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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

La seconda vita di Armani - Non vendo e non faccio acquisizioni. Ho riscoperto la famiglia, mi sento meglio, sono sereno

La seconda vita di Armani - Non vendo e non faccio acquisizioni. Ho riscoperto la famiglia, mi sento meglio, sono sereno. Mio nipote Andrea mi ha molto aiutato in questo periodo». Sorride Giorgio Armani alla fine della sfilata abbracciando gli ospiti che sgomitano per vederlo da vicino, per verificare che davvero si sia ripreso. Non ha più il volto tirato di fine giugno, dopo aver rivelato che gli era stata diagnosticata un’epatite. In divisa armaniana d’ordinanza: maglietta e pantaloni blu, abbronzato, si ferma a chiacchierare con tutti, raccoglie commenti e complimenti sulla collezione: inno al corto e a una femminilità rilassata che rilancia il comfort delle scarpe basse e il vezzo di sottane ondeggianti, sposate a giacche scollate, con qualche accenno alla Bauhaus e alle geometrie artistiche del ”900. Di vendere non se ne parla, smentite le voci che davano Oreal in dirittura d’arrivo per l’acquisizione dell’impero Armani, un regno da 2,38 miliardi di dollari. «You look good», stai bene, gli dice un giornalista americano, accanto a Janet Jackson, dandogli una pacca sulla spalla. «E’ perché mi godo di più la vita», ribatte lo stilista, settantacinquenne. Ha smesso di lavorare 14 ore al giorno. Ora fa una pausa dalle 13 alle 15 e esce alle 18. Per uno stakanovista come lui è già moltissimo. Ma non solo. Al giornale americano WWD ha dichiarato in una lunga intervista che durante la malattia si è reso conto di tante cose: «In primis ho capito che non puoi scherzare con la tua vita. Per anni ho ignorato la mia salute, finché non ho ricevuto questo colpo, che è arrivato per un motivo: tutto lo stress, le fatiche mentali finiscono per lasciare un segno. Devo stare più attento». Un’attenzione che si trasmette anche agli affetti famigliari. In questi mesi ha passato più tempo nelle sue ville, soprattutto a Broni, scoprendo il piacere di stare con i suoi cari, con i gatti, con i cani. «Prima, mi sentivo sempre un ospite in casa mia, anche se è tragico godersi le cose che hai costruito grazie a una malattia». Ultimamente si è parlato di suo nipote Andrea (figlio della sorella Rosanna e di Carlo Camerana) come futuro candidato alla direzione dell’azienda. «Andrea è delizioso. Per ora mi è d’aiuto perché ha una visione più pacata dei problemi. Non è dentro fino al collo come me da mattina a sera, riesce a suggerire soluzioni meno drastiche. Io invece sono impulsivo. Tengo Andrea al mio fianco perché è mio nipote e gli voglio bene, e chissà, un giorno potrebbe avere una grande opportunità in azienda. Comunque, per il momento, preferisco che rimanga dov’è (vicepresidente del marketing e delle licenze di Armani Group, ndr), senza dargli responsabilità troppo ufficiali. Essere mio nipote è più che sufficiente per molti». Ha ripreso la sua solita verve, il piglio autoritario, ma si è ammorbidito: «Ho scoperto che i valori sentimentali devono essere coltivati. importante non tornare a essere aggressivo e sgarbato finita la malattia. Cercherò di non farlo». Visto l’ attaccamento per il lavoro è stata dura allentarlo: «Sono coinvolto in prima persona in tutti gli aspetti dell’azienda. Se possibile, non delego». L’energia della sua ripresa però è palpabile, la trasmette anche in passerella nella scelta gioiosa di abiti essenziali, fatti di contrasti giocati sul linguaggio del corpo con tessuti in movimento, attraverso luminosi grigi perla che si intersecano ai blu cobalto di maliziose gonne a portafoglio, con uno spacco laterale che svelano una porzione di coscia, in quel suo refrain di sensualità suggerita e mai esibita. Quando stava male, racconta, cercava di non infliggersi pensieri negativi: come far testamento. Anche se uno, tempo fa, l’ha scritto, «ma dovrei rivederlo. Nei mesi scorsi, però, ero concentrato su cure e riposo. Aspettavo che arrivasse mia sorella con un dolce... Si diventa un filo infantili, un aspetto in netto contrasto con il mio atteggiamento, sempre un po’ dittatoriale».Debutta al Museo Risorgimento in Brera «Cangiari» (cambiare, in dialetto), nuovo marchio etico e solidale made in Calabria. Nato per iniziativa del Consorzio sociale Goel, che ha denunciato lo strapotere della ”ndrangheta, il nuovo brand è tutorato dall’imprenditore Santo Versace, di origini calabresi, con la collaborazione di Carlo Rivetti e il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana.