Il Sole 24 Ore 13 maggio 2008, Sergio A. Rossi, 13 maggio 2008
La terra nuovo business in Russia. Il Sole 24 Ore 13 maggio 2008 Nei prossimi 4-5 anni la Russia potrebbe diventare il secondo esportatore mondiale di cereali, dopo gli Stati Uniti, nel quadro di sviluppo di quella che Richard Ferguson, esperto agricolo della Nomura a Londra, definisce come «la nuova industria strategica» del Cremlino
La terra nuovo business in Russia. Il Sole 24 Ore 13 maggio 2008 Nei prossimi 4-5 anni la Russia potrebbe diventare il secondo esportatore mondiale di cereali, dopo gli Stati Uniti, nel quadro di sviluppo di quella che Richard Ferguson, esperto agricolo della Nomura a Londra, definisce come «la nuova industria strategica» del Cremlino. E contribuire, così, ad alleggerire la pressione della domanda alimentare mondiale. In effetti, nel 2007 la Russia è già risalita al quarto posto nella classifica dei grandi esportatori di grano, con oltre 14,4 milioni di tonnellate su 81,8 milioni prodotte, e un aumento del 48% sui 9,7 milioni esportati nel 2006. Ma il punto è che oggi, rispetto al 1992, con la privatizzazione agricola, i terreni coltivati in Russia si sono ridotti da 120 a 80 milioni di ettari, mentre la produzione è comunque aumentata del 22% malgrado la redditività rimanga relativamente bassa. Esiste tuttora un forte potenziale di crescita: basterebbe ripristinare almeno parte dei terreni fertili abbandonati, aumentando nello stesso tempo la redditività fino a oltre 4 tonnellate di grano per ettaro. Obiettivi raggiungibili nel giro di 4-6 anni, ma già nel 2008-2009 le previsioni del raccolto di cereali arrivano a 85-90 milioni di tonnellate, su una superficie arata in crescita quest’anno di 2,5 milioni di ettari. Pertanto si potrebbe arrivare a 16-17 milioni di tonnellate all’export, superando entro fine dicembre anche il terzo posto del Canada. La nuova agricoltura russa ha incominciato a svilupparsi seriamente soprattutto negli ultimi due anni, con una forte iniezione di capitali e macchine moderne: lo conferma il boom delle importazioni di macchine agricole, da 1,2 a 3,3 miliardi di dollari nel triennio 2005-2007, e di macchine per l’industria alimentare, aumentate nello stesso periodo da 566 milioni a 1,3 miliardi. I tassi di sviluppo produttivi sono modesti ma in netta crescita, dal 3,3 al 4,5% annuo (nel primo trimestre 2008) per la produzione agricola, e dal 5,4 al 6,5% per la produzione alimentare. Qui però occorre distinguere alcuni particolari settori che hanno incominciato a tirare negli ultimi 2-3 anni, in primo luogo quello della produzione di carne e pollame, cresciuta del 15-19% nel 2007, oppure delle conserve di frutta e verdura (+20%) nonché delle bevande (+15%). Questo non basta a diminuire sensibilmente l’attuale dipendenza dall’estero, che con 27,6 miliardi di dollari di importazioni di materie prime e prodotti agro-alimentari, e tenendo conto del ricarico tra prezzi doganali e prezzi al consumo, supera di almeno un terzo il valore netto del mercato alimentare interno. Nel frattempo il settore agricolo attira l’attenzione degli investitori con profitti dal 30 al 100%, legati all’aumento dei prezzi mondiali. Società finanziarie come Troika Dialog consigliano di investire in azioni delle nuove holding agricole, soprattutto nei più ricchi mercati regionali. Una nuova ondata di meccanizzazione è in pieno corso, non solo attraverso l’import, ma anche con l’aumento delle vendite dei produttori russi: la sola fabbrica di trattori di Kirov prevede di aumentare del 25% le vendite nel 2008. Per avere veramente successo la nuova agricoltura deve però superare alcuni vincoli, in particolare la mancanza di strade, di mezzi dedicati di trasporto nonchè di terminali logistici e portuali. Quasi il 70% dell’export di cereali passa oggi da tre terminali portuali a Novorossijsk, sul Mar Nero, di cui uno appena completato, oltre a un terminale minore a Tuapse. Navi più piccole, tra le 4-5mila tonnellate possono usufruire di altri 4-5 porti minori, ma il sovraccarico generale rimane fortissimo. Inoltre, l’odierno dazio del 40% sull’export di grano è ritenuto eccessivo dai traders, e incoraggia il contrabbando. Sergio A. Rossi