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 2009  settembre 24 Giovedì calendario

Obama: un mondo senza muri - «Dobbiamo abbattere i muri del mondo e costruire al loro posto delle coalizioni»

Obama: un mondo senza muri - «Dobbiamo abbattere i muri del mondo e costruire al loro posto delle coalizioni». Barack Obama coglie l’occasione del primo discorso dal podio dell’Assemblea Generale nelle vesti di presidente degli Stati Uniti per lanciare alla comunità internazionale la sfida ad «andare in una direzione diversa basata sulla cooperazione, su comuni interessi e mutuo rispetto». Obama ricorda le scelte compiute per distanziarsi dal predecessore Bush - dalla proibizione della tortura alla scelta del ritiro dall’Iraq, dall’impegno sul clima alla firma della convenzione sui disabili - per poi chiedere di rinunciare «a un antiamericanismo che serve a giustificare l’inazione» di fronte ai problemi comuni. La scelta è di tendere la mano alla comunità internazionale, chiedendo in cambio a ogni nazione di «assumersi le proprie responsabilità», perché «non potete aspettarvi che l’America faccia tutto da sola». La citazione che sceglie è di Franklin Delano Roosevelt, il presidente americano che immaginò le Nazioni Unite senza vederle poi nascere, quando disse che «la pace può essere costruita solo con uno sforzo di cooperazione da parte di tutto il mondo». E proprio al fine di disegnare un cammino comune per le 192 nazioni presenti al Palazzo di Vetro, Obama indica «quattro pilastri» sui quali «costruire grandi coalizioni». Il primo è la lotta alla proliferazione delle armi nucleari di cui auspica la «totale scomparsa». «Ogni nazione ha diritto all’energia nucleare ma le bombe sono un’altra cosa» sottolinea, indicando alla platea l’Iran e la Corea del Nord come «le nazioni più pericolose» per la corsa all’atomica che le vede protagoniste in Medio e in Estremo Oriente. «Se non faranno fronte ai loro obblighi - ammonisce - affronteranno delle conseguenze». Il secondo pilastro è il «perseguimento della pace», che per Obama include tanto la lotta senza quartiere contro i terroristi di Al Qaeda quanto il raggiungimento della «pace fra Israele, palestinesi e Paesi arabi». «E’ arrivato il momento di lanciare trattative senza precondizioni sullo status definitivo - dice il presidente, ricordando l’incontro avuto 24 ore prima con Benjamin Netanyahu e Abu Mazen - riguardo a sicurezza, confini, rifugiati e Gerusalemme». L’obiettivo è arrivare a «due Stati fianco a fianco, con vera sicurezza per tutti gli israeliani e uno Stato di Palestina con territori contigui che ponga fine all’occupazione iniziata nel 1967». Obama è convinto che questo obiettivo - come anche la pace fra Israele e Siria, fra Israele e Libano e in Darfur - può essere raggiunto solo con la «cooperazione di tutti».  lo stesso approccio con cui espone gli altri due pilastri della «casa comune» che vuole costruire: difesa del clima e prosperità economica, superando la recessione. L’accoglienza che l’aula riserva al 44° presidente è meno calorosa del previsto. Alla vigilia c’era alla Casa Bianca chi si attendeva delle «standing ovation» che non ci sono state. Anche gli applausi - su Medio Oriente, Darfur e disabili - sono stati contenuti. Gli unici a non applaudire affatto sono stati i rappresentanti iraniani, con il presidente Mahmud Ahmadinejad seduto in aula con il volto impassibile durante l’intero discorso di Obama. Proprio di Iran, in serata, Obama ha discusso a quattr’occhi con il collega russo Dmitri Medvedev al Waldorf Astoria, pianificando le decisioni che verranno adottate oggi dal Consiglio di Sicurezza. Evidenti le convergenze. «Le sanzioni raramente sono produttive ma a volte sono inevitabili» ha detto Medvedev lasciando trasparire un’intesa in materia con Obama. Anche il presidente francese Nicolas Sarkozy ha parlato di Iran: «Ci sarà una data limite nel dialogo sul nucleare e per me questa è il mese di dicembre».