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 2009  settembre 24 Giovedì calendario

Alla cortese attenzione della Redazione Non infrequentemente si accusano gli evasori di crimen laesae maiestatis, di "tradimento della patria", di essere dei "ladri", anche se, ma è sicuramente un mio limite, non ho ancora capito a chi rubino

Alla cortese attenzione della Redazione Non infrequentemente si accusano gli evasori di crimen laesae maiestatis, di "tradimento della patria", di essere dei "ladri", anche se, ma è sicuramente un mio limite, non ho ancora capito a chi rubino. "Rubano allo Stato"? "Sottraggono denaro al fisco", come suol dirsi, magari in buonafede? No, non "rubano allo Stato" affatto, non "sottraggono denaro al fisco": infatti soltanto se partissimo dal presupposto che tutti i mezzi di produzione appartengono allo Stato, come accadeva nei regimi comunisti, l’evasione sarebbe da considerarsi un furto che i cittadini compiono appropriandosi di parte del patrimonio pubblico. Infatti dal punto di vista giuridico e morale può essere considerato "furto" solo l’appropriarsi, in modo illecito, di beni altrui e sono i cittadini (e non lo Stato) i legittimi proprietari di ciò che producono col loro lavoro. Ergo: le tasse non versate allo Stato non possono essere considerate un "furto", poiché, ovviamente, nessuno può rubare a sè stesso in quanto si tratta di cespiti che, in assenza del fantomatico "ladro" (cioè l’evasore) non sarebbero mai stati prodotti e sui quali, di conseguenza, il fisco non avrebbe mai potuto vantare alcuna pretesa. Si capovolgono le parti: non è l’evasore a sottrarre denaro dell’erario, ma è lo Stato che sottrae risorse, con la coercizione, alla disponibilità dei loro legittimi proprietari attraverso le imposte (che divengono una sorta di estorsione legalizzata) Rubano forse agli altri cittadini, che, come si sostiene molto superficialmente, a causa dell’evasione, sono costretti a pagare imposte sempre più pesanti? Questo potrebbe essere vero solo a condizione che le imposte fossero delle "quote fisse" di spese da ripartire fra i cittadini, spese decise col consenso degli stessi cittadini che se ne accolleranno l’onere, come se lo Stato fosse come un grande condominio. In realtà non avviene così: le imposte, sempre crescenti, sono decise dai politici per finanziare spese pubbliche (molto spesso autoreferenziali, per dirla con un eufemismo) in continuo aumento, i cui costi vengono scaricati sui cittadini. Ad esempio, dati Istat alla mano, se non erro, la spesa pubblica sul PIL è passata dal 46,2% del 2000 (550 miliardi di euro in valori assoluti) al 49,3% dell’anno scorso (775 miliardi): faccio i conti in modo molto approssimativo (e chiedo venia) ma dovrebbe trattarsi di ben 117 miliardi di euro di maggiori uscite rivalutate ai valori correnti. Questo smentisce l’assioma secondo il quale se non ci fosse l’evasione lo Stato (ovvero i politici) avrebbe notevoli risorse in più per migliorare i servizi pubblici: questi 117 miliardi di risorse in più ci sono già (e ricordo che la spesa pubblica non è altro che tasse future) e non mi pare che la qualità di scuole, sanità, giustizia, pensioni sia aumentata in maniera direttamente proporzionale... Inoltre non è nemmeno vero lo slogan, pure condivisibile, "pagare tutti, pagare meno", assecondando il quale se tutti pagassero le tasse, allora queste sarebbero inferiori.Infatti l’evidenza empirica lo smentisce: negli ultimi anni l’evasione fiscale è scesa al suo minimo storico, il 17% del Pil, mentre la pressione fiscale è salita oltre il 43% del Pil, un livello senza precedenti. E difficilmente un politico voterà per la riduzione delle tasse, in palese conflitto di interesse, in quanto ne conseguirebbe una diminuzione del suo potere (meno tasse uguale meno spesa pubblica) Insomma, se tutti pagassimo le "giuste tasse" (cioè quelle decise discrezionalmente dai politici) l’unica cosa che cambierebbe è che il governo avrebbe più soldi da spendere, come è sempre accaduto. Cordiali saluti Alessandro Spanu