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 2008  maggio 08 Giovedì calendario

Ora i cinesi delocalizzano in America. Il Sole 24 Ore 8 maggio 2008 LOS ANGELES «Industriale alla ricerca di costi più bassi sposta produzione all’estero»

Ora i cinesi delocalizzano in America. Il Sole 24 Ore 8 maggio 2008 LOS ANGELES «Industriale alla ricerca di costi più bassi sposta produzione all’estero». Sembra l’identikit di un imprenditore americano che apre una fabbrica in Cina, e invece no: è l’identikit di Liu Keli, cinese di 63 anni della provincia di Shanxi, che ha deciso di aprire una fabbrica di presse per la stampa a Spartanburg, in South Carolina, perché la produzione gli costa meno che in Cina. Meno che in Cina? Incredibile ma vero. All’inizio non ci credeva nemmeno lo stesso Liu Keli, ma il titolare di Shanxi Yuncheng Plate-Making Group ha scoperto che in South Carolina i terreni costano un quarto che a Shanxi, e la bolletta della luce è del 75% più bassa che a Dongguan, dove ha tre stabilimenti spesso inattivi a causa dei frequenti blackout. Nemmeno i costi del lavoro sono un problema: a Spartanburg sono sei volte più alti che in Cina, ma la South Carolina gli ha offerto un credito d’imposta di 1.500 dollari a dipendente per convincerlo a mettere radici negli Stati Uniti e portare occupazione. Gli Stati Uniti iniziano a vedere l’altra faccia della globalizzazione. Oggi la ricca Cina alla ricerca di nuovi mercati sta iniziando a investire negli Stati Uniti; e gli Stati Uniti, o almeno gli Stati più intraprendenti come South Carolina, California, Georgia, Wyoming e persino l’Alabama, stanno facendo ponti d’oro agli investitori stranieri che potrebbero aiutarli a rilanciare il settore industriale e creare nuovi posti di lavoro. La South Carolina è diventata una delle destinazioni predilette degli investitori stranieri negli Stati Uniti. Nello Stato hanno i quartier generali la Michelin, dove la Bmw ha aperto uno stabilimento nel lontano 1994. A colpi di agevolazioni finanziarie lo Stato ha creato un ambiente accogliente e vantaggioso per le società straniere, persino per piccole aziende provenienti da terre lontane come la Shanxi Yuncheng Plate-Making Group di Liu Keli. Il fatto stesso che un piccolo imprenditore come Liu Keli abbia pensato di approdare in South Carolina dipende in parte da un altro colpo grosso messo a segno dallo Stato nel 1999: l’arrivo del colosso cinese degli elettrodomestici Haier nella città di Camden, dove oggi dà lavoro a 1.200 dipendenti. L’investimento ha avuto un tale successo che nel 2006 la Haier ha investito altri 100 milioni di dollari, spalancando di fatto le porte agli investimenti dei concittadini cinesi. E i "compaesani" stanno arrivando. Le statistiche ufficiali del Bureau of Economic Analisys mostrano, per esempio, un aumento del 13,5% degli investimenti diretti di società cinesi in società americane nel 2007, da 554 a 629 milioni di dollari rispetto al 2006. La cifra è modesta se paragonata alla dimensione degli investimenti americani in Cina (28,5 miliardi di dollari nel 2007) ma non include gli investimenti inferiori al 10% del valore di un’azienda. Questi investimenti rientrano, secondo le statistiche, nella voce "investimenti finanziari" e non tra i diretti. Non contano perciò, ma solo ai fini statistici, i megainvestimenti fatti l’anno scorso dal Governo cinese nella Morgan Stanley (5 miliardi di dolalri) e nel Blackstone Group (3 miliardi di dollari). Usando diversi criteri statistici, e sommando gli investimenti superiori e inferiori al 10%, la Thompson Financial calcola invece che gli investimenti cinesi negli Stati Uniti sono arrivati, nel 2007, a 9,8 miliardi di dollari.  ormai chiaro che un nuovo trend è in corso e gli esempi abbondano. Quest’anno un imprenditore di Wenzhou ha deciso di investire un milione di dollari per comprare una fabbrica di tessere magnetiche a Los Angeles. Sempre in California, l’anno scorso la banca cinese Minsheng Banking Corporation ha comprato il 9,9% della United Commercial Bank di San Francisco per poter meglio servire la comunità imprenditoriale cinese in California. In febbraio la cinese IsoftStone Information Service Corp ha acquistato la piccola società di ricerca e design Akona Consulting. Sono tutti piccoli investimenti che però creano posti di lavoro: dieci, cento, mille alla volta. E aiutano a rovesciare il trend dell’outsourcing che ha distrutto intere comunità manifatturiere americane. Gli imprenditori cinesi, grazie anche al dollaro debole, hanno nuove opportunità. Mentre il parlamento Usa protesta per gli enormi investimenti del Governo di Pechino nei colossi della finanza Usa per paura di ingerenze politiche, l’America produttiva accoglie gli imprenditori cinesi a braccia aperte. Daniela Roveda