Marco Galluzzo, Corriere della Sera 9/5/2008, 9 maggio 2008
ROMA - La carica di presidente della Camera vale 100 punti. Idem dicasi per la poltrona di Renato Schifani, la seconda dello Stato, altri 100 punti tondi tondi
ROMA - La carica di presidente della Camera vale 100 punti. Idem dicasi per la poltrona di Renato Schifani, la seconda dello Stato, altri 100 punti tondi tondi. Nelle trattative con Fini, per respingere l’assalto di An al Welfare, Silvio Berlusconi disse all’amico Gianfranco che la presidenza di Montecitorio vale «come un doppio ministero». Poteva essere più preciso: ogni ministero con portafoglio vale 60 punti e dunque la poltrona toccata a Fini alla fine vale 20 punti in meno di due ministeri. Il Cavaliere aveva esagerato. Non avete letto male. Ogni carica ha un punteggio. Si parte dalle presidenze del Parlamento, si scende sino al ruolo dei sottosegretari, quotati 20 punti ciascuno, senza distinzioni, siano essi all’Economia o all’Ambiente, ai Trasporti o all’Istruzione. Tanto quanto valgono gli ambitissimi posti dei questori (che fanno gola perché regolano spese e appalti) di Camera e Senato: ancora 20 punti ciascuno. Si scende di 5 punti e ci si ferma a 15 nel caso dei presidenti di commissione, siano esse normali o bicamerali. A cosa servono tutti questi punti e numeretti? A distribuire le cariche del governo, del sottogoverno e quelle istituzionali. Una volta si chiamava manuale Cencelli. Si alludeva alla formula algebrica inventata da Massimiliano Cencelli, funzionario della Democrazia Cristiana, messa a punto attorno alla fine degli anni 60, capace di determinare il peso elettorale di ogni corrente all’interno del partito e di conseguenza gli incarichi spettanti ad ogni politico. Prassi allargata alle coalizioni e durata fino all’avvento della cosiddetta II Repubblica. Nei giorni prima e dopo il voto del 13 l’hanno ribattezzato manuale Verdini, dal nome del nuovo coordinatore di Forza Italia che per conto di Berlusconi si è incaricato di gestire le trattative con An, determinare i pesi dei due partiti (quello azzurro e quello di Fini) nella definizione delle candidature, allargare quindi numeri e formule algebriche anche alla composizione del governo nato ieri pomeriggio, ovviamente legando i numeri ai voti presi da ciascuno dei partiti della coalizione. Se la Gelmini è andata all’Istruzione o La Russa alla Difesa è anche merito di questi numeretti. In tutto una mezza dozzina di cartelle con tanto di peso specifico, in termini matematici, per ciascun partito. Si parte dal voto. Ovvero da quei milioni di voti, fra Camera e Senato, incamerati dal Pdl e dalla Lega il 13 e 14 aprile. I voti vengono trasformati, in base a un primo meccanismo algebrico, in «punti elettorali », Regione per Regione, considerati per coalizione. Li si divide in base ad altri calcoli e presunzioni per i tre partiti del centrodestra. Si arriva quindi al «punteggio poltrone» per Forza Italia, Lega, Alleanza nazionale ed Mpa, il movimento per l’autonomia siciliana di Raffaele Lombardo. E così si scopre che in base ai voti presi il Popolo della Libertà del neopresidente del Consiglio aveva e ha diritto a 2360 punti, da distribuire per cariche istituzionali e di governo: 1770 appartenenti a Forza Italia e 590 ad An. Alla Lega di Umberto Bossi invece i ministeri assegnati sono andati anche in base ai quei 520 punti-governo in cui si è tradotto il bottino elettorale del Senatur. Fanalino di coda l’Mpa: appena 75 punti, ovvero un sottosegretario (20 punti), un viceministro (25), due presidenti di commissione parlamentare (30). Non è dato sapere se nella composizione del governo i numeri di questa «Ipotesi di ripartizione » (il titolo delle cartelle che ospitano le tabelline) sono stati rispettati sino in fondo. Devono ancora essere nominati dieci viceministri (ovvero un bottino di 250 punti) e una ventina di sottosegretari (400 punti). Mancano ancora circa 600 punti, per dirla con una battuta, alla composizione definitiva della compagine che ieri ha giurato di fronte al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ma il metodo seguito, sul quale nessuno aveva dubbio, e che ha causato per alcuni giorni ampi dibattiti e molti articoli sul totoministri, forse si capisce meglio oggi, anche grazie a questi punteggi. Che in Forza Italia, sottovoce, chiamano manuale Verdini. Marco Galluzzo