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 2008  luglio 09 Mercoledì calendario

Sì alle donne vescovo. La Stampa 9 luglio 2008 Alcuni vescovi si sono messi a piangere e lo stesso arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha stretto sconsolato la testa fra le mani quando l’assemblea del Sinodo Generale della Chiesa Anglicana, riunita a York, ha votato per la consacrazione delle donne a vescovo

Sì alle donne vescovo. La Stampa 9 luglio 2008 Alcuni vescovi si sono messi a piangere e lo stesso arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha stretto sconsolato la testa fra le mani quando l’assemblea del Sinodo Generale della Chiesa Anglicana, riunita a York, ha votato per la consacrazione delle donne a vescovo. Ci vorrà tempo per approvarla definitivamente (non prima del 2012), e forse ci sarà spazio per nuove mediazioni, ma il voto ha messo la più lacerata Chiesa del mondo su uno scivoloso piano inclinato, che rischia di determinare una nuova drammatica scissione e di compromettere per lungo tempo il dialogo con la Chiesa Cattolica. Circa 1300 sacerdoti e una decina di vescovi hanno già annunciato l’intenzione di abbandonare le loro diocesi e forse di riunirsi al gruppo conservatore dissidente che si è formato il 29 giugno a Gerusalemme, condannando il «secolarismo militante» e il «declino spirituale» della Chiesa di Canterbury. Il fuoco covava sotto la cenere fin dal 2 novembre 2003, quando la chiesa episcopale anglicana del New Hampshire, negli Usa, aveva consacrato un vescovo gay, Gene Robinson, divorziato e padre di famiglia. Williams non l’aveva contestato, e gli è costato la ribellione di intere «province» dell’Africa, dell’Australia, dell’America Latina e dell’Asia. La notizia, di qualche settimana fa, che Robinson si è sposato col suo compagno, ha fatto esplodere la contestazione. Anche se affermano di non volere uno scisma, ma solo creare una «chiesa dentro la chiesa» i 300 dissidenti di Gerusalemme (che rappresentano 35 milioni di anglicani su 77) non parteciperanno alla conferenza di Lambeth, perché non riconoscono più l’autorità del vescovo di Canterbury. Già nel 1994, quando la Chiesa Anglicana votò per l’ordinazione delle donne prete, alcune centinaia di sacerdoti la abbandonarono in favore di Roma e il voto di York sembra confermare l’impossibilità di un percorso comune tra liberali e conservatori. Williams non era contrario alle donne vescovo, ma avrebbe preferito un compromesso con la creazione di «supervescovi» che si occupassero delle parrocchie che rifiutavano le donne. Ma la sua mediazione, tesa proprio ad evitare uno scisma, è stata respinta. Probabilmente, aveva ragione il cardinale Walter Kasper, responsabile del Consiglio vaticano per l’Unità dei Cristiani, quando affermava che la Chiesa d’Inghilterra avrebbe dovuto prima o poi decidere se essere cattolica o protestante. Il voto di York sembra aver deciso per la seconda opzione. All’interno degli Anglicani convivono e si scontrano da sempre anime diverse: gli «anglo cattolici» che praticano un culto molto simile a quello romano, i neo-liberali vicini al calvinismo, gli evangelici, i pentecostali, i carismatici. Il governatore supremo delle diocesi inglesi, sulle quali il papa non ha potere, è il re o la regina fin dai tempi di Enrico VIII, che provocò la scissione nel 1533 per una banale questione di donne e soldi: voleva divorziare da Caterina, sposare Anna Bolena e incassare le decime. Ma da allora l’identità della chiesa anglicana è sempre stata un po’ incerta: la regina Maria la riportò nel 1556 nell’alveo cattolico facendo massacrare quelli che non erano d’accordo. Elisabetta I, nemica del papa e di ogni autorità che non fosse la sua, ripristinò la supremazia della corona e preparò le condizioni per le influenze calviniste che si sarebbero presto diffuse. Benedetto XVI aveva tra gli obiettivi del suo pontificato anche la fine dello scisma tra cattolici e anglicani sul quale lavorava con pazienza. Ma, come sottolineava ieri una nota del Vaticano, la decisione di consacrare donne vescovo rappresenta «uno strappo alla tradizione apostolica ed è perciò un ulteriore ostacolo per la riconciliazione». E l’Osservatore Romano ipotizza che alcuni anglicani «possano trovare la soluzione ai loro problemi spirituali con un’adesione alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni cristiane». Vittorio Sabadin