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 2009  settembre 24 Giovedì calendario

LA "CASSA DEL PAPA" FRA MILLE MOSTERI E SCANDALI FINANZIARI


Fuori dalla tempesta dei mercati e fuori anche dalle ultime incrostazioni di una storia, quella degli ultimi decenni, ricca pure di aspetti tutt’altro che commendevoli. E’ la doppia missione, e non delle più semplici, per il tenace banchiere piacentino con solidi agganci Oltretevere ma anche oltrefrontiera che s’insedia adesso in quel torrione di Niccolò V che - potenza dei simboli topografici - confina anche fisicamente con il Palazzo Apostolico.
La priorità, in tempi difficili per ogni banca, è ovviamente quella di far sì che IOPRVAVX - è questo il codice che nel circuito interbancario identifica l’Istituto per le Opere di Religione - e i suoi 40 mila correntisti e passa fra cui tutti i dipendenti del Vaticano - possano dormire sonni tranquilli. Non dovrà sforzarsi troppo Gotti Tedeschi, però, se come ha assicurato il presidente uscente Angelo Caloia, gli investimenti sono improntati alla massima prudenza. «Noi non siamo una banca - ha spiegato proprio un anno fa a Famiglia Cristiana -. Non abbiamo concesso né concediamo prestiti. In tal modo, non ci sono da noi perdite inesigibili... Siamo sempre stati molto prudenti nel gestire le nostre finanze, oserei dire conservatori».
Molto di più non è dato sapere visto che lo Ior non pubblica bilancio nè rende noti i suoi principali dati finanziari. Semplicemente, come da statuto vergato da Pio XII nel 1944 e poi rivisto da Giovanni Paolo II nel 1990, quello che era nato nel 1887 su iniziativa di papa Leone XIII come «Commissione ad pias causas» destinata a raccogliere e gestire l’Obolo di San Pietro, l’Istituto, ha lo scopo «di provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili ed immobili trasferiti od affidati all’Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati ad opere di religione e di carità».
Un mandato che già in precedenza, subito dopo la firma dei Patti Lateranensi e quando lo Ior era ancora l’Amministrazione speciale per le Opere di Religione, Bernardino Nogara - proveniente da una banca laica e milanese come la Comit - aveva interpretato in modo estensivo, ponendo come condizioni per accettare il suo incarico, completa libertà d’azione.
Che nei decenni successivi al pur intraprendente Nogara nelle carte - e soprattutto nelle casse - vaticane, siano stati custoditi segreti inconfessabili, non solo italiani, è storia notissima. Scandalo principe è ovviamente quello del Banco Ambrosiano. Qui l’arcivescovo lituano-americano Paul Marcinkus - originario di Cicero, paese natale di Al Capone, è l’inevitabile chiosa che accompagna le sue biografie - assurto alla presidenza dell’Istituto nel 1971, gestì un inarrestabile giro di denaro di provenienza oscura drenato per circa 2 miliardi di dollari dalle casse dell’Ambrosiano, controllato fin dal 1946 proprio dallo Ior, e contribuì così in modo sostanziale al crack dello stesso Ambrosiano nel 1982. Liquidazione del banco, sostanziale protezione di Marcinkus sotto lo scudo dell’extraterritorialità, ammissione non di colpa da parte dello Ior, ma certo di una responsabilità oggettiva visto che due anni dopo l’istituto versava alle banche creditrici dell’Ambrosiano una somma di poco superiore ai 400 milioni di dollari come «contributo volontario». Al risanamento dell’Istituto, nel 1989, era stato intanto chiamato un altro banchiere milanese come Angelo Caloia. Ma anche in questi anni l’ombra di altri movimenti sospetti, da una parte della maxitangente Enimont - accertò la magistratura milanese - a operazioni che coinvolgevano la Banca della Svizzera italiana gestita da Giampiero Fiorani. Ora, dopo un ventennio, oneri e onori passano a Gotti Tedeschi.