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 2009  settembre 24 Giovedì calendario

«Senza l’Islam l’Europa perde un po’ d’anima» - Cristiani ed islamici, uniamoci per vivere meglio

«Senza l’Islam l’Europa perde un po’ d’anima» - Cristiani ed islamici, uniamoci per vivere meglio. l’appello di Mohammed Bennis, 61enne scrittore e poeta marocchino tra i più famosi del suo continente, ora riedito in Italia grazie a Donzelli editore con Il Mediterraneo e la parola (128 pp., euro 14). Bennis ha pubblicato oltre venti opere, tradotte in tutta Europa, è stato l’ideatore della Giornata della Poesia dell’Unesco, che si celebra ogni anno il 21 marzo, con lo scopo di stimolare il dialogo attraverso la poesia. Proprio il dialogo e la tolleranza tra i popoli del Mediterraneo - sempre più divisi e lacerati secondo l’autore - oltre ogni differenza etnica e religiosa, è uno dei punti cardini dell’opera ultima pubblicata da Donzelli. In questi giorni, Mohammed Bennis è in Italia e il Riformista ha colto l’occasione per intervistarlo. Lei ha vinto numerosi premi, è uno dei poeti più famosi d’Africa. Ha cominciato a scrivere giovanissimo a 17 anni. Cosa rappresenta per lei la poesia e a chi si è ispirato per i suoi libri? Per me la poesia è sempre stata attaccamento alla vita, sin da giovane, attraverso i versi ho trovato la forza di resistere a tutte le forme della morte. Non posso separarmene, per lei ho abbandonato tutto e mi hanno considerato pazzo per questo. I grandi poeti sono la mia famiglia, non mi tradiscono mai. Di questa mia personalissima cerchia fanno parte diversi scrittori africani come Chabbi, Gibran Khalin e Al Moutanabi. Mentre per quanto riguarda gli scrittori occidentali potrei citare Nietzsche: Così parlò Zarathustra mi ha insegnato il senso della libertà, da quel momento sono diventato un ribelle, ma allo stesso tempo cosciente della responsabilità della poesia. E poi altri classici: Rimbaud, Verlaine, Baudelaire, Mallarmé, Hölderlin, Rilke, Lorca. E, sempre da giovane, ho scoperto anche Dante, che considero uno dei più grandi maestri per visione della vita e senso vitale della poesia, perché quest’ultima, come ha fatto con me, ha salvato la vita anche al più grande autore italiano. I poeti sono molto rari, ma per fortuna hanno un popolo che li ascolta. A questo proposito, oggigiorno da più parti la poesia viene considerata morta o, perlomeno, in stato comatoso. Secondo lei cosa può ancora comunicare la poesia, che in "Il Mediterraneo e la parola", lei difende strenuamente? Lei scrive addirittura di «resistenza» in tal senso e di rischio, altrimenti, di «mutismo collettivo». Quelli che dicono che la poesia è morta sono i nemici della letteratura. Oggi domina la letteratura mediatica, che segue la politica del mercato. Non c’è che dire, siamo molto lontani dalle grandi avventure letterarie degli ultimi secoli, quando la poesia ancora si ritagliava il suo legittimo spazio. Perché è un genere letterario che agisce segretamente, non sappiamo veramente cosa fa, come agisce. E poi è grazie alle poesia che le lingue esistono. Se sparisse, la parola umana, quella quotidiana, si dileguerebbe perché unidimensionale. la poesia che veglia sul senso della parola, solo nella poesia si ritrova il senso infinito della parola. Dal suo punto di vista, qual è la più grande differenza tra poesia occidentale e quella araba? Le grandi esperienze versificatorie si rifanno allo stesso livello di qualità, non c’è comparazione tra i grandi di culture diverse. L’importante in queste tradizioni è di avere sempre un rapporto col corpo e col pensiero. Se proprio vogliamo trovare una differenza, una caratteristica della poesia arabo-orientale è il marcato rapporto con il corpo, che è una relazione sempre viva, sempre presente. Mentre invece nella tradizione occidentale