alcuni dei suoi quesiti per concentrare la mia risposta sulla questione dell’affollamento. Il problema è particolarmente gra­ve in Italia dove i detenuti sono 64 mila (i posti regolamentari sa­rebbero 40 mila), ma il fenome­no è mondiale. Negli Stati Uniti, dove gli abitanti sono 300 milio­ni, i detenuti sono 2 milioni. In California, dove gli abitanti so­no meno di 40 milioni, i detenu­ti sono 55 mila. In Francia, con una popolazione pari a quella dell’Italia, sono 62.252. Non vi è Paese sviluppato che non debba affrontare il problema dei dete­nuti e decidere quali misure adottare per impedire che il mondo carcerario divenga ingo­vernabile. Esiste un piano Ionta (dal nome del direttore del Di­partimento per l’amministrazio­ne penitenziaria Franco Ionta) di cui ha parlato Dino Martirano sul Corriere del 15 maggio e che dovrebbe giungere in Consiglio dei Ministri entro la fine di set­tembre. Sembra che il piano pre­veda tra l’altro la creazione di prigioni sull’acqua, da realizzar­si in alcune grandi aree portuali: Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Gioia Tauro, Palermo, Bari, Ravenna. Anche questo pia­no, come la sua lettera, muove dalla convinzione che il miglior modo per fare fronte al proble­ma sia quello di costruire nuove carceri.

Non è questa tuttavia la politi­ca adottata da un certo numero di Paesi europei e Stati della Fe­derazione americana. Come ha scritto Donatella Stasio nel Sole 24 Ore del 12 settembre, la solu­zione migliore consisterebbe nell’aumento delle pene alterna­tive, fra cui quella del braccialet­to elettronico a cui hanno fatto ricorso recentemente i francesi. Ma occorre, beninteso, adattare a questo scopo le norme del co­dice penale. L’Italia sembrava es­sersi orientata in questa direzio­ne con una commissione per la riforma del codice che fu presie­duta per alcuni anni dal procura­tore di Venezia Carlo Nordio e, durante l’ultimo governo Prodi, dall’onorevole Giuliano Pisapia. Benché nominati da governi di­versi, i due presidenti hanno da­to prova di una straordinaria sin­tonia e si preparano a pubblica­re insieme un libro che darà con­to del loro lavoro. Ma questo la­voro rimane per il momento let­tera morta. Aggiungo che la ri­forma del codice penale è parti­colarmente urgente in un Paese dove i troppi reati puniti con il carcere e le ingarbugliate proce­dure imposte ai magistrati dalla legge hanno conferito all’Italia, come ricorda Donatella Stasio, il record dei detenuti in attesa di giudizio: un quarto dei 130 mila che attendono un processo nel­le carceri dei 27 Paesi dell’Unio­ne europea.

Un’ultima parola, caro Capus­sela, sulla gestione privata delle carceri. Dopo i molti danni, fi­nanziari e morali, provocati da­gli appalti americani in Iraq, do­ve molte funzioni pubbliche so­no state affidate ai privati, sarà meglio pensarci due volte.