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 2008  luglio 31 Giovedì calendario

Bossi jr promosso da papà. Panorama 31 luglio 2008 Per Renzo Bossi gli esami non finiscono mai. C’è anche chi lo ha bocciato, come ha fatto L’Unità, per «l’espressione strafottente» con la quale si sarebbe presentato alla commissione che lo ha respinto alla maturità scientifica

Bossi jr promosso da papà. Panorama 31 luglio 2008 Per Renzo Bossi gli esami non finiscono mai. C’è anche chi lo ha bocciato, come ha fatto L’Unità, per «l’espressione strafottente» con la quale si sarebbe presentato alla commissione che lo ha respinto alla maturità scientifica. Piombato sotto i riflettori, dopo che suo padre, il Senatùr, si è scagliato contro gli insegnanti del Sud che lo avrebbero «bastonato» per avere presentato una tesi sul federalista Carlo Cattaneo. Il ragazzo ricciuto, bollato come strafottente, vent’anni a settembre, è però sempre lo stesso che con i giovani padani va ad attaccare manifesti. Monta e smonta gazebo, fa volantinaggi per il Tibet davanti alle scuole. Prende ordini dai dirigenti del movimento giovanile leghista di Varese. Quello che a Vicenza al «parlamento» del Nord si siede in disparte e scrive appunti. Uno che sua madre Manuela Marrone ha abituato a lavarsi e a stirarsi le camicie. Un giovanotto di buone maniere che, galante, fa il baciamano alle signore leghiste. Sulle quali esercita un suo fascino: «Sembra suo padre da giovane». Quello che somigliava a Don Backy. La prova del fuoco, un esame questa volta politico, per lui c’è stata nel marzo 2005, quando il Senatùr lo volle accanto a sé affacciato dalla casa di Cattaneo a Lugano, per la sua prima uscita pubblica dopo la malattia. Guardò, quasi stupito, il padre quando gli chiese di prendere la parola. «Padania libera!» esclamò il ragazzo, mandando in visibilio il popolo in camicia verde. Tutti interpretarono quel gesto di Bossi come un’investitura del figlio a suo successore. Ma in realtà il Senatùr non ha mai detto con nettezza che dopo di lui verrà Renzo. Ha sempre giocato sull’allusione, da istrione della comunicazione qual è. A Panorama, nel 2006, annunciò che dopo di lui sarebbero venuti i giovani, con conseguente trambusto fra i colonnelli cinquantenni allora ritenuti in pole position per la successione. Il leader del Carroccio non aveva ancora vinto la sua scommessa contro la malattia. Nella Lega circola un consiglio per decodificare il Bossi pensiero: non guardare mai dove il capo butta la bomba, piuttosto dove con quella bomba vuole deviare il fiume. Dunque Bossi con quelle uscite spiazzanti voleva dire: qui comando sempre io e ancora a lungo. Tanto più che non era ipotizzabile che la leadership l’assumesse suo figlio, allora un ragazzino diciassettenne.  soprattutto alla vigilia degli appuntamenti cruciali che il Senatùr gioca l’eterna tecnica di tenere i suoi sulla corda, sfidando eventuali e mai nominati oppositori interni a venire avanti. Lo ha rifatto a giugno a Pontida, quando ha ribadito che il successore di Umberto Bossi è lui medesimo. Aggiungendo: comunque «la mia famiglia sarà sempre al servizio della Lega». Come un’investitura è suonato anche il proposito di mandare in settembre il figlio al suo posto sul Monviso a raccogliere nell’ampolla l’acqua del Po. Renzo ci andrà, ma in realtà ci sarà sempre anche Umberto. C’è chi fa notare che per queste uscite sono stati scelti non a caso i giorni precedenti il congresso della Liga veneta. Al quale Bossi avrebbe così voluto mandare il seguente messaggio: qui gli uomini li scelgo sempre io. Quello veneto, infatti, non si presentava come un congresso semplice. Sotto traccia si stava formando qualche frangia d’opposizione al candidato di Bossi, Gianpaolo Gobbo, che poi ha invece vinto per acclamazione. Da «uno partito da zero, che ha fatto la Lega dal nulla» sarebbe naturale aspettarsi che sogni di far restare il partito in mano a un Bossi. Ma bisognerà attendere per vedere se ha deciso veramente che Renzo diventi suo erede. Perché prima lo metterà alla prova, senza alcun privilegio. Il ragazzo da un paio di anni lo segue spesso ai raduni leghisti. Più volte lo ha accompagnato sul palco e ha parlato dopo di lui. Ma al momento il suo unico incarico è quello di team manager della «nazionale» padana. Renzo parla un buon inglese studiato in Irlanda, paese di cui ama la musica e il cantante Bono Vox degli U2. Come il padre preferisce i libri di storia. Soprattutto quelli dove c’è una rivisitazione critica di Giuseppe Garibaldi. Legge anche saggi di attualità politica come Il Nord e la Padania. L’Italia delle regioni di Roberto Mainardi. Recentemente ha debuttato nella scrittura con un articolo sull’indipendentista valdostano Bruno Salvadori per la rivista di Mario Borghezio Idee per l’Europa dei popoli. Suona il pianoforte: canzonette, ma anche la colonna sonora di La leggenda del pianista sull’oceano. Nel castello in Lapponia dove erano ospiti il Senatùr gli ha chiesto: Renzo, suona qualcosa. Peccato che il pianoforte fosse in restauro. Dicono che abbia la battuta pronta. La sua pagina sul social network Facebook registra più di 2 mila amici. «Ciao, sono Renzo» così si presenta a Radio Padania nella rubrica sportiva «Campari col bianco». Pratica la boxe. Sarà lui il vero erede alla guida della Lega? In questo caso Renzo avrebbe a che fare con un esaminatore molto più esigente di quelli che lo hanno bocciato alla maturità: suo padre. «Uno che ti mette sempre alla prova, che prima ti fa mangiare molta polvere. E non fa eccezioni» dicono nella Lega. Intanto un Bossi successore c’è già. Si chiama sempre Umberto. PAOLA SACCHI