Danilo Taino, Corriere della Sera, 22/09/09, 22 settembre 2009
Germania, il jolly in mano alla Merkel - C’è un problema nell’Est della Germania, dice Gregor Gysi, il leader, assieme a Oskar Lafontaine, della Linke, il partito tedesco a sinistra dei socialdemocratici
Germania, il jolly in mano alla Merkel - C’è un problema nell’Est della Germania, dice Gregor Gysi, il leader, assieme a Oskar Lafontaine, della Linke, il partito tedesco a sinistra dei socialdemocratici. Ed è che è discriminata, lasciata indietro vent’anni dopo la caduta del Muro. Comizio elettorale a Köpenick, cittadina ex Ddr ormai parte della Grande Berlino, casermoni staliniani, birra, orchestrina jazz: una regione dove gli eredi del partito comunista della Germania Est arrivano facilmente sopra il 25% dei voti. «Più della metà dei soldati tedeschi in Afghanistan – riassume Gysi – viene dall’Est (nonostante la popolazione sia tre volte inferiore a quella dell’Ovest, ndr ): perché la disoccupazione che spinge verso l’esercito è qui».

 Sono questi – quelli della Linke – i momenti forti, polemici e di contenuto della campagna elettorale tedesca. Il resto è Tavor, la tornata elettorale più sonnolenta della storia della Germania. Ciò nonostante, per la delusione di Gysi e Lafontaine che sono fuori dai giochi, domenica prossima ci sarà un finale con suspense. Beh, una certa suspense: pochi infatti pensano che Angela Merkel possa essere sloggiata dalla cancelleria dal suo avversario socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier. Il dubbio riguarda il partito con il quale la sua Unione Cdu-Csu si alleerà. Ogni risultato sarà una sorpresa, più o meno grande. Inoltre, sullo sfondo c’è un jolly elettorale che potrebbe provocare scontri accesi. 

I sondaggi indicano che la Spd è in rimonta sull’Unione: ieri era salita al 26% contro il 36% del partito della cancelliera. Troppo tardi, quasi certamente, per insidiare la posizione di primo partito tedesco. Frau Merkel potrà dunque rivendicare il diritto di rimanere seduta sulla sua poltrona. L’alleato che vorrebbe è l’Fdp, i liberali di Guido Westerwelle che al momento viaggiano sul 12-13% nei sondaggi e che hanno formalmente escluso ogni alleanza con l’Spd. Se, assieme, avranno i numeri, governeranno in modo diverso dalla Grosse Koalition (Unione e Spd) al potere negli ultimi quattro anni: un po’ meno tasse, niente salario minimo generalizzato, parziale rilancio del nucleare, pochi dubbi sulla permanenza in Afghanistan. Dopo 11 anni, la Spd sarà fuori dal governo. Cambierà molto. 

Una maggioranza netta per cristiano-democratici e liberali non è però scontata. Se mancasse, la signora Merkel sarebbe costretta a scegliere. Continuare la Grande Coalizione con la Spd, soluzione che le garantirebbe il potere ma la vedrebbe indebolita nel partito e anche nel governo. Oppure, se trovasse le volontà politiche, tentare una maggioranza tra la sua Unione, i liberali e i Verdi: soluzione difficile (ma non impossibile) a causa delle differenze tra Fdp e Grünen. In ambedue i casi le trattative su programma e organigramma di governo potrebbero durare qualche mese.

Angela Merkel ha però in mano un jolly. Secondo calcoli effettuati dai tecnici elettorali, il settimanale Der Spiegel sostiene che l’Unione avrà in parlamento venti seggi in più rispetto a quelli che le spetterebbero sulla base delle percentuali che otterrà. Ciò grazie agli berhangsmandate, i seggi in eccesso rispetto a quelli proporzionali che un partito conquista quando in un collegio elegge direttamente un suo candidato. Potrebbe insomma formare un’alleanza con i liberali anche se assieme non raggiungessero la maggioranza aritmetica.

 C’è però un problema. La Corte Costituzionale ha stabilito che gli berhangsmandate sono incostituzionali e quindi vanno cancellati, entro il 2011. Spd e Verdi hanno già ammonito Frau Merkel: l’uso di seggi in eccesso per formare una maggioranza con i liberali sarebbe «illegittimo» e porterebbe a uno scontro duro. In altre parole, la campagna elettorale Tavor potrebbe essere seguita da qualche dose di anfetamine. Non quelle di Gysi e Lafontaine, però: unici, al momento, esclusi da ogni ipotesi di governo.