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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

«LA MALATTIA MI HA CAMBIATO» LA SVOLTA (COLORATA) DI ARMANI


«Lo stress ti può rovinare, basta aggressività: voglio godermi la vita»

MILANO – La salute? Va molto meglio. Vendere il suo impero? Ma non se ne parla pro­prio. Che morale trarre da que­sta malattia? «Che la vita è una sola, lo stress ti può rovinare. E anche che bisogna essere più buoni. A fine malattia non vo­glio tornare a essere aggressivo e sgarbato». Pensieri e parole di un Giorgio Armani quasi rimes­so a nuovo, ottimista e pieno di speranza come traspare anche da questa collezione piena di ci­tazioni alla Bauhaus e alla Body Art. Collezione che segna la fi­ne di un periodo personale mol­to buio. La pesante epatite che lo aveva piegato sta regreden­do.

Lo scorso giugno, durante le collezioni maschili, aveva since­ramente stretto il cuore: di una magrezza impressionante, fra­gile, con appena un filo di vo­ce. Oggi, dopo le cure e una vacanza in barca al largo dell’amata Pantelleria, un uomo diverso, fiducioso: qualche chilo recupera­to, colorito ottimo, e di nuovo la sua voce, quella che non rispar­mia polemiche spesso anche vibranti. Con quella stessa voce prima nega qualsiasi ipotesi di vendita, né all’Oreal (era circolata la voce d’un ac­cordo) né ad altre azien­de. Poi saluta il pubblico plaudente e i suoi ospiti tra cui Janet Jackson, sorel­la di Michael, Kasia Smut­niak, Maria Grazia Cucinot­ta e due campioni sportivi co­me il tennista Roger Federer e il centravanti interista Samuel Eto’o.

Un Armani più vivace dun­que. E questa vivacità si vede anche nella collezione che appa­re più giovane del solito, ricca di gonne corte, di tagli semplici anche per la sera nelle mise di paillettes. Corte le gonne, ma corte anche le giacche sui panta­loni stretti alla caviglia. Linee che esaltano l’effetto tridimen­sionale del corpo, tagli obliqui, sfumature e grafismi. E poi pan­taloncini arricciati che fingono di essere gonnelline, portati con camicie annodate su una spalla. Colori forti: blu chiaro, rosso, iris, arancio, viola.

Sempre con quella sua voce di nuovo squillante Giorgio Ar­mani ha affidato all’americano WWD ( Women’s Wear Daily) la sua prima intervista-testimo­nianza, tra l’intimo e il pro­grammatico, della sua esperien­za con la malattia e anche con la paura. Perché non a un gior­nale italiano? Perché non tutto quello che è Made in Italy , fatte salve naturalmente le loro crea­zioni, convince i signori dello stile. Ma l’importante, con la sa­lute, è la sostanza. E a WWD, Giorgio apre davvero il suo cuo­re. «Durante la malattia – dice – ho passato più tempo nelle mie case, soprattutto in campa­gna, a Broni, con gatti, cani e collaboratori. brutto godersi le cose soltanto perché sei mala­to.

Comunque mi sono reso conto di quanto la creatività, dunque il mio lavoro, mi aiuti a vivere. Anche se per anni ho ignorato la salute. Ora faccio delle pause e cerco di andarme­ne a casa alle 18».

E ancora sul lavoro e sul suo carattere: «Per uno come me è difficile farsi da parte anche se sta male. Perché io non delego e quando delego controllo e mi voglio occupare di tutto. Ma so­no importanti i risvolti uma­ni ». Sul futuro: «Certo, ci ho pensato al domani, anche se la mia priorità era stare meglio, aspettare mia sorella che mi portava un dolcino. Così non ho pensato di rimettere mano al testamento, mi avrebbe de­presso. Voglio continuare a di­vertirmi e lavorare nella mia azienda che resterà indipenden­te anche se ci saranno cambia­menti nel management. Mio ni­pote Andrea Camerana come delfino? Lui è carino e utilissi­mo perché è molto più calmo di me. Un giorno potrebbe ave­re la grande opportunità. Oggi il suo ruolo di nipote è già im­pegnativo ».