Vittorio Feltri, Libero 9/5/2008;, 9 maggio 2008
Feltri, il gatto nero, Figo e Lombardo. Libero, venerdì 9 maggio Vi racconto una storia che sembra una favola (triste) e invece è accaduta davvero
Feltri, il gatto nero, Figo e Lombardo. Libero, venerdì 9 maggio Vi racconto una storia che sembra una favola (triste) e invece è accaduta davvero. C’era una volta un bellissimo gatto nero. Viveva ad Appiano Gentile. Gli piaceva sdraiarsi sull’erba dei prati frequentati dai calciatori dell’Inter in allenamento. Loro giocavano, lui prendeva il sole e di tanto in tanto osservava con distacco felino quei matti in braghette che rincorrevano il pallone. Non aveva mai fatto del male a nessuno. Dormicchiava, sbadigliava, con la zampetta lavava il mantello nero. I suoi guai sono cominciati quando qualcuno lo ha notato ai bordi del campo: oddio un gatto nero! Siamo nel Terzo Millennio, le streghe sono state tutte bruciate alcuni secoli fa, ma esistono ancora degli imbecilli capaci di credere negli effetti malefici di un micetto scuro. E il nostro micetto scuro come il buio e dolce come il miele è stato preso di mira da un paio di calciatori: ecco, è lui l’untore, ci porta sfiga. Il povero gatto non ha più avuto pace. Veniva scacciato. Lo inseguivano forse per rifilargli una pedata al posto del pallone. Finchè un giorno, un attaccante di nome Figo, un portoghese che non segnava un gol dalla presa di Troia, lo ha schiacciato con la jeep. Oh, eliminato lo iettatore! Però, che campione dii intelligenza, quel Figo. Il quale, la domenica dopo, viene utilizzato da Mancini nella partita contro la Juve e si infortuna alla gamba… Da quel momento l’Inter ha avuto solo tribolazioni, si è mangiata gran parte del vantaggio sulla Roma. Non era il micio nero che menava sfiga, ma chi lo ha ucciso, lo sfigato Figo. Ma ecco il miracolo. Mancini ha la buona idea di portare la squadra in visita al Papa, che ama i gatti di ogni colore (non essendo un cretino, non è nemmeno superstizioso). Benedetto XVI ha ricevuto la comitiva e, dato che il suo nome è una garanzia, l’ha benedetta. La storia si chiude qui. Auguriamo all’Inter di vincere lo scudetto e di avere imparato la lezione: i gatti neri vivi portano buono, i gatti neri ammazzati con crudeltà sporcano la coscienza degli stolti. E gli stolti sono perdenti. Speriamo che il Papa ”gatolico” abbia sistemato le cose. In ogni caso, se Figo mi attraversa la strada, mi tocco. Vittorio Feltri **** il Giornale, lunedì 12 maggio 2008 Probabilmente qualcuno avrà anche fatto il figo con il gatto nero di Appiano, da qui a metterlo sotto con la macchina forse ce ne passa. Però qualcuno dice di avere testimoni, l’altro - l’interessato - nega sdegnato e il tutto finirà in tribunale. Per lo più - lo si dice in realtà tra gli addetti ai lavori - pare che sia una leggenda metropolitana, di quelle che si raccontano anche nel mondo del calcio. Solo che questa volta è finita in mano al Direttore che prova un sano piacere ad assumerle come notizia da prima pagina mettendoci la sigla sotto. Non si sa comunque come finirà, magari ha ragione lui, magari arriveranno le scuse richieste. Però, ad esempio, a proposito di leggende metropolitane eccone un altra: nel mondo del giornalismo si narra di un Direttore che un po’ di anni fa veniva visto uscire all’ora dell’intervallo per fare accurata selezione del personale. Non si sa bene dove si recasse, eppure c’era proprio chi aveva detto di essere stato testimone della cosa. Ma il tutto non è mai finito in prima pagina: era solo una leggenda, infatti. Marco Lombardo *** Libero, mercoledì 14 maggio 2008 Venerdì scorso su Libero è uscita la storia triste del gatto nero travolto (e ucciso) da un Suv ad Appiano Gentile, nello spazio dove si allena l’Inter. L’abbiamo raccontata con l’intento di sfatare la credenza popolare secondo cui i felini dal mantello scuro portano sfortuna. E nella speranza che questi animali perseguitati da secoli vengano lasciati vivere in pace. Ma costato che la superstizione è aumentata nelle menti deboli. Sarà perché domenica l’Inter ha pareggiato in casa con il Siena, mangiandosi ancora due punti di vantaggio sulla Roma, ora a una sola lunghezza dalla capolista, l’ombra sinistra della sfiga è calata sulla squadra di Mancini. E qualcuno si è affrettato a dire, sia pure scherzosamente: ecco, il gatto si sta vendicando. Prima l’incidente a Figo, il calciatore che ha investito il micio accusato di menare iella; poi la sconfitta dei nerazzurri nel derby; e adesso, a una giornata dalla fine del torneo, il 2 a 2 con il Siena già salvo dalla serie B, quindi senza grandi motivazioni. Figuriamoci cosa succederà domenica prossima quando la scudettata scenderà a Parma nella gara decisiva per entrambe le formazioni; sono in ballo il titolo italiano e la permanenza in A. Insomma, il povero micio anche da morto continua a tormentare gli animi di carta velina, a dimostrazione che la crudeltà si coniuga spesso e volentieri con la stupidità. Mi auguro di non aver involontariamente ricoperto stavolta il ruolo del prosseneta. Comunque non tutti i mali vengono per nuocere. Se è vero che il mio pezzo non ha diminuito la superstizione, è altrettanto vero che adesso chi avesse in testa di stecchire il gatto nero ci penserebbe due volte, nel timore che la bestiola morta porti più scalogna che viva. La vicenda ha suscitato clamore e difficilmente avrà un bis. E se Figo darà seguito alle sue minacce giudiziarie contro di me, sarò lieto di assistere in Tribunale a un dibattimento incentrato sui micetti color della pece, i quali, dopo aver subìto ogni sorta di sevizie, avranno la soddisfazione di un processo di giustizia. In questi giorni, pure ieri, la stampa e la tivù hanno trattato a lungo la questione felina; devo riconoscere, con garbo. Lo ha fatto anche il Giornale con la penna di Marco Lombardo, capo dei servizi sportivi, il quale mi ha dedicato un corsivo maliziosetto in cui sostiene: forse il gatto nero dell’Inter è una leggenda metropolitana. Aggiunge - ancora alla voce leggenda metropolitana – che un direttore (l’allusione è a me) del Giornale, a suo tempo, usava selezionare con cura il personale nelle pause pranzo. ”Non si sa bene dove si recasse” ma non mancano i testimoni eccetera eccetera. Cosa vuol dire Lombardo? Che io mi scopavo la gente prima di inquadrarla in redazione. Stai tranquillo Marco, quello di assumere qualcuno è un rischio che tu non correrai mai. Quanto alla mia cura nella selezione, la cosa è smentita dal fatto che ho assunto anche te. Vittorio Feltri