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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

Le lacrime di Bagheria per la Baarìa scomparsa - Ha pianto e ha riso Bagheria assistendo al film Baarìa

Le lacrime di Bagheria per la Baarìa scomparsa - Ha pianto e ha riso Bagheria assistendo al film Baarìa. Come una modella di Guttuso la città voleva vedere com´è stata raccontata: «talìa, precisa precisa è venuta Tanuzza». In sala una signora dice: «Quest´attore è Tornatore spiccicato, anzi è meglio del nostro Peppino». Piange. E il pianto al cinema è persino più contagioso del sorriso. Anche il regista si commuove: « solo per voi che l´ho girato». Ma la signora che mi ha fatto da guida a Bagheria, Nina Campo, sospetta che nessuno scambierebbe la vera Bagheria di oggi per la Baarìa di ieri, la Baarìa del film. E le piacerebbe persino domandarlo a ciascuno di quelli che ora battono le mani: scusi lei è nostalgico? Lei è un baarioto o un bagherese? Appartiene al popolo dei Baa o al popolo dei Baghe? Il corso Umberto di Baaria, per esempio, era la vita a cielo aperto, tra mucche, salsicce e maiali. Nel film è anche il teatro dell´irriverenza anti-istituzionale, lo sberleffo al gerarca impettito come un´oca (quella del passo). E invece il corso Umberto di Bagheria è oggi un pezzo di mondo, come a Parigi, a Milano, a Lucca: stessi ragazzi, stessi colori, le vetrine, gli allumini, le pareti bianche, i manichini intriganti: «meglio i provoloni o le Church´s?». Tornatore ritrova se stesso nel Corso Umberto di Baarìa, ma solo nel Corso Umberto di Bagheria non si smarrisce lo straniero. lì che Pippo Bonura ha l´edicola più antica del paese, stipata di libri: «A Baarìa i libri se li mangiavano le capre». «Il film non l´ho visto, ma è un capolavoro» dice Bonura perché i bagheresi si sentono comunque ben rappresentati dal talento: a prescindere. Tornatore è il loro Omero: «porta Bagheria nel mondo». Ma Tornatore è più preciso: «Baaria è il paese di tutti, che siano svedesi o americani». Eppure, potessero scappare dallo schermo e saltare nel futuro, sicuramente i Baa, i baarioti della Sicilia povera e tragica della prima metà del Novecento, sarebbero ben felici di diventare "Baghe". E posteggerebbero l´auto sul marciapiedi davanti al Supercinema, come ha fatto, con la sua Bmw, il baghe-fabbro Turiddu Scaduto, che vive con orgoglio a Bagheria, ma piange infilzando le immagini di Baarìa. Detto "Vulcaneddu", questo baghe-fabbro sembra un gentleman, un architetto del ferro, a confronto del suo antenato baa-fabbro che si vede nel film, un brutto diavolo nero abilissimo nel rinchiudere dentro la trottola di legno - dentro il tuppetturu, dentro lo strummulu - una mosca viva che rimane viva. «I morti di fame diventano poesia solo per chi è sazio» mi mormora ora Nina, che è bella e baariota: «bagherese prego, baariota sarai tu». Nina, che si è appena laureata in Ingegneria, nell´estate di qualche anno fa ha lavorato come commessa da Charme and Beauty. Qui l´associazione dei commercianti si chiama "Umberto Gallery". la potenza del dialetto della globalizzazione, l´anglosiciliano che aspetta invano il suo Tornatore (o il suo Camilleri). Un giorno Nina trovò scritto per terra: «I want mangiarti, Ninuzza mia». Lamenta Tornatore: «Nessuno conosce più il dialetto». Nina dice: «I baarioti sono i geni della nostalgia, i testimoni di un´apocalisse che loro soli vedono: il magnifico Tornatore certo, ma anche il grande fotografo Scianna e prima ancora Guttuso e Buttitta».  vero che il Baghe piange il Baa, lacrime di cinema, facili e vere, ma più Bagheria si riconosce in Baaria, più il passato vuole occupare il presente e meno gli somiglia, perché meno gli vuole somigliare. Lo storico Nino Morreale, conferma: «Una ricostruzione così fedele a Bagheria non si poteva proprio fare perché qui tutto è cambiato. Invece in Tunisia c´è più Baarìa che a Bagheria». Ora il Comune darà la cittadinanza allo scenografo Sabatini, il mago del passato. Ma la filologia non è una scienza creativa, come insegna Baudelare che soffriva per Andromaca, la vedova di Ettore, che finì sposa di un Tornatore dell´epoca post omerica: per riempirle il buco d´anima, le ricostruì Troia. Ma per Andromaca il tormento crebbe, proprio perché viveva dentro un falso. E dev´essere per questo che Baaria è tanto piaciuto a Berlusconi, per l´illusione che la copia sia più autentica dell´originale. Al Berlusconi tutto rifatto, al baa-Berlusconi sa di miele ciò che invece a Baudelaire sapeva di fiele: «La vecchia Parigi ormai scompare / D´una città la forma si rinnova / più rapida, ahimé, del cuore di un mortale». E poi si scopre che Bagheria, città colta e di sinistra, dove si pubblicano quattro settimanali, è divisa tra i seguaci di Tornatore e quelli di Dacia Maraini. I primi più ironici e i secondi più indignati: sorridere o arrabbiarsi? Mi dice Bonura, quello che vende libri e giornali: «Per carità, la Maraini è grande, ma non è completamente bagherese, non so se è più amata o più odiata…». Ci sono davvero tante complicità mafiose a Bagheria? Il cantautore Alessandro Mancuso impazza su YouTube con il suo mafioso che «incula la matematica con la semiautomatica», ma anche Baarìa aveva la sua mafia e quei comunisti speciali - è il punto di maggiore verità - che sono stati i comunisti della Sicilia, riformisti, liberali e ambientalisti prima degli altri. In Sicilia non si sceglieva il Pci per il regime di Stalin, ma contro la mafia e contro le processioni e gli incappucciati, contro gli agrari più avidi e più miopi del mondo. Come diceva Sciascia, una persona per bene non poteva non stare con il Pci. Domando a una ventina di ragazzi che bivaccano nel bar Jolly chi di loro è di sinistra. Scherzano, nasce un dibattito. Poi chiedo a un vecchio se ricorda gli ambulanti che, come nonno Cicco, banniavano la merce: «anciovi salati, astrattu…». I venditori di pesce invece andavano scalzi e facevano lo scattiòlo con i piedi nudi, un rumore professionale che è andato perduto. Ma è meglio o peggio che non ci siano più banniatori e che nessuno abbia il piede a carro armato, il piede da scattiòlo? «Meglio», rispondono. E come la mettiamo allora con Baarìa? Nonno Cicco percorreva corso Umberto con un mulo che a Baarìa era più importante della moglie e dei figli. Nel film c´è il sangue del manzo ucciso che ha scandalizzato gli animalisti (e perché non compiangere il pollo a cui viene tirato il collo?) ma non ci sono gli odori dei muli e delle pecore, della convivialità stallatica: un film non si respira. Tornatore dice che i sessantamila bagheresi sono tutti critici cinematografici. Piangono durante e dopo. «Piangere e ridere - dice Nina - : è il successo. Ma è un bel segno? Vorrei che partisse da Bagheria una lotta di liberazione dalla memoria. Basta con i baa, basta con c´era una volta». Sa Dio quanto la Sicilia ha bisogno di cambiare tempo alle favole: ci sarà una volta.