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 2009  settembre 25 Venerdì calendario

La Terra è in riserva. Gli spacciatori di bufale no - Qualcuno ci aveva avvertito già milledieci anni fa: il mondo si sarebbe esaurito, esploso e affondato nell’universo tra sconquassi, fiammate, lapilli e pinzillacchere

La Terra è in riserva. Gli spacciatori di bufale no - Qualcuno ci aveva avvertito già milledieci anni fa: il mondo si sarebbe esaurito, esploso e affondato nell’universo tra sconquassi, fiammate, lapilli e pinzillacchere. Non se ne fece nulla e passata la mezzanotte dell’anno Mille, il pianeta la scampò con i soliti sbadigli. Ma siccome le catastrofi non vengono mai sole (le sòle pur viaggiano in gruppo), la fine della Terra continuò a essere annunciata, a scadenze regolari e ad ère stabilite. Facendo la fortuna di maghi, fattucchiere di sciagure e profeti di freddure (glaciali). Fino ai tempi nostri, anzi alla data di ieri. Perché questa fissa dell’apocalisse mica è stata abbandonata. Anzi, l’hanno perfezionata, calcolata, millimetrata e, infine, liofilizzata al pronto uso di giornali e tv. La Repubblica, vocina glamour di questa rampante genìa di catastrofisti hi tech, sparava ieri in prima pagina questo titolazzo del malaugurio: «La Terra entra in riserva. Allarme degli scienziati: già consumato il capitale disponibile per il 2009». La fine del mondo è già iniziata. Bel pasticcio di parole, ma questi non hanno certo l’aria di scherzare. Oggi, venerdì 25 settembre, signori e dames, cade infatti l’Earth Overshout Day, il momento dell’anno in cui la specie umana ha esaurito le risorse a disposizione e comincia a intaccare le riserve, la provvista che dovrebbe essere lasciata alle prossime generazioni. Colpa del Global Footprint, cioè l’impronta ecologica dell’umanità che viene sorvegliata da un network di cervelloni che sta in America. L’impronta, traduce Repubblica, è il segno prodotto sul pianeta dalla nostra vita quotidiana: dalle bistecche che mangiamo, dai cellulari che compriamo, gli aerei che usiamo. Da piccola che era, l’impronta è diventata nei decenni come quella dello yeti. Così che nel 1986, per la prima volta, il mondo è arrivato a consumare tutte le sue risorse a disposizione: il day fatale cadde il 31 dicembre. Da quell’inverno, la bancarotta ecologica è stata inarrestabile e sempre più anticipata. Quest’anno siamo arrivati al baratro il 25 settembre, cioè oggi. E già è andata bene perché nel 2008 l’overshoot day fu il 23 settembre. Dobbiamo ringraziare la crisi economica che ci ha fatto guadagnare due giorni in più di vita: forse abbiamo mangiato meno bistecche, quindi macellato meno bovini i quali, secondo un’altra classica fola verde, con le loro flatulenze gassose aumentano l’effetto serra. Ok, lunga vita ai bovini e alla malora quei milioni di bestie umane rovinate dal crack mondiale. Il botto finale è da film dell’orrore: nel 2050, se il popolo pirla non si dà una regolata e non si deciderà a consumare verdurine fresche e involtini di soia, per mantenere l’impronta in pareggio avremo bisogno di un altro pianeta gemello da cannibalizzare, da usare cioè come riserva energetica e alimentare. E siccome quest’altra Terra bis pare non esistere, il destino è segnato. Calma, niente panico: è solo un film e neppure del genere horror. Siamo ai ridolini, al feuilleton glamour del tipo: «Oddio, arriva la fine del mondo e non ho nulla di carino da mettermi». Prendetela dunque comica: qui di scientifico c’è solo la pianificazione di una bugia granade come un ghiacciaio. Infatti, secondo questi scienziati yankee, siamo in troppi sulla Terra, consumiamo risorse e in cambio produciamo sempre maggiore inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Vero? Mica tanto: i fatti e la storia dicono il contrario. Mai il genere umano è vissuto così a lungo e meglio di oggi. Proprio nel XX secolo la popolazione mondiale è aumentata di quattro volte, mentre il prodotto lordo è aumentato di diciassette. Fino al 1700 la popolazione mondiale non aveva superato i 600 milioni di unità. E i nuovi dati affermano che il mondo non morirà né di sete, né di fame, né di freddo. Se qualcuno avesse dei dubbi, dovrebbe leggersi il bel libro di Antonio Gaspari e Riccardo Cascioli: ”I padroni del pianeta” (Piemme edizioni). I due giornalisti, cacciatori di eco panzane, sono noti per aver pubblicati un paio di libri dove smontano leggende senza capo né coda ma che vengono piacevolmente rilanciate dalla grande stampa. Come i ghiacci che si squagliano, il buco dell’ozono, il surriscaldamento globale e il clima tropicale ai Poli. Nel nuovo libro, i due acchiappa- bugiardi smontano la teoria dei ”limiti dello sviluppo” sostenuta fin dagli anni ”60 del secolo scorso dal Club di Roma, i cui scienziati previdero l’esaurimento del petrolio e di tutti i metalli entro il 1992. Clamorosa cappella, ma sufficiente a comprendere che razza d’inganno stia sotto questa visione matematica dello sviluppo. Così che la difesa della natura potrebbe preludere a una deriva totalitaria e anti-umana. Tanto è vero che di fronte alle resistenze di tanti Paesi si invoca un «governo globale dell’ambiente» che imponga provvedimenti forzati a livello planetario. Esempi? L’obbligatorietà delle direttive uscite da Kyoto e la richiesta di imporre anche in Europa la politica del non più di due figli. Tale tendenza, che aveva in Al Gore il suo profeta cialtrone, è ora rafforzata dall’elezione di Barack Obama alla Casa Bianca. A qualcuno, nei piani alti del mondo, non piace l’uomo. Insomma, sotto le bufale di questa ideologia verde cresce un futuro davvero nero. E non per colpa dello smog.