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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

LA CELESTE ARMONIA DELLA FINANZA

Le prime mosse da neonominato confermerebbero che quando il cardinal Bertone ha pensato a lui per guidare lo Ior fosse perché l’uomo più di altri avrebbe potuto riportare anche un po’ di celeste armonia sui cieli tempestosi della finanza italiana. Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere la cui casa assomiglia a un convento e che dice con sornione paradosso di dedicare a Dio e all’economia il 100% del suo tempo, ha cominciato col piede giusto.
Si racconta che ieri l’altro, all’ultima riunione al vertice della Cassa depositi e prestiti, di cui è autorevole consigliere, abbia impartito una benevola assoluzione all’a.d. Massimo Varazzani che confessava di aver peccato in troppo decisionismo. Lieve la penitenza: ricordarsi sempre prima di cominciare la giornata di non aver altro Dio fuor di Tremonti.
Naturalmente l’interesse precipuo di Bertone non è quello di condizionare gli assetti dello scricchiolante establishment del paese confinante. Però, da persona intelligente qual è, sa bene che l’aver posto perentoriamente fine al ruinismo e ai suoi epigoni porta necessariamente la Segreteria di Stato a sostituire la Cei nel ruolo di interlocutore degli interessi della società civile, in cui rientrano di diritto gli assetti (e le convulsioni) dell’odierno capitalismo. E Gotti Tedeschi, banchiere di lungo corso dalle provate relazioni, è senz’altro il giusto tramite per suggerire ai suoi ecclesiali referenti mosse e atteggiamenti da tenere verso il nuovo ordine che avanza.
Sarà un caso, ma la sua nomina ha conciso anche con l’attenzione di Compagnia di Sanpaolo al peso milanese in Banca Intesa. Della cosa si può certo dare una lettura contingente: mentre Corrado Passera è alla prese con dossier spinosi, Torino vuol contare davvero come azionista di riferimento. Più affascinante una lettura di sistema: per quanto Giovanni Bazoli sia irritato da distinzioni come finanza cattolica e laica, difficile sfuggire all’annotazione che tutto quel che sta succedendo segnala l’esaurirsi di un primato ambrosiano che ha sin qui tenuto banco, sopravvivendo anche e in più occasioni alla supremazia politica di Berlusconi, nonché alla matrice prodiano-ulivista che lo ha generato. Adesso, per la prima volta dagli inizi degli anni ’90, questa sopravvivenza sembra essere in discussione. E con essa il teorema per cui alla larga maggioranza politica di centrodestra non ha mai corrisposto pari influenza sulle istituzioni finanziarie del paese.
Ora, qualcuno si spinge a dire che l’affermazione del potere bertoniano, mentre cambiano i vertici dello Ior e dell’Avveniree si cerca di ricondurre a tutela la Cei del cardinal Bagnasco, sia la sintonia della Segreteria di Stato sul Cavaliere. Chi lo conosce giura, ma è una battuta giusto per rendere l’idea, che Bertone sia più filoberlusconiano di Gianni Letta, e che l’intemperanza etica di cui si è reso protagonista il premier sia argomento che per la diplomazia della Santa Sede conta poco. E comunque certo meno di quell’insorgenza ghibellina che ha in Gianfranco Fini e in alcuni laici poco devoti che abitano le redazioni dei giornali gli interpreti più agguerriti.
Il problema è che, specie nei passaggi epocali, quando a un nuovo ordine se ne sostituisce un altro, le questioni sono sempre più complicate di quel che appaiono. Sia quelle di natura politica che finanziaria. Ad esempio, il berlusconismo si coniuga in tante lingue di cui quella parlata da Tremonti, non solo per i contenuti alti ma anche per l’aspetto generazionale, è la centrale. Ad esempio, l’attenzione del Sanpaolo alla grande banca milanese di cui fa parte, non è detto che imbracci le insegne Pdl. Anzi, dentro c’è anche Torino laica e non di destra, che constata la crisi che sta investendo i suoi riferimenti dall’altra parte, in un travaglio dei democratici che le vicende regionali amplificano ( l’influente sindaco Chiamparino, che governa fino al 2011, non è rieleggibile, e dietro il disaccordo tra i maggiorenti del partito è totale).
Non sfugge poi come la sintonia ratzingeriana che ha caratterizzato i recenti sviluppi della riflessione di Tremonti abbia trasformato il ministro da peggior nemico a miglior amico della fondazione. Il che nella partita delle future nomine – «nella prossima primavera» chiosa un banchiere «tutti i simulacri del potere finanziario arrivano al capolinea» - non è un dettaglio di poco conto. Ed è chiaro che le fondazioni, rimandando in ultima istanza ai poteri locali, non sono immuni da una logica di territorio con i partiti dominanti che fanno sentire la propria voce. Come a Verona, dove il sindaco Tosi non fa mistero di gradire che le risorse da esse generate debbano guardare all’economia locale.
Il partito più strutturato al Nord, la Lega, ha in Tremonti l’interlocutore privilegiato e,approfittando del gelo seguito al caso Boffo, si è fiondata Oltretevere da penitente, dopo aver peccato su Concordato e immigrazione. Casini, con il suo tentativo neodemocristiano di creare un Grande Centro, ha rapporti solidi con la Chiesa. All’orizzonte infine la diaspora dei Democratici, destinata a fermentare la dialettica politica. Insomma, troppo grandi e profondi sono i sommovimenti sotto il cielo perché si possa aspirare a una celeste armonia. Sostituendosi alla Cei, Bertone si è addossato un compito da Sisifo: la scelta di Gotti Tedeschi dice che si sta guardando attorno per cercare uomini con cui condividerne il peso.