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 2008  maggio 13 Martedì calendario

E a Novara le ronde le chiedono i nomadi. La Stampa 13 maggio 2008 E’ surreale. Ha un fondo politico e un che di piccola sociologia italiana

E a Novara le ronde le chiedono i nomadi. La Stampa 13 maggio 2008 E’ surreale. Ha un fondo politico e un che di piccola sociologia italiana. Quattro imbecilli, a bordo di due scooter, nel sabato di una «notte bianca» guastata dalla pioggia lanciano delle molotov in uno dei due campi di zingari nella zona industriale di Novara, quello di quindici famiglie polacche, una sessantina di persone (nell’altro stanno i sinti italiani) e per fortuna, pur cadendo a pochi centimetri, non centrano le bombole del gas che avrebbero provocato un massacro di donne e bambini, Sand Creek dei nomadi. In questa città di 103 mila abitanti dove la Lega ha stravinto, il sindaco riconfermato dopo sette anni di governo, Massimo Giordano, ha assunto i «City Angels» per pacifiche ronde, ha polemizzato con la presidente della Regione, Mercedes Bresso, a proposito dei 150 anni dell’Unità d’Italia e ha parlato di celebrare la «disunità d’Italia». Quando posteggi l’auto credi di arrivare in una cupa Verona divampata all’improvviso in questo Piemonte propaggine di Lombardia. Invece gli zingari polacchi mostrano un po’ di cenere, qualche collo di bottiglia partito nell’esplosione e vanno in Comune: «Avete le ronde? Mandatele anche a proteggere noi». E mentre gironzoli per il campo, tra ringhi e scondinzolii di venti cani, ecco con tempismo il sindaco che arriva con assessori e consiglieri appena usciti dalla riunione del lunedì. A esprimere solidarietà, a vedere i danni, a garantire sicurezza. Quant’è lontana Verona, quanto c’è da capire. Sindaco Giordano, parliamoci chiaro: dopo sette anni a garantire sicurezza, adesso scopriamo il bisogno degli «angeli» di Mario Furlan che, se non bastonano, che fanno? Chiamano i centralini di Polizia e Carabinieri, e le pattuglie son sempre quelle. Giordano taglia corto: «E’ una prevenzione in più, un aiuto. Novara è una città tutto sommato felice rispetto ad altre. Il questore Salvatore Mulas, dal quale dipende l’ordine pubblico, in collaborazione con i carabinieri e le altre forze, garantisce una presenza sul territorio che fa invidia ai grandi centri. Nessuno lamenta carenze: aiutiamo loro nella prevenzione, segnalando, aiutando, accompagnando». D’accordo, ma troppa vigilanza non semina paura? «E’ un rischio se se ne fa propaganda». Giordano è appena uscito da un consiglio comunale dove si è chiesto di capire che cosa si intende per ordine. Ma è anche appena uscito da una spirale di informazione che unisce «disunità di Italia», molotov contro i nomadi (in realtà stanziali, stanno lì dal 2001), «angeli» a passeggio per le vie. E’ onesto quando ammette: «Brutta concomitanza». Va be’, signor sindaco, siamo nelle mani del caso? «Sì. La questione delle celebrazioni non c’entra con chi tira le molotov. Né con un’iniziativa pensata da sei mesi per avere gente preparata sulle strade pronta ad avvertire la forza pubblica». E lei riceve dieci milioni di euro degli italiani e pensa alla disunità? «Neanche per sogno. Ricevo dieci milioni di euro destinati comunque a un progetto per restaurare un antico palazzo destinato all’arte. Io ho detto che credo all’Europa, credo a un’Italia forte se federalistica, a un’Italia che si riconosce per com’è». E viene sorridente nel campo dove ti mostrano gentili roulottes, baracche, cessi da concerto rock, lanciano lamentele. Un’operazione di polizia chiamata «puranè» (per loro «sbirri») si portò via mezzo campo, destinazione tribunale e carcere. Il Capo della Squadra Mobile Alfonso Iadevaia individuò un anno fa una struttura verticistica del lato criminale. «Lavoriamo, dicono. Perché dubitarne? A parte auto, moto, oro. Iadevaia ha individuato e portato davanti ai giudici anche italiani prestanome che hanno avuto intestate fino a trecento auto ciascuno. Seduti al tavolo sotto una veranda, i polacchi raccontano la notte dei «botti». Chiedi come vivono e i più scafati stanno al gioco. Chi si infuribondisce è Sandro Kopacz, capo indiscusso, che non vive lì ma in un appartamento. L’unico prepotente, stonato rispetto a una realtà zingara che per la città è marginale. Lui guarda una collega mai vista prima e fa una radiografia impressionante dell’anello che ha al dito. Parla di razzismo. Ma le indagini sulle molotov portano più vicino. Un supermercato, un bar, giovani, belle ragazze, complimenti forse poco da salotto, furti in fabbrichette e alloggi contro la regola che dice che per quelle cose si va in trasferta. MARCO NEIROTTI