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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

Purché Pittsburgh non si disperda in mille rivoli - Pittsburgh rinata come la fenice dalle ceneri della siderurgia

Purché Pittsburgh non si disperda in mille rivoli - Pittsburgh rinata come la fenice dalle ceneri della siderurgia. Che un’altra fenice rinasca, in quella città, dalle ceneri della crisi finanziaria globale, ad opera delle decisioni che assumerà il G20? beneaugurante il luogo ove si svolge il summit dei Grandi della terra. Ma altrettanto di buon auspicio dovrebbe essere la determinazione con la quale il presidente Obama ha perseguito l’obiettivo di un impegno unanime del Consiglio di sicurezza dell’Onu per un mondo senza armi nucleari, in particolare per la maggiore partecipazione degli Stati aderenti al Trattato di non proliferazione delle armi atomiche allo sforzo per il disarmo. Una risoluzione è stata approvata per sancire questa linea, pur con tutte quelle mediazioni che si riverberano sull’efficacia del documento, ma che sono ineludibili se si vuole conseguire un’adesione unanime. Di buon augurio dovrebbe essere anche la relazione del presidente Usa alla 64a assemblea delle Nazioni Unite per la parte in cui ha chiesto una convergenza di tutti i Paesi sul tema dell’ambiente e delle energie rinnovabili, soprattutto perché egli ha ricordato che la sua amministrazione sta facendo da battistrada, a livello globale, su queste materie, ma ora è necessario un impegno generale, in mancanza del quale è difficile sperare in risultati apprezzabili. Questa parte è stata giustamente interpretata come la fine dell’unilateralismo americano e, quindi, come l’avvio del multilateralismo.  una linea che dovrebbe avere ripercussioni anche in campo economico-finanziario, data anzitutto la difficoltà di scindere gli indirizzi in materia di ambiente ed energia da quelli imposti dalla crisi finanziaria. Si tratterebbe di un’incomprensibile schisi. Naturalmente, non basta l’impegno Usa per il successo del G20; ma è assodato che, senza la determinazione del governo statunitense, sarà impossibile conseguire risultati apprezzabili. Il multilateralismo in economia comporta scelte sempre più coordinate a livello internazionale, sia nelle linee generali di politica economica, sia nell’architettura globale della finanza e della moneta, sia infine nella determinazione ed applicazione delle nuove regole. Nelle ultime settimane non vi è stato giorno in cui all’agenda ideale del vertice di Pittsburgh sia mancata l’aggiunta di argomenti a quelli del giorno precedente. La pretesa che il summit possa affrontare e risolvere una serie nutrita di problemi rischia di alimentare eccessive attese, che poi si mutano in delusioni. Certo, già dalla cena di ieri sera bisogna confidare in un più che doveroso intenso lavoro, sulla base di documenti e proposte che saranno stati accuratamente preparati. E il primo segnale che si attende riguarda il punto-nave sulla crisi, ma non alla stregua di ciò che possono fare i maggiori previsori internazionali o le istituzioni finanziarie globali. Martedì scorso, per esempio, il Fmi ha ancora una volta richiamato la necessità di non cantare vittoria per l’avvenuto superamento della crisi, pur in un contesto diverso da qualche mese fa, la novità oggi essendo quella di vedere una fioca luce in fondo al tunnel, ma, come sostengono diversi altri istituti, c’è ancora molto da fare. Al vertice di Pittsburgh va ovviamente affrontata non solo l’analisi tecnica della crisi, che gli sarà stata sottoposta in numerosi studi, ma soprattutto la valutazione delle scelte politiche da compiere per contrastare la fase finale (se tale risulterà essere) della tempesta, valutazione alla quale dovranno seguire scelte concrete corresponsabilizzanti. In questo quadro, non è tempo di parlare di exit-strategy: prima occorre effettivamente approssimarsi all’uscita, poi si potrà parlare di strategia, senza che ora ci si impicchi su come l’ammalato dovrà affrontare la convalescenza, mentre è tuttora in forte sofferenza. Altra cosa è riflettere, in sede tecnica, sugli strumenti e le iniziative che, quando sarà possibile impiegare quella strategia, sarà opportuno attivare. Il problema del contrasto della crescente disoccupazione è tale che rende necessaria una posizione precisa, con l’indicazione di chiare linee di intervento, ad opera dei partecipanti al vertice che, presieduto da Obama, avrà così ancora maggior rilievo. Sarebbe opportuno fosse ripreso il recente studio americano, il quale prospetta i comportamenti virtuosi che dovrebbero tenere gli Usa, la Cina, il Giappone e l’Europa per reagire a questa fase della crisi e avviare la ripresa. Poi vi sono i temi della governance finanziaria mondiale, delle regole per le attività economiche e finanziarie, del rafforzamento dei ratios patrimoniali, con riferimento anche alla riforma di Basilea 2, della riduzione dell’esposizione a rischi eccessivi da parte delle banche, rafforzando le infrastrutture dei mercati per lo scambio dei titoli, del contrasto delle attività meramente speculative, e della disciplina dei bonus dei manager. Temi molto corposi. Tuttavia non vengono affrontate per la prima volta. Alle spalle c’è il lavoro di mesi, che dovrebbe essere approdato a non generiche conclusioni. Per certi versi, è vero che i vertici (un po’ come i congressi dei partiti) si svolgono prima delle formali riunioni. Le scelte di Obama in tema di politica internazionale enunciate all’assemblea dell’Onu dovrebbero agevolare una decisione in materia di regole e governance globali, senza che si debba pretendere che si costituisca, come scritto da qualcuno, il vigilante mondiale in materia finanziaria e creditizia. In più, il G20, dopo aver rivendicato a Londra nell’aprile scorso la primazia sulle regole e sulla riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, oggi non potrà concludere i suoi lavori partorendo il famoso topolino. Anziché costruire una nuova architettura, il G20 si autodelegittimerebbe e, con se stesso, delegittimerebbe anche questo tipo di vertici, i diversi – G.” C’è, però, da considerare che, se gli ostacoli alla efficace trattazione di tutti questi argomenti fossero rilevanti, allora sarà opportuno che si individuino gli aspetti di maggiore concretezza e su di essi si decida. Per esempio, in materia di nuove regole, senza giungere all’empireo delle norme sulle norme, ci si potrebbe attestare sull’importante lavoro svolto al riguardo dal Financial Stabilty Board e deliberarne la pronta adozione. Non è una nuova Bretton Woods, quella che si conclude oggi. Ma se soddisferà le esigenze di concretezza e di trasparenza, il G20 quanto meno avvierà una riforma progressiva ed esso stesso si porrà come il vertice della governance finanziaria. A conclusioni opposte si arriverà se non si sarà capaci di rispondere a queste esigenze.