Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 24 Giovedì calendario

Bersani: ”Subito detrazioni fiscali per le fasce deboli” - Paradosso. Oppure paradossale. Dunque, «ciò che sembra o è assurdo, illogico, stravagante»

Bersani: ”Subito detrazioni fiscali per le fasce deboli” - Paradosso. Oppure paradossale. Dunque, «ciò che sembra o è assurdo, illogico, stravagante». Pier Luigi Bersani ricorre spesso, in questa intervista, all’uno o all’altro termine per dire come alcune delle faccende in discussione gli paiano, appunto, stravaganti (quando non del tutto incomprensibili). Paradossale è, per esempio - a proposito di Tremonti e della sua Finanziaria - «che il non far nulla sia diventato un merito»; ed è certo un paradosso - riferito alla discussione intorno alla pillola RU486 e alle polemiche per la posizione assunta da Dorina Bianchi - «che si contestino tecniche abortive meno invasive e previste dalla stessa legge 194». E andando avanti, è di sicuro stravagante che nel Pd si litighi sul tasso di antiberlusconismo di questo o di quell’altro «dimenticando che, al di là di chi strilla di più, il nostro dovere - oltre a opporci - è offrire agli elettori un’alternativa, altrimenti strillare non serve a nulla». Ma non è di Pd che Bersani vuol parlare, quanto - piuttosto - delle ultime mosse del governo in materia di economia. Alla vicenda congressuale riserva poche battute: ma non irrilevanti. Per esempio, dice sì al confronto a tre chiesto da Marino e accettato da Dario Franceschini: «Io non ho problemi - spiega -. Discutiamone pure. Tenendo presente, però, due cose. La prima, è che abbiamo un meccanismo congressuale già molto competitivo; la seconda, è che dovremmo cercare di ragionare tenendo sempre d’occhio gli interessi dell’intera ditta». Non è, però, che preferisce parlare di Tremonti per evitare di versar sale su certe ferite aperte nel Pd? «A parte che è sempre saggio evitare di farsi del male da soli, non è questa la ragione. E’ per le cose che le dicevo all’inizio: siamo nella situazione che, per il governo, non far nulla è diventato un merito. E’ un paradosso, certo: ma è quel che accade. Il malato è grave e lo si cura con placebo e palliativi. Se riesce, altro che economia: a Tremonti daranno il Nobel per la medicina... Si spostano i soldi da qua a là, come era per i carrarmati di Mussolini, ma risorse nuove non se ne vedono. E non è l’unico aspetto paradossale di questa vicenda». L’altro qual è? «Che pur non avendo alcuna nostalgia delle vecchie Finanziarie, una domanda vorrei farla: ma tra Finanziarie che non ci sono e mini-decreti mensili dove e quando in questo Paese si parla di manovra economica? Il peggio della crisi ce l’abbiamo davanti, e Tremonti l’incantatore dice: ”La Finanziaria non c’è e comunque, se necessario, gli aggiustamenti poi li faccio io”. Col Pil che cede e il deficit che aumenta, invece, alcune cose andrebbero fatte subito». Finga di essere al governo: concretamente, che farebbe? «Subito detrazioni fiscali per le fasce più deboli, lasciando un po’ di soldi in tasca a chi non ne ha, così da spingere i consumi; e per i Comuni la possibilità di avviare tanti piccoli cantieri: con la facoltà per chi in 6 mesi bandisce le gare e appalta i lavori, di sforare il patto di stabilità. Invece, nulla di tutto questo. Hanno solo prorogato le detrazioni per chi ristruttura la casa: il che va bene, ma è una misura che avevamo introdotto noi». Un po’ di soldi potrebbero arrivare con lo scudo fiscale, che al Pd però non piace... «Dire non piace è poco: il mio giudizio è che sia una vergogna. Non solo è uno schiaffo a chi paga le tasse, ma è anche un vero e proprio indulto per gravi reati fiscali e finanziari. In più, lo scudo è destinato a produrre danni anche in prospettiva». Berlusconi direbbe: ecco i soliti spargitori di pessimismo. «E allora al nostro premier faccio una domanda: chi è quell’imprenditore sano di mente che, in un quadro così, dovrebbe investire nella sua azienda? Se gli va male, dal governo alle banche non c’è nessuno che lo aiuta; se gli va bene, gli tocca pagare il 40% di tasse. Allora conviene portare i soldi all’estero, tanto poi rientrano praticamente esentasse. Senza contare che quando si parte con i condoni, poi si continua sulla stessa via: al fondo della quale c’è un aumento delle tasse per chi le paga». A proposito di stessa via: anche il Pd marcia sempre sulla stessa via, litigando - com’è accaduto al Senato - sulla pillola RU486 e sul sì espresso da Dorina Bianchi, capogruppo in commissione Sanità, ad un’indagine conoscitiva. Che le pare? «Innanzitutto, che lascerei ad ognuno il proprio lavoro: è un tema di verifica scientifica, e comunque non è accettabile l’obiezione di chi dice ”così diventa troppo facile abortire”. Bisogna avere più fiducia nella maturità e nella responsabilità delle donne, come del resto dimostra il calo di interruzioni di gravidanza dall’entrata in vigore della 194. E poi davvero non capisco il no a tecniche meno invasive, previste per altro dalla stessa legge che regola l’aborto...». Sta eludendo la domanda, però. E allora mettiamola così: lei è per favorire oppure no, su temi così, l’obiezione di coscienza da parte di parlamentari del Pd? «Detto con chiarezza: vedo l’esigenza di disciplinare il ricorso all’obiezione. Nella mia mozione propongo che sia un organismo statutario a definire ambiti e confini, perché un parlamentare non può pensare solo alla propria coscienza». Scusi, siamo all’obiezione di coscienza decisa dal partito? «Ma nemmeno per idea. Credo l’obiezione di coscienza sia da considerare uno strumento limite, visto che si parla di politica e di parlamentari, e quindi di mestieri non obbligatori. Se uno li fa, sa di dover ragionare anche per la coscienza degli altri. Il Paese aspetta dalla politica delle decisioni». A proposito di politica, un’ultima domanda. A differenza di quanto sostenuto da D’Alema, secondo Franceschini il Pd non soffre di un eccesso di antiberlusconismo: lei come la vede? «Che il mestiere dell’opposizione è certo quello di opporsi - perfino con più vigore di quanto non accada oggi - ma anche costruire e offrire un’alternativa al Paese. Il problema non è chi strilla di più, altrimenti Berlusconi sarebbe già a casa: e invece il suo consenso regge proprio perché i cittadini non vedono ancora un’alternativa chiara. A me, insomma, questa discussione non piace. Così come non mi piace, però, un’opposizione che stia sempre e solo appesa al suo contendente».