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 2009  settembre 24 Giovedì calendario

«SCONTRI INTERNI? LA CHIESA NON UNA CORPORATION»

Conosce a fondo la Chiesa e le sue dinamiche: Joaquín Navarro- Valls, medico, è stato direttore della Sala stampa vaticana dal 1984 al 2006 ma soprattutto la "voce" del pontificato di Karol Wojtyla.
La differenza di impostazione tra Cei e Santa sede – con possibili contrasti – c’era anche negli anni passati?
Non mi sembra di vedere oggi delle differenze così ovvie. Come capita sempre, i temi che sono complessi fanno emergere punti di vista articolati che focalizzano l’uno o l’altro aspetto del problema. Ma alla fine si tratta di integrare sottolineature complementari e non veri contrasti sull’insieme. Il contrario sarebbe trivializzare la complessità di un tema e ridurlo a banalità.
Oppure è un fenomeno recente soprattutto legato al ricambio di guida in entrambe le istituzioni? Ieri, per esempio, è stato nominato il nuovo vertice dello Ior che Wojtyla riformò dopo gli scandali.
In una realtà come la Chiesa i ricambi di guida sono qualcosa di molto diverso dal ricambio di guida in una grande
corporation oppure nell’amministrazione pubblica. La consistenza dei valori e dei contenuti della fede introduce un elemento di relatività nel cambio delle persone. Non ricordo un Papa che abbia mai adoperato slogan di cambiamento radicale come ha fatto per esempio Obama.
Comunque le divisioni in Curia ci sono sempre state, leggendo la storia...
Credo che se la Curia è un organismo così complesso e numeroso è proprio perché le viene chiesta diversità di valutazioni e di punti di vista. Altrimenti basterebbe un gruppetto numericamente molto modesto. Ma attenti, diversità non vuole dire divisione: si tratta di due categorie differenti.
Il caso Williamson, tornato ieri alla ribalta, è frutto di problemi di governo o di comunicazione?
O entrambi?
Il Papa stesso ha dato risposta a questa domanda con la lettera che lui ha scritto in seguito alla situazione cui lei si riferisce. Forse mancava qualche conoscenza previa. Alla fine tutto è stato chiarito in modo completo. Naturalmente rimarràsempre qualcuno che dice di non capire anziché manifestare sinceramente che non vuole capire.
Il caso Boffo cosa cambia nei rapporti con la politica?
 un tema, mi pare, più relativo ai rapporti e al rispetto delle persone che non alla politica.
Cambiano quindi anche i parametri della comunicazione delle istituzioni religiose?
Il tutto non è stato valutato così dall’opinione pubblica internazionale. Forse perché la lontananza della quotidianità italiana ha fornito i parametri per una lettura più obiettiva.
La comunicazione è potere: del resto il caso Boffo si è consumato attorno alla direzione di un giornale...
Questo aspetto, mi pare, attiene caso mai alla dimensione etica del giornalismo. Qualche tempo fa ho fatto uno studio in una delle più grandi biblioteche del mondo sui volumi presenti relativi al giornalismo. Ho scoperto che il numero più alto di volumi non si riferiva ad argomenti di tecnica giornalistica ma a temi di etica e giornalismo.
Non mi sembra un dato da sottovalutare...
Insomma, la comunicazione è una partita che anche la Chiesa vuole giocare?
La Chiesa, in Italia e fuori, da molto tempo ha deciso di partecipare alla dialettica dei mass media. D’altra parte non poteva non farlo e ha tutto il diritto di farlo. Ma soprattutto possiede il presupposto primo di tutta la comunicazione: ha qualcosa da dire.
Giovanni Paolo II aveva attenzione alla comunicazione.
Si dice che cogliesse l’importanza del tema.
 vero. Sapeva fornire immagini e parole all’opinione pubblica che erano dei concetti pieni di significato. Ma, riguardo a Benedetto XVI, non scordiamoci che è il Papa in tutta la storia della Chiesa con la più ampia e impegnativa bibliografia personale. La sua ricchezza concettuale è straordinaria. In un’epoca di ambiguità nei concetti- chiave utilizza le parole con una chiarezza e incisività sbalorditive.
Lo stile di governo di Giovanni Paolo II prevedeva molti incontri informali: servivano forse ad ammortizzare tensioni in Curia?
Ricordo quegli incontri non come una forma di ansiolitico per rilassare tensioni ma piuttosto come un modo di arricchirsi reciprocamente integrando inevitabili visioni parziali oppure settoriali.
Con il discorso di Bagnasco alla Cei si va verso una normalizzazione?
Come sempre, il pensiero analitico, brillante ed incisivo del cardinale riesce a cogliere tutti gli elementi che definiscono una situazione complessa. Non credo che ci fosse bisogno di normalizzare nulla ma certamente il suo intervento chiarisce una situazione che aveva bisogno di essere analizzata nel suo insieme.