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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

ARRIVA LA RIPRESA? SE TUTTO VA BENE FORSE NEL 2014


Corrado Passera ha detto l’altro giorno che il «calo del Pil è da guerra, ci vuole uno choc, ci vuole una roba grossa positiva che giri il segno del -6% verso il positivo». Ma Passera è un banchiere, e si sa che di questi tempi il governo non ascolta i consigli dei banchieri. Francesco Giavazzi ha invece detto che «la Finanziaria non è una Finanziaria e la manovra non è una manovra», e ha chiesto anche lui «uno choc positivo». Ma Giavazzi è un economista e di questi tempi, si sa, il governo non ascolta i consigli degli economisti. Giorgio La Malfa ha detto che «questo primo anno e mezzo del governo è deludente», che non si è fatto niente per «ridurre la spesa pubblica e quindi la pressione fiscale». Ma Giorgio La Malfa è un liberale e, si sa, di questi tempi il governo non ascolta i consigli dei liberali.
Però ieri ho sentito quello che dice il Centro Studi Economia Reale, che è presieduto da Mario Baldassarri, il quale è sì un economista, ahilui, ma anche un esponente del Pdl, anzi è il presidente della Commissione Finanze del Senato. E quello che dice quel rapporto è quanto segue.
Il governo sostiene che la crisi è finita e arriva la ripresa. Ma che cos’è la ripresa? Quand’è che una crisi è finita? Anche il buon senso dice che la crisi è finita quando l’economia torna ai livelli di prima, quando torniamo tutti ricchi come lo eravamo nel 2007. E quando tornerà l’Italia ai livelli di prima?
Il centro di Baldassarri ha fatto un esercizio di previsione, ipotizzando lo scenario migliore: che cioè davvero la crisi finanziaria sia finita, che i tassi di interesse non salgano, che il cambio dell’euro non peggiori. Ebbene, ecco i risultati.
Nella migliore delle ipotesi, il prodotto interno lordo italiano tornerebbe al livello del 2007 soltanto nel 2014, così come il livello dell’occupazione e quello della disoccupazione. I consumi recupererebbero lo stesso valore tra il 2012 e il 2013. Il deficit pubblico tornerebbe sotto il 3% soltanto nel 2015, e tornerebbe all’1,5% del 2007 addirittura nel 2016. Il debito pubblico continuerebbe a crescere fino al 2015, e tornerebbe sotto il 105% registrato nel 2007 non prima del 2020.
Possiamo dunque dire che questa benedetta crisi, almeno per quanto riguarda l’Italia, ci metterà tra i sette e i tredici anni per essere completamente riassorbita, a seconda che la si guardi dal punto di vista del prodotto, dei consumi, dell’occupazione o della finanza pubblica. E - badate bene - quando si dice che il Pil torna al livello del 2007 si intende che torna a livelli già allora molto bassi, perché nei dieci anni precedenti il Pil italiano era comunque cresciuto molto meno della media europea.
La conclusione che ne trae il rapporto di questo Centro studi - il cui animatore, ripeto, è un importante esponente della maggioranza - è che bisogna fare qualcosa. Che non si può aspettare inerti di arrivare al 2020 per rientrare in limiti appena accettabili di debito, né si può aspettare il 2014 per tornare a livelli appena decenti di occupazione. Quel qualcosa, per Baldassarri, è un intervento massiccio ma possibile per tagliare le uniche due voci di spesa pubblica tagliabili: la spesa per acquisiti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche, e delle Regioni in particolare, cresciuta della bellezza di 32 miliardi tra il 2001 e il 2008 e destinata a crescere di altri 20 miliardi da qui al 2013; e i trasferimenti pubblici a fondo perduto, che sono passati da 30 miliardi che erano nel 2000 a oltre 45 miliardi nel 2007.
Recuperare questi soldi - che non corrispondono certo a un migliore servizio nella sanità, o a una crescita economica nelle aree depresse del paese, e dunque sono improduttivi - potrebbe consentire di investire grandi risorse nell’economia reale, rimettendo nelle tasche degli italiani almeno 35 miliardi di euro. Sarebbe - se così si può dire - uno «stimolo all’italiana». Noi non possiamo fare certo come Obama, che ha fatto schizzare debito e deficit per finanziare la ripresa. E in questo senso il governo fa bene a non peggiorare ulteriormente i nostri conti pubblici. Ma recuperando l’ispirazione originaria del centrodestra - quella che gli ricordano La Malfa e Giavazzi - il taglio della spesa pubblica potrebbe consentire di stimolare l’economia senza un euro di deficit in più.
Come tagliare, e come investire queste risorse è ovviamente libera materia di dibattito politico. Ma il problema italiano è che questo dibattito non c’è nemmeno, perché il governo ha detto che finché dura la crisi non si può fare niente. Cioé fino al 2014? Cioè in questa legislatura e pure nella prossima? E può durare davvero tanto un governo che non fa niente per anni in attesa che l’inerzia ci riporti dove eravamo sette anni prima?