Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 24 Giovedì calendario

I GUAI DI CAMMARATA UN SINDACO IN BARCA


«Vattene», gli dice Gianfranco Micciché che si vantava d’es­sere il suo «creatore». «Vattene», gli dicono un po’ di ex alleati stufi di lui. «Vattene», gli dice la sinistra. «Vattene», gli dicono i contestatori che da due anni, fischia fischia, l’avevano spinto a rinunciare a sali­re sul carro di santa Rosalia. Ma lui, il (tuttora) sindaco di Palermo Die­go Cammarata, non ci sente. E che sarà mai, se alla sua barca badava uno skipper pagato dal comune?

Breve riassunto. Prima puntata: la sera di lunedì Striscia la notizia manda in onda un servizio di Stefania Petyx dove si rac­conta di un impiegato della Gesip, la socie­tà comunale addetta ai giardini, che, cerca­to un sacco di volte sul posto di lavoro, non c’era mai. Peggio, la troupe del pro­gramma di Antonio Ricci lo aveva trovato a bordo di una bella barca di 13 metri e mezzo ormeggiata a Marina di Villa Igiea dove l’uomo raccontava, ignaro di essere registrato da una telecamera nascosta, che lui stava sempre lì, a badare allo yacht: «Io problemi di tempo non ne ho. Lavoro qui, alla barca. Mi vengo a sedere qua tutti i giorni». Non bastasse, si offriva di affittare lo yacht ma «senza fattura, naturalmente». Non bastasse ancora, aggiungeva che in ca­so di problemi con la Finanza, sarebbe sta­to sufficiente lasciar cadere poche parole magiche: «Ci dite: noi siamo amici del sin­daco » .

Seconda puntata: Cammarata cerca di metterci una toppa con un comunicato al­l’Ansa.

«La barca oggetto del servizio di

Striscia la notizia è di proprietà dei miei figli che l’hanno acquistata con atto del 10 febbraio 2004. Come è ovvio ne ho piena disponibilità. Purtroppo questo avviene so­lo raramente. Questa estate ne ho usufrui­to solo per un paio di fine settimana». Ag­giunge anzi che: «Dall’estate scorsa la bar­ca è in vendita, perché neanche i miei figli hanno il tempo di usarla e quest’estate è rimasta praticamente ferma. Conosco il si­gnor Franco Alioto da molto tempo e si è occupato occasionalmente, e fino a ieri, di verificare che la barca sia in ordine. Lo face­va in piena autonomia e fuori dall’orario di lavoro, come è naturale che avvenga. Al ri­guardo ho già disposto che la Gesip proce­da a una indagine interna sulla presenza nel posto di lavoro di Alioto». E rifiniva la versione con un dettaglio: si era sempre trattato di una «collaborazione non conti­nuativa, peraltro regolarmente compensa­ta come dimostrano i pagamenti tramite assegno».

Terza puntata: ignaro di quanto aveva di­chiarato il sindaco, lo skipper-giardiniere, che si chiama Franco Alioto, raccontava al­la cronaca palermitana di Repubblica che per carità, lo faceva così, quasi per amici­zia: «Se il sindaco mi pagava? Diciamo che mi faceva un regalo. Sì, insomma, mi dava qualcosa». Lo faceva «per arrotondare lo stipendio: ho due figli da sostenere». Co­m’era nato il rapporto? «Ho conosciuto il sindaco sei o sette anni fa, lui aveva una barca più piccola di quella che ha adesso. Ci siamo incontrati e ci siamo subito fatti simpatia. Quando i suoi figli hanno acqui­stato la barca nuova, mi ha chiesto di aiu­tarli e io l’ho sempre fatto volentieri». Quarta puntata: « Striscia la notizia torna alla carica recuperando una vecchia confi­denza di Cammarata. Il quale, senza sapere che quelle parole lo avrebbero inguaiato, diceva che «appena esce da Palazzo delle Aquile e sale in macchina la prima telefona­ta è per casa dove il fidato Franco pensa a mettere su la pentola e a preparare un pri­mo ». Chi era questo Franco? «Un marinaio di Porticello che conosce il pesce come le sue tasche: Franco, per gli amici ’u bellac­chiu’ ». Tombola.

Mano a mano, vien fuori di tutto. Che la cronista di Striscia ha inutilmente cercato Alioto «forse una quarantina di volte», a partire da febbraio e sempre in orario di la­voro. Che il giardiniere-skipper aveva dei fogli-presenza firmati in bianco che poi ve­nivano gestiti direttamente «in alto loco». Che era l’unico degli addetti alla Casa Natu­ra della Favorita a non avere il tesserino magnetico. Che era stato assunto per chia­mata diretta nell’azienda comunale dei giardini pur essendo di mestiere marinaio e avendo soltanto la quinta elementare. E via così.

Che razza di azienda «modello» fosse, la Gesip, si sapeva. Basti ricordare che la pota­tura delle piante fino a 249 centimetri di altezza tocca ai suoi giardinieri, dai 250 in su a quelli del settore ville e giardini. Col risultato finale che, come raccontavamo mesi fa, per gestire una quota di verde ur­bano simile, poco più di 2000 ettari, Tori­no spende 12 milioni di euro e Palermo più del doppio: 27. Immaginate come pote­vano essere i controlli, in una municipaliz­zata così, sul giardiniere-skipper...

Diego Cammarata, però, tiene duro. No­nostante l’ultima tegola gli sia caduta su una testa già ammaccata. Prima i guai per la gestione disastrosa dell’Amat, dove su 598 autobus in dotazione quelli in grado di muoversi erano arrivati a essere meno del­la metà (235) e dove alla vigilia delle «co­munali » erano stati assunti 110 autisti di autobus tutti 110 senza patente. Poi i guai dell’Amia, dove dirigenti erano troppo im­pegnati in lussuose missioni negli emirati arabi da 800 euro a notte per rimuovere la spazzatura, fino al punto di costringere Berlusconi a spedire giù di corsa Bertolaso per evitare un disastro «napoletano» targa­to Pdl. Poi la rivolta dei governatori e dei sindaci di destra del Nord, con in testa Fla­vio Tosi per la decisione del governo di tap­pare un po’ di buchi palermitani con un so­stanzioso acconto 80 milioni: «Il Comune di Palermo dovrebbe essere immediata­mente commissariato. Già quello di Cata­nia non era un bell’esempio, ma questo è ancora più grave: Cammarata guida il Co­mune da più di sette anni, non ha scusan­ti... ». Eppure, a dispetto del nome della bar­ca, che si chiama «Molla», il sindaco pare non avere intenzione di mollare affatto. Gianfranco Miccichè, quello che per anni è stato il viceré berlusconiano in Sicilia e il suo primo inventore (quando lo candidò alcuni commentarono: «Cammarata? Ma cu è, u’ sciacquino di Micciché?») lo ha sca­ricato: «Spero ci risparmi almeno la pena di un dibattito sulla fiducia». E con Micci­chè lo hanno scaricato i lombardiani. Che punterebbero insieme a logorarlo mentre preparano la successione. Ma questo, spie­gano i suoi alleati a partire da Totò Cuffa­ro, è un ottimo motivo per restare imbullo­nati alla sedia. E lo scandalo? Uffa, uno più o uno meno...