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 2008  maggio 13 Martedì calendario

MILANO

Lo strumento dell’ordinanza è improprio. Quanto ai contenuti, sono tali da suscitare «persino sospetti di intenti discriminatori». Il Tar lombardo sospende le otto ordinanze che altrettanti sindaci avevano «fotocopiato» da quella ormai celebre del sindaco di Cittadella, Massimo Bitonci. Ma a Lecco, il primo cittadino Antonella Faggi non si fa smontare: «Incontrerò i miei colleghi e proporrò a tutti l’appello in Consiglio di Stato ».
Come spesso accade ai provvedimenti- simbolo del Carroccio, l’ordinanza «anti sbandati » di Bitonci era stata riproposta identica in molti dei municipi amministrati (non soltanto) dalla Lega. E prevede, tra l’altro, un reddito minimo (5.061 euro l’anno) e una abitazione «idonea» per poter ottenere dal Comune la residenza. Il che, per esempio, aveva imposto l’ispezione degli alloggi destinati alle badanti da parte delle polizie municipali.
La Cgil brianzola aveva impugnato alcune delle ordinanze, e ieri il Tar ha dato il suo responso. Accogliendo la sospensiva con motivazioni che lasciano pochi dubbi sul successivo giudizio di merito. Primo: lo strumento scelto dai sindaci è viziato «per l’uso abnorme ed illegittimo del potere d’ordinanza». Spiega l’avvocato Vittorio Angiolini, che ha assistito la Cgil nei ricorsi: «Uno strumento d’urgenza come l’ordinanza certo non può essere utilizzato per disciplinare stabilmente una materia come questa. Per giunta, su una competenza che è di spettanza dello Stato». In secondo luogo, l’ordinanza suscita «sospetti di intenti discriminatori» dove prevede, prima di poter ottenere la residenza, «una verifica della provenienza e della liceità delle risorse economiche » del richiedente la residenza. Ancora Angiolini: « un punto che lo stesso sindaco di Cittadella aveva eliminato dall’ordinanza in quanto insostenibile.
E lo stesso vale per la richiesta di carta di soggiorno per l’iscrizione all’anagrafe. Si badi: la carta non è il permesso di soggiorno, viene rilasciata dopo cinque anni di permanenza ».
Conclude Angiolini: «Il Tar ha posto fine a una serie di piccoli e grandi soprusi commessi in nome della sicurezza. Ma il punto è che questi provvedimenti diminuiscono la sicurezza, trasformando le persone in fantasmi senza diritto alla residenza ». Esiste però un paradosso. Il Tar sospende le ordinanze là dove sono state impugnate. Se ciò non è accaduto, il provvedimento può continuare ad essere applicato. E nella sola Lombardia, si tratta di un centinaio di comuni.
Il sindaco di Lecco, Antonella Faggi, scuote la testa: «Tutte le volte che si cerca di fare qualcosa per i cittadini, si trova qualcuno che disfa. Lo sa che a Lecco abbiamo un caso di tubercolosi al giorno perché c’è gente che vive in dieci in trenta metri quadrati?». Ma lo scoraggiamento è di breve durata: «Io l’ordinanza l’avevo fatta vedere al prefetto, da cui non ho avuto alcuna osservazione: le ordinanze non fanno altro che dare organicità a norme già in atto». Comunque sia, promette Faggi, la cosa arriverà in Consiglio di Stato: «Tra l’altro, i ricorsi sono stati presentati fuori tempo massimo ». E infine sbotta: «Ci vuole una dignità del risiedere, ci vuole un lavoro, una residenza, l’assistenza sanitaria. Certo, secondo qualcuno è meglio fregarsene».
Intanto, la Cassazione dice no alle ronde. Stabilendo che i poliziotti privati, anche se disarmati, senza l’autorizzazione del prefetto non possono effettuare alcuna ronda di controllo. Il neo ministro dell’Interno Roberto Maroni, precisa: «Le ronde padane non sono mai state armate di altro se non dei cellulari. Per chiamare le forze dell’ordine».