Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  agosto 03 Domenica calendario

Prezzi alti? Colpa dell’iceberg. Il Sole 24 Ore 3 agosto 2008  possibile che l’immagine televisiva, che abbiamo visto tutti, della calotta glaciale della Groenlandia che precipita sgretolandosi nell’oceano a causa del riscaldamento globale sia in qualche modo parzialmente responsabile – indirettamente e psicologicamente – del prezzo elevato del petrolio e di altre materie prime? La spiegazione corrente dell’odierna fase di scarsità e prezzi alti mette al centro la crescita esplosiva dei Paesi emergenti, in particolare la Cina e l’India, con la loro domanda "insaziabile" di risorse scarse

Prezzi alti? Colpa dell’iceberg. Il Sole 24 Ore 3 agosto 2008  possibile che l’immagine televisiva, che abbiamo visto tutti, della calotta glaciale della Groenlandia che precipita sgretolandosi nell’oceano a causa del riscaldamento globale sia in qualche modo parzialmente responsabile – indirettamente e psicologicamente – del prezzo elevato del petrolio e di altre materie prime? La spiegazione corrente dell’odierna fase di scarsità e prezzi alti mette al centro la crescita esplosiva dei Paesi emergenti, in particolare la Cina e l’India, con la loro domanda "insaziabile" di risorse scarse. Ma nei mercati speculativi conta anche la psicologia, e forse quell’immagine del ghiaccio groenlandese che sparisce fa sembrare fin troppo plausibile l’idea che anche tutto il resto – terra, acqua, perfino l’aria pulita – si stia per esaurire. Prendiamo un tipico caso di studio, l’ultimo ciclo generalizzato di espansione-depressione nei prezzi delle materie prime. Quel ciclo provocò un generale aumento dei prezzi da un momento imprecisato degli anni 60 fino agli anni 80, seguito da un generale calo degli stessi fino a metà degli anni 90. Forse le immagini pesarono quanto la sostanza allora. La spiegazione convenzionale sulla ragione "di fondo" di quel ciclo è collegata agli eventi politici. La crisi petrolifera del 1973-1974 è attribuita alla riduzione dell’offerta di petrolio seguita alla Guerra del Kippur tra arabi e israeliani. La crisi petrolifera del 1979-1981 è attribuita alla riduzione dell’offerta di petrolio seguita alla Rivoluzione iraniana e alla guerra tra Iran e Iraq. Il calo del prezzo del greggio dopo la metà degli anni 80 è attribuito allo sfaldamento del cartello petrolifero costituito dall’Opec. Alcuni economisti, però, sono del parere che quegli eventi non bastino a spiegare per intero il fenomeno. Che vi siano stati bruschi movimenti del prezzo del petrolio in corrispondenza a questi eventi è indubbio, ma forse vi furono altri fattori, ancora più importanti, che influenzarono le tendenze generali del prezzo del greggio. D’altronde, quegli eventi non spiegano realmente perché anche le altre materie prime abbiano spesso seguito la tendenza al rialzo del prezzo del petrolio. Forse più di quelle guerre contò il fatto che la gente in tutto il mondo cominciasse a preoccuparsi che le cose potessero esaurirsi. Quella fu l’epoca della "grande paura demografica", che trasformò il modo di pensare a livello planetario e contribuì indubbiamente, fintanto che durò la paura, a spingere in alto i prezzi delle materie prime. A quanto sembra, questa paura non era del tutto infondata. Il tasso di incremento della popolazione mondiale crebbe dall’1,8% nel 1951 al 2,1% nel 1971. Ma quelle erano solo aride statistiche: probabilmente contarono di più le immagini. Nel 1948, l’astronomo Fred Hoyle disse: «Quando sarà disponibile una fotografia della Terra scattata dall’esterno, quando diventerà evidente che non siamo altro che un pianeta isolato, si diffonderà un’idea forte come nessun’altra nella storia». Una generazione dopo, la sua profezia si dimostrò corretta. La prima foto della Terra scattata dallo spazio arrivò in una missione compiuta nel