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 2008  settembre 05 Venerdì calendario

Corriere della Sera, venerdì 5 settembre MILANO - Il Pincio di Milano si chiama Paolo Glisenti. Spacca e divide più della colata di cemento nel cuore della Capitale

Corriere della Sera, venerdì 5 settembre MILANO - Il Pincio di Milano si chiama Paolo Glisenti. Spacca e divide più della colata di cemento nel cuore della Capitale. Tutta colpa (o merito) dell’Expo. Il sindaco Letizia Moratti lo vuole a tutti i costi al comando della società che gestirà la grande Esposizione del 2015. A dispetto dei santi e dei fanti, leggi Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e gran parte di Forza Italia e An. Proprio ieri, in un’intervista alla Stampa, il sindaco non ha esitato ad attaccare il premier sul piano Alitalia pur di difendere il ruolo centrale di Glisenti nell’Expo: « l’uomo giusto al posto giusto». Ma è anche l’ostacolo che sta bloccando da cinque mesi il decreto della presidenza del Consiglio su Expo. Per tutta risposta e in tempo reale, la Moratti si è ritrovata un editoriale su il Giornale della famiglia Berlusconi che la esorta a «uscire dal tunnel». L’«uomo giusto» della Moratti ha 57 anni, è romano, sposato in seconde nozze con l’attrice Eliana Miglio e braccio destro di Letizia Moratti fin dalla presidenza della Rai. Giornalista, manager dal piglio decisionista, è stato tra i protagonisti indiscussi della vittoria dell’Expo. A Milano (che non ama molto) si è fatto subito molti nemici. Modi sbrigativi e spicci. Celebre la frase con cui liquidò le aspirazioni assessorili di un consigliere: «Nella vita non c’è solo il mestiere d’assessore. E ora scusi, ho un impegno, arrivederci ». Diventato sempre più forte, chiacchierato per un contratto da 900 euro al giorno a Palazzo Marino, Glisenti si trasforma nell’uomo Expo. La Moratti lo ha indicato fin dall’inizio come candidato indiscutibile alla carica di amministratore unico. Ed è subito guerra: con le altre istituzioni, con i soggetti privati e le fondazioni coinvolte nella vicenda. Troppi, questi poteri, nelle mani di uno solo. Roma non si preoccupa più di tanto del carattere spigoloso di Glisenti. Quanto dell’accentramento dei poteri. Per di più affidati ad un uomo di non stretta osservanza berlusconiana: di Glisenti si ricordano le amicizie radical chic di Capalbio, la frequentazione con Luca Cordero di Montezemolo (con cui ha lavorato a lungo) si ricorda suo padre, Giuseppe Glisenti, ai vertici dell’Iri, gran democristiano, vicino alla nomenclatura dc. Detto in sintesi: non è un uomo di fiducia del centrodestra. Eccolo, il Pincio di Milano. Amato ed odiato con pari intensità. «L’aspetto preminente di Paolo – attacca il letterato e francesista Giuseppe Scaraffia – è l’energia. Riesce a essere se stesso e di ottimo umore solo quando lavora tantissimo. Una volta, in barca, è stato dalle 7 fino a mezzanotte al telefono con la Moratti. In più è uno che sa fare squadra, ed è molto attento alle esigenze delle persone che lavorano con lui. L’unica che riesce a fermarlo qualche secondo è sua moglie Eliana che gli consiglia un libro, un film, un concerto...». Barca e mare fanno pensare a Capalbio. Ma non sarà proprio questo a destare sospetti nel centrodestra? «Paolo - continua Scaraffia - l’ho sempre visto come una persona indipendente e di buon senso. E in Italia questo si traduce subito in un’etichetta di destra o di sinistra. Ma lui non segue gli schieramenti». Visione diametralmente opposta a quella di Vittorio Sgarbi: «Glisenti è un sopravvalutato, è il vero mistero della Moratti. Quello che mi ha offeso e che ancora non mi spiego è perché il sindaco, avendo a disposizione me, che sono un Expo vivente, abbia scelto lui, che è l’immagine della depressione, l’elaborazione intellettuale del nulla». Sgarbi è l’unico dei politici che hanno lavorato con Glisenti a non limitarsi a critiche off records: «Chi è Glisenti? Che cosa ha lasciato al Mondo? Che cosa ha scritto, detto o fatto di importante? La difesa continua, con una tenacia quasi puerile, di questo insignificante è la prova dell’inadeguatezza della Moratti rispetto alla città e al suo ruolo». A Capalbio, Glisenti prende il sole anche con Chicco Testa: « una persona colta, ha scritto un libro sull’Europa niente male, ha un curriculum di prim’ordine. Credo paghi le colpe del fatto che la Moratti ha dato un impronta un po’ manageriale e decisionista al suo mandato. Quando uno fa, decide, è uomo d’ordine, inevitabilmente si attira le antipatie dei partiti, dei politici e dei poteri, perché la politica non sopporta la disciplina della decisione razionale». Perplesso Nando Dalla Chiesa: «Non conosco e non giudico l’uomo. Di certo quando si dice che le persone contano più delle leggi, c’è un fondo di verità se si guarda questa vicenda». Il sociologo parla di una «evidente anomalia »: il fatto che «una persona non eletta e non scelta abbia così tanto potere da diventare motivo di un conflitto dichiarato addirittura con il Governo. Questa anomalia si carica di implicazioni politiche enormi ». Tra gli amici di Glisenti, «non ricordo neppure da quando, direi da sempre», c’è Jas Gawronski, che vede così la faccenda Expo: «Credo sia utile concentrare il potere organizzativo in una persona, se questa è effettivamente capace. E credo che Paolo Glisenti abbia già dimostrato le sue capacità». «Sì - replica il sociologo Guido Martinotti - ma indipendentemente dalla capacità di Glisenti, per un incarico così importante e con così tanto potere bisogna cercare prima il consenso. E poi Milano non è come Torino dove comandano in 4. A Milano ci sono pesi e contrappesi, un pluralismo di forze. Per governare una città come questa bisogna avere la capacità di creare consenso e non di imporre». Maurizio Giannattasio Elisabetta Soglio