Cristina Taglietti, Corriere della sera 23/09/2009, 23 settembre 2009
«PUNTAMMO SULLA TAMARO BOCCIATA 26 VOLTE»
Grandi successi finiti sulle scrivanie sbagliate, intuizioni geniali, gratitudine e tradimenti. Piccoli e medi editori incappano spesso nel caso editoriale, altrettanto spesso se lo vedono scippare, quando diventa un successo.
Cesare De Michelis, patron della Marsilio, di casi ne ha visti tanti, ma, dice, «molti dei successi dei piccoli editori nascono dal fatto che gli altri, magari più grandi, li hanno rifiutati». Il motivo? «Diciamo che il bisogno aguzza l’ingegno. I grandi hanno molte più offerte, sui nostri tavoli arrivano meno libri e noi dobbiamo spesso andarci a cercare il titolo che può fare la differenza». De Michelis fa due esempi: «Sergio Maldini che con La casa a Nord-Est vinse il Campiello dopo che tutti i grandi lo avevano bocciato e Susanna Tamaro che esordì da noi con La testa tra le nuvole . Lei stessa ha raccontato più volte i 26 rifiuti incassati». Diverso il caso di Margaret Mazzantini. «Che io sappia fummo i primi ad avere tra le mani il suo romanzo d’esordio, Il catino di zinco , finalista al Campiello nel ”94 e decidemmo subito di pubblicarlo». Tamaro e Mazzantini però da Marsilio sono volate altrove. «Diciamo che gli autori, a volte legittimamente, a volte con eccessiva spregiudicatezza, sciolgono i contratti. D’altronde, finiscono i matrimoni, figuriamoci i rapporti editoriali. Ormai sono così vecchio che ho visto di tutto, anche quelli che se ne sono andati per poi tornare. Così come mi hanno strappato decine di autori per poi pentirsene ».
Comunque non sempre i rifiuti per De Michelis sono frutto di errori di valutazione. «A volte semplicemente nell’economia della casa editrice, della collana, nel bilancio di quell’anno non c’è posto per quel libro. Altre volte si perdono perché ci si mette troppo a decidere». Come nel caso di Rossovermiglio , il romanzo con cui Benedetta Cibrario ha vinto il Campiello 2008. «Lo avevamo letto suggerendo qualche modifica che l’autrice aveva accolto. Poi però, per vari motivi, le cose sono andate per le lunghe e quando la chiamai per dirle che lo pubblicavamo mi disse che aveva già firmato con Feltrinelli. Non riuscimmo a concludere nemmeno con Tabucchi, per Piazza d’Italia , ma era un libro difficile, sperimentale. Andai da lui a Siena, discutemmo l’ipotesi di qualche modifica che, però, non accettò». Sul tavolo di De Michelis, è capitato anche il caso degli ultimi anni, la trilogia di Stieg Larsson, vera e propria gallina dalle uova d’oro. «Su quello non abbiamo mai avuto dubbi. Credo che siamo stati se non i primi, forse i secondi, a leggerlo. Anche perché pubblicavamo i thriller nordici, quindi avevamo i contatti giusti».