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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

UCCIDE I FIGLI NEL LETTO E SI SUICIDA «NON NE POSSO, PIU’ ME NE VADO»


BOLOGNA - Nemmeno i carabinieri hanno retto quell’orrore: i due bambini sgozzati nella camera da letto, la giovane madre schiantata sotto la finestra. «Com’è riuscita a fare una cosa del genere? Come ha potuto ucciderli uno dopo l’altro?» si domanda il capitano Francesco Cattaneo, comandante della compagnia di Medicina. In tanti anni di carriera mai aveva assistito a un simile scempio, e nessuno ricorda niente del genere nell’addormentato paesone di Castenaso, alle porte di Bologna, dove, dopo decenni di pace assoluta, in pochi mesi si sono però succeduti due truci episodi: all’inizio dell’estate fu rapito e ucciso un piccolo imprenditore.
Il duplice omicidio dei bambini e il suicidio della madre, la notte fra mercoledì e ieri, ha traumatizzato l’intero paese, diecimila anime a dieci chilometri da Bologna dove gli eventi di spicco sono una giostra del Saracino al campo sportivo e la Festa dell’uva, appena conclusa con il solito successone. Una volta c’era anche il baseball a dare gloria all’antica Castrum Nasicae, che adesso, suo malgrado, spicca per i fatti di sangue.
L’Erika, poi... Tutti la ricordano tranquilla, quasi timida. Mercoledì pomeriggio aveva portato Arianna a danza e Alessio al minibasket, li aveva fotografati col cellulare, aveva salutato le amiche. Sono rientrati a casa per la cena, loro tre, perché Gabriele Militello, marito e padre, viveva separato dalla sua famigliola, anche se continuava a vedere regolarmente i bambini: cinque anni la piccola, sei il ragazzino, che aveva appena cominciato le elementari.
L’appartamento nel condominio di via Mazzini, in una zona interna del paese, appartiene all’uomo, che dopo la separazione si è trasferito dai genitori nella vicinissima Villanova. E’ un palazzo come tanti, assiso sulle colonne di cemento, alto tre piani perché qui a Castenaso più in su non si va, c’è un bel giardino tutt’attorno. Il silenzio della notte, poco prima dell’una, è stato spezzato da un tonfo sordo. «Ho pensato che si fossero scontrate due macchine»: dice Maria Teresa Sorige, una vicina. Suo figlio Stefano si affaccia alla finestra e vede un’ombra, immobile, sulla rampa che porta ai garage, dieci metri più in basso: è Erika Mingotti, 35 anni non ancora compiuti. Morta.
Arrivano carabinieri, ambulanza, pompieri. E la gente li avverte che la poveretta aveva due figli piccoli. «Ho pregato che fossero dal padre», continua la vicina. «Come un presentimento, perché in certi casi le madri si uccidono dopo aver ucciso i figli». E’ così, purtroppo: sono sul letto matrimoniale, la gola tagliata, probabilmente fatti addormentare prima dell’esecuzione. C’è un foglio protocollo con due righe vergate da Erika per sua madre: non ne posso più, me ne vado con i miei figli, perdono. C’è un coltello con la lama insanguinata. E c’è un mistero: i bambini indossano pigiami bagnati, la donna ha forse tentato di annegarli nella vasca da bagno? Che però è vuota.
Adesso tutti dicono che sembravano felici. Lei non era in cura all’igiene mentale, nessuno sospettava niente: «Abbiamo scherzato anche poche ore prima, sulle scale», ricorda Adriano Lorenzini, inquilino del piano di sotto. Erika si era trovata un lavoro dopo la separazione, lasciando anche il negozio del marito, che vende biciclette alla periferia di Bologna. Si vocifera di un nuovo uomo nella sua vita, ma se fosse vero, se le si fosse aperta una nuova prospettiva, perché si è uccisa? E perché i bambini, soprattutto? Oggi le autopsie, disposte dal PM Marco Imparato.