il pensiero è spesso al centro di tutto. Personalmente credo che la poesia sia la lingua del corpo, perciò mi ritrovo nella tradizione sensibile e corporea. Nella sua opera si scaglia contro la globalizzazione, secondo lei deleteria per la cultura. Perché tanto astio? Il problema della globalizzazione è che vuole sottomettere tutta l’umanità ai regimi dell’economia e dell’informazione. Vuole sopprimere l’essenziale della vita umana, vuole fare di ciascuno di noi una sola persona affinché risponda alla domanda del mercato. L’essere umano invece è molto più grande e la sua immaginazione lo eleva dal piattume. La globalizzazione genera la chiusura in noi stessi. la parola che non parla più. Nel suo libro definisce «ignorante» chi afferma che le radici dell’Europa non si possono ritrovare solo nei valori giudaico-cristiani. Perché? No, mi faccia chiarire bene questo punto. vero che prima del Medioevo l’Europa poteva definirsi giudaico-cristiana, ma l’Europa moderna, nata dal Rinascimento italiano, era un continente in serrato dialogo con la cultura arabo-islamica. Lo stesso Dante è figlio di questo rapporto interculturale ed è assolutamente incomprensibile che si continui ad ignorare la storica e decisiva influenza islamica in Europa. Tutti i malesseri della nostra società nascono da questa incomprensione. Se invece avesse luogo il riconoscimento di questa commistione culturale, il rapporto tra cristiani e islamici potrebbe avviarsi verso la normalità e la tolleranza. Perché la cultura è lo spazio della verità. Quindi immagino che lei veda di buon occhio l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea... Ma certo, perché no? Per me la Turchia è già europea. Per come conosco i turchi, il loro stile di vita è molto simile a quello degli europei. Chi ha paura di far entrare la Turchia nell’Ue ha paura di se stesso. In alcune zone, per quello che ho visto, Roma somiglia a Pechino. Oggi ero a Piazza Navona e (agita le braccia verso l’alto, ndr) c’erano esclusivamente stranieri. Quindi perché sbarrare la strada ai turchi? I politici non hanno più immaginazione, solo gli artisti possono darci un’idea vera e moderna dell’Europa e dell’area mediterranea. Ben venga Obama che, al contrario di molti altri, dà grande spazio all’immaginazione e alla cultura. In questo senso, che ne pensa delle politiche migratorie dell’Ue? L’approccio europeo nei confronti dei paesi arabi del Mediterraneo non ha coscienza del futuro, non fa altro che accentuare l’odio e favorisce gli spiriti deboli. Invece, il Mediterraneo è lo spazio della nostra vita comune, lo è stato e dovrebbe esserlo sempre di più, senza timori di lingue o etnie differenti. Per questo difendo la sua dimensione culturale. Lei è stato l’ideatore della Giornata della poesia dell’Unesco. Che ne pensa delle accuse di antisemitismo rivolte al ministro della Cultura egiziano Farouk Hosni e della sua mancata elezione alla presidenza del massimo organismo culturale a livello mondiale? Sia ben chiara una cosa. Non sono favorevole a Hosni come persona in se per sé, ma la dura opposizione contro di lui nascondeva anche l’astio nei confronti del mondo arabo, perché questo aspetto è stato sottolineato più volte. Ad ogni modo, penso che purtroppo abbiamo perso un’occasione unica: un egiziano a capo dell’Unesco avrebbe giovato a tutte le culture per un riavvicinamento tra popoli che oggi sono in conflitto, almeno ideologico. Ma non pensa che forse Hosni non fosse la persona giusta, visto il suo background e ultima la rivelazione sull’Achille Lauro... A volte si accettano tutte le sconfitte per ottenere una sola importante vittoria. Qui non si trattava della vittoria di Hosni ma, al contrario, della concessione del diritto di parola al cosiddetto "Altro". Che così rimane sconosciuto e, ancora una volta, dimenticato.