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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

Il mito Fabergé torna in Russia ma solo online - Nel 1919, fuggendo da una San Pietroburgo invasa dalle bandiere rosse, Peter Carl Fabergé era sicuro che la rivoluzione avrebbe avuto vita breve

Il mito Fabergé torna in Russia ma solo online - Nel 1919, fuggendo da una San Pietroburgo invasa dalle bandiere rosse, Peter Carl Fabergé era sicuro che la rivoluzione avrebbe avuto vita breve. «Partì con la famiglia senza portarsi dietro nulla, pensava di tornare a casa nel giro di pochi mesi, come nel 1905» racconta la pronipote Tatiana. Le cose, stavolta, sarebbero andate diversamente. L’orafo dei Romanov, creatore delle preziosissime uova di Pasqua tanto amate dallo zar Alessandro III e dalla moglie Maria Fyodorovna, così come dai loro eredi, morì l’anno successivo a Losanna mentre i bolscevichi confiscavano in nome del popolo russo i monili che avevano adornato colli imperiali e braccia di danzatrici sul palcoscenico dei Ballets Russes. Il suo nome, finito per una complicata vicenda sugli scaffali delle profumerie di mezzo mondo, sarebbe rimasto incollato al popolare dopobarba Brut se Tatiana, ultima erede, non fosse riuscita a ricomprare il famoso marchio per recuperare il sogno aureo dell’antico artigiano. «Da trent’anni la mia occupazione è scavare tra i documenti di famiglia» spiega passeggiando tra i viali sassosi della villa nel Sussex che ospita il lancio della nuova collezione di gioielli, cento pezzi unici dai 4000 ai 7 milioni di dollari. Tra un paio di mesi pubblicherà una nuova biografia, «Fabergé the Legend», versione aggiornata dei classici «The Fabergé Imperial Easter Eggs» e «The History of the House of Fabergé». Minuta, i capelli d’argento tagliati semplicemente, scarpe basse comode e abito nero disadorno ad eccezione d’una croce ucraina appesa al collo, Tatiana Fabergé ha appreso l’abilità manuale del progenitore attraverso il padre Carl Theodor, mai rassegnato alla sconfitta della Storia. Aveva quindici anni quando la famiglia decise di denunciare l’imprenditore americano Ruben che aveva cominciato a produrre cosmetici Fabergé. «Sembra ieri», dice. Era il 1945, la posta viaggiava per mare e i diritti d’autore contavano ancora meno di quelli umani. Nel 1951, dissanguati dalle spese legali, gli eredi di Peter Carl completano il distacco dalla memoria usurpata dall’Unione Sovietica e cedono il nome per 25 mila dollari. Archiviata definitivamente la leggenda, la realtà prende il sopravvento. «Eravamo poveri, non riuscii neppure a terminare gli studi, dovevo trovare un impiego e subito» continua Tatiana. Per trent’anni lavora come segretaria al Cern, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, dove stringe amicizia con Rubbia, Zichichi, e si convince che, nonostante la guerra fredda, il nucleare trascenda la minaccia atomica. Il marchio Fabergé, nel frattempo, vive di vita propria. Comprato da George Barrie nel 1964 diventa il profumo delle star, da Cary Grant a Farrah Fawcett. Quando nel 1989 passa nella scuderia Elizabeth Arden anche la Storia volta pagina. La caduta del muro di Berlino offre a Tatiana l’opportunità di scavare tra le macerie: «Ero stata a San Pietroburgo nel 1965, sapevo che al posto della casa dov’era nato mio padre c’era un negozio della telecom russa. Tornando, nell’89, mi concentrai sugli archivi. E’ incredibile quanto rapidamente sia scomparsa l’Unione Sovietica, ma in fondo i russi fanno sempre così, uno schiocco di dita ed è già domani». La nuova furia iconoclasta, l’ascesa degli oligarchi, il mondo cambia. Nel 2007 la Pallinghurst Resources acquista il marchio e affida a quel che resta della famiglia del gioielliere degli zar la bonifica dall’eredità cosmetica. E’ il tramonto dell’era del dopobarba Brut. Tatiana ha letto Dostoevskij, è convinta che il futuro sia più forte del passato: «Il mio bisbisnonno era un innovatore e non solo nell’artigianato. Utilizzava il platino e vantava negozi dotati di telefono, un miracolo tecnologico per l’epoca. Sono certa che oggi sarebbe stato un entusiasta di internet». Sarà per questo che la collezione del rilancio disegnata da Frederic Zaavy non finirà nelle vetrine delle vie del lusso di Londra, Parigi, New York. Ad eccezione del salone di Ginevra, i gioielli verranno esposti online e portati in visione a domicilio al cliente interessato all’investimento. Magari a Mosca, scherza Tatiana: «Sarebbe bello, un ritorno a casa». ______________________________________ L’orafo dei Romanof - A inventare la tradizione di regalare all’imperatrice un uovo di Pasqua di gioielli con la sorpresa dentro fu lo zar Alessandro III, e dopo la sua morte Nicola II (foto) proseguì fedelmente a ordinare ogni anno a Carl Fabergé un gioiello. Nemmeno il sovrano sapeva quale sarebbe stata la sorpresa. Delle 54 uova costruite dall’orafo 45 sono sopravvissute ai giorni nostri. Ora Tatiana Fabergé (foto), pronipote del gioielliere, vuole riprendere le sue tradizioni.