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 2008  settembre 07 Domenica calendario

la Repubblica, domenica 7 settembre Nove anni fa il Pakistan preferì un dittatore integerrimo, Musharraf, ad una classe politica corrotta

la Repubblica, domenica 7 settembre Nove anni fa il Pakistan preferì un dittatore integerrimo, Musharraf, ad una classe politica corrotta. Ieri ha salutato con entusiasmo l´elezione a presidente di un politico un tempo noto come "mister 10%". Un leader però forse in grado di rimettere in movimento un Paese paralizzato dai grovigli istituzionali in cui l´aveva avviluppato il dittatore dalle tasche (quasi) vuote. Non è raro che i movimenti pendolari della storia riabilitino il democratico corrotto e dannino l´incorruttibile che si è dimostrato troppo autoritario. Ma dieci anni fa nessuno avrebbe mai scommesso che il Pakistan sarebbe tornato ad affidarsi ad un rappresentante della famiglia Bhutto, tanto l´avevano screditata sia gli insuccessi collezionati da Benazir durante il suo ultimo governo sia le tangenti sistematiche sulle commesse pubbliche a quanto si diceva praticate dal marito, appunto il "signor dieci per cento". Che quest´ultimo sia da ieri il nuovo presidente del Pakistan suona come una di quelle vendette postume che talvolta chiudono un dramma classico. Temendo la popolarità di Benazir, e soprattutto l´appoggio che le garantiva Washington, in dicembre il generalissimo Musharraf aveva cercato di limitarne la campagna elettorale negandole una protezione adeguata. Pur sapendo quanto rischiava, la Bhutto non aveva rinunciato ai suoi bagni di folla, ed era stata assassinata dal fondamentalismo pakistano. Ora il suo vedovo, dopo aver costretto Musharraf alle dimissioni, ne prende il posto, in un´apoteosi di Nemesi. Malgrado le suggestioni offerte da una vicenda così letteraria, la realtà appare più desolante: tornando sui propri passi, e cioè di nuovo ai Bhutto, il Pakistan confessa un´incapacità nel ricambio della classe politica che è il sintomo di un marasma generale. Inoltre "mister dieci per cento" è ancora vulnerabile ad iniziative giudiziarie, e questa situazione all´italiana potrebbe esporre il Paese a pericolosi conflitti istituzionali tra la presidenza e la magistratura. Infine, e soprattutto: un uomo dal passato così discutibile probabilmente non è il leader più idoneo per riconquistare alla democrazia la casta militare pakistana, soprattutto quei segmenti da molto tempo abituati a muoversi in totale autonomia. In teoria il presidente è anche il capo delle forze armate: ma riuscirà davvero ad assumerne l´effettivo controllo? La questione è vitale tanto per il Pakistan quanto per l´Afghanistan. Di fatto Islamabad non è più in grado di esercitare un´effettiva sovranità su larghe fasce del confine con il vicino Afghanistan, ormai controllate dai Taliban. Quelle regione frontaliere hanno un´importanza strategica rilevantissima per le bande di Taliban che fanno guerra alla Nato, innanzitutto perché lì essi organizzano concretamente le relazioni con l´ultra-fondamentalismo pakistano, al-Qaeda, gli sponsor esteri di al-Qaeda e settori militari pakistani, in particolare dipartimenti del potentissimo servizio segreto, l´Isi, e unità dei corpi militari e paramiliatri disseminati lungo la frontiera. In altre parole Islamabad non riuscirà a riprendere il controllo di quella parte del Pakistan se prima non riprenderà il controllo di tutti gli apparati a cui affida la propria sicurezza. Che si tratti di un´impresa ardua l´ha confermato una schermaglia occorsa all´inizio dell´estate: anche su pressione americana, il governo ha cercato di portare l´Isi sotto il comando del ministero dell´Interno, ma è stato costretto a rinunciare dalla reazione piccata dello stato maggiore. Nondimeno, esiste almeno un motivo di ottimismo: sia perché viene da un passato discusso, sia perché adesso ha sulle spalle l´onore dei Bhutto, il nuovo capo dello Stato ha motivi stringenti per mostrarsi non solo inattaccabile sul piano morale, ma anche intransigente (molto più di quanto lo fosse Musharraf) nei confronti dei Taliban pakistani, gli assassini di sua moglie. Il momento è propizio a reagire, la società pakistana ormai ha capito quale rischio rappresentino per la nazione i forsennati amici di al-Qaeda. Ma al presidente occorrerà ugualmente l´aiuto e la comprensione degli occidentali. Per esempio, che gli americani non lo mettano subito in difficoltà con nuove azioni militari contro i Taliban in territorio pakistano. Ma su questo argomento il Pentagono pare piuttosto sordo. Guido Rampoldi