Massimo Fracaro, Corriere della sera 24/09/2009, 24 settembre 2009
L ”OCA DI COLBERT E GLI ECCESSI DEL CONDONO
Jean Baptiste Colbert, ministro delle finanze sotto il Re Sole, citato spesso da Giulio Tremonti, sosteneva che il suo lavoro consisteva nello spennare un’oca provocando il minimo di strilli. E di danni. Non potendo imperversare sugli italiani già tartassati, almeno quelli onesti, negli ultimi anni il Fisco ha cercato strade alternative. Prima i condoni tributari. E ora gli scudi fiscali. Provvedimenti che hanno il vantaggio di riempire un po’ le casse - e questo non guasta mai con una spesa pubblica irrefrenabile - ma senza dover mettere le mani nelle tasche dei cittadini. E, fattore non secondario, accontentando una bella fetta dei propri elettori.
Una politica con il fiato corto. L’esperienza insegna che i condoni consentono exploit di gettito temporanei. Ma poi tutto torna come prima. Gli onesti, pur arrabbiati, continuano a fare gli onesti (ma forse sono meno numerosi di prima e sicuramente più arrabbiati). I disonesti ritornano nell’ombra, puntando al prossimo condono.
Non sono bastati, evidentemente, gli scudi 2001 e 2002 per convincere chi aveva portato illecitamente soldi all’estero a farli rientrare e rimetterli a disposizione del Paese.
Ecco quindi nascere lo scudo ter. Un provvedimento criticabile, ma che nell’attuale situazione di crisi aveva una sua logica. La guerra ai paradisi fiscali è stata dichiarata a livello mondiale: tutti gli Stati si sono indebitati e non possono più rinunciare a tassare la ricchezza prodotta dai propri cittadini. Gli spazi di manovra degli evasori sono destinati inevitabilmente a restringersi, come dimostrano anche le prime crepe nel segreto bancario svizzero. Molti imprenditori sono in difficoltà, non trovano finanziamenti in banca: con lo scudo avevano la possibilità di attingere al tesoretto estero pagando un pegno ridotto, solo il 5%. Un’alternativa alla chiusura.
Anche l’obbligo di rimpatriare i capitali extra Unione europea, in pratica quelli custoditi nelle banche elvetiche, aveva un senso in questa cornice. In passato, invece, i soldi venivano semplicemente sanati, ma rimanevano all’estero senza essere rimessi in pista. Ora, invece, possono dare una spinta a un’economia che si sta riprendendo. Di questi soldi, forse, c’era effettivamente bisogno.
Ma ora si è voluto esagerare. L’estensione dello scudo ad alcuni altri reati penali e fiscali, come l’odioso falso in bilancio, decisa dal Parlamento e avallata dal governo, può sicuramente puntellare il gettito, ma rappresenta uno schiaffo all’equità fiscale e sociale. Fa venire meno la certezza della pena. Insinua il dubbio che nell’ambito economico tutto sia possibile, tanto una scorciatoia prima o poi si trova. Dimostra l’impotenza dello Stato.
Un provvedimento nato per chiudere un’epoca - quella dei paradisi fiscali, dei soldi facili, dell’ economia e della finanza senza regole - si è trasformato in un super condono mascherato. Il gettito sarà probabilmente più sostanzioso, perché certe ricchezze sono state costruite effettivamente con reati fiscali, come la sovra-fatturazione, ma il sistema fiscale ancora più iniquo. E ancora più lontano dai cittadini corretti. E’ vero che contemporaneamente allo scudo il Fisco sembra intenzionato a stringere nell’angolo gli evasori. Ma il colpo di spugna ormai è certo. La determinazione nella lotta all’evasione, e soprattutto i suoi frutti, sono tutti da dimostrare.