quadro del progetto Apollo, nel novembre del 1967. Uno degli astronauti dell’Apollo, James B. Irwin, che atterrò sulla Luna nel 1971, descrisse così la sua visione della Terra: «Era così lontana, una pallina nell’oscurità dello spazio. qualcosa che lascia il segno nel tuo animo. Siamo tornati tutti indietro filantropi. Abbiamo visto quanto sia fragile, e nonostante questo quanto sia bello, il nostro pianeta. Abbiamo visto che dobbiamo imparare a lavorare insieme, ad amarci l’un l’altro». Non sono parole da sottovalutare. Quell’immagine della Terra dallo spazio ebbe un impatto psicologico profondo, e tutti noi la vedemmo. Forse quell’immagine spiega almeno in parte perché la gente negli anni 70 iniziò a preoccuparsi così tanto della possibilità che l’aumento della popolazione potesse portare a un esaurimento delle risorse. Il monumentale Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma fu pubblicato nel 1972, con in copertina un’immagine della Terra. Quel testo, scritto da un gruppo di scienziati, paventava disastrose penurie e carestie di massa a causa della pressione demografica. Anche se dal mondo scientifico arrivarono critiche nei confronti del metodo usato dal Club di Roma, l’opinione pubblica era disposta a credere a questa cupa predizione. La grande paura demografica produsse diverse iniziative per il controllo delle nascite in tutto il mondo, prima fra tutte la "politica del figlio unico" introdotta in Cina nel 1979. Grazie in parte a questi sforzi, e anche a un cambiamento dei valori della famiglia, il tasso di crescita della popolazione mondiale iniziò un lungo declino, fino all’1,1% del 2005. Questo declino graduale fece sì che il tema dei limiti dello sviluppo perdesse gradualmente d’importanza. E scesero anche i prezzi delle materie prime. Oggi, la crescita della popolazione mondiale continua a non rappresentare una preoccupazione per la stragrande maggioranza di noi. Ma negli ultimi dieci anni o giù di lì abbiamo cominciato a preoccuparci di altro: la rapida crescita economica del pianeta. E se pensate che nessuna immagine, nell’ultimo decennio, abbia la stessa spettacolarità della prima foto della Terra scattata dallo spazio, ricredetevi. Provate per esempio a cercare su YouTube il ghiaccio della Groenlandia. Più in generale, la Rete conferisce un senso di vastità all’attività economica mondiale che prima non esisteva. La capacità di comunicare via e-mail con chiunque nel mondo crea la sensazione di un mondo piccolo rispetto all’abbondanza di persone che lo popolano. Abbiamo visto foto di uragani e tifoni in attività a causa del riscaldamento globale, che colpiscono esseri umani nella Louisiana e nel Myanmar. Abbiamo visto la devastazione provocata dallo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano, interpretata come un segnale di sovrappopolamento delle aree costiere. Nel 2000, per la prima volta, il Polo Nord si è trasformato in un lago; vediamo foto dall’alto del Mar d’Aral che si prosciuga; ormai è praticamente impossibile acquistare caviale del Mar Caspio; l’Agenzia spaziale europea nel settembre 2007 ha annunciato che le foto del satellite mostravano che il Passaggio a Nordovest per la prima volta nella storia appariva sgombro dai ghiacci, e che il Passaggio a Nordest era quasi sgombro. Con tante eclatanti immagini di un pianeta sempre più piccolo e sofferente c’è davvero da stupirsi che la psicologia umana sia matura per un prezzo elevato delle materie prime? Robert J. Shiller Nato nel 1946, Robert J. Shiller è professore di Economia all’Università di Yale. anche capo economista alla società di consulenza MacroMarkets Llc. Tra le sue numerose pubblicazioni, L’esuberanza irrazionale (il Mulino, 2000) sul tema delle bolle speculative nei mercati azionari e immobiliari e Il nuovo ordine finanziario (Il Sole-24 Ore, 2003) sul ruolo della finanza nel nostro futuro.