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 2008  maggio 08 Giovedì calendario

Russia. Una diarchia che funzionerà solo con un delfino rinunciatario. Corriere della Sera, giovedì 8 maggio 2008 Una scommessa contro la storia governa da oggi la Russia

Russia. Una diarchia che funzionerà solo con un delfino rinunciatario. Corriere della Sera, giovedì 8 maggio 2008 Una scommessa contro la storia governa da oggi la Russia. Mai prima, dai tempi degli zar a quelli del postcomunismo, il potere di vertice era stato diviso tra il capo uscente e quello entrante, mai la successione alla guida dello Stato aveva fatto nascere una diarchia consensuale. Dmitrij Medvedev e Vladimir Putin, nei loro nuovi panni di presidente e di primo ministro, non sono soltanto i protagonisti di un esperimento di ingegneria politica possibile soltanto in un sistema semi-democratico come quello russo. Sono anche i gestori di una intesa che potrebbe diventare sfida, e che proprio per questo trasforma la Russia in un laboratorio pieno di incognite. Le apparenze, beninteso, sono idilliache. stato l’onnipotente Vladimir Putin a scegliere il suo successore, è stato il fedele Dmitrij Medvedev a insistere sulla continuità anche quando, come ieri durante l’investitura, ha posto l’accento sulle libertà economiche e civili. Ma l’immagine del candidato-esecutore è una cosa, e la figura del presidente con ampi poteri costituzionali è cosa diversa. Alla lunga l’abito può fare il monaco, soprattutto al Cremlino. Non si spiega altrimenti l’impegno messo da Putin nel coprirsi le spalle: primo ministro, referente dei poteri forti (i principali ministeri e i servizi), ma anche capo del partito Russia Unita che controlla i due terzi della Duma. Così, se da un lato Medvedev può teoricamente licenziare Putin, dall’altro Putin può teoricamente far dichiarare il suo impeachment. E magari ripresentarsi candidato alla presidenza, senza violare il dettato costituzionale. Ipotesi di scuola è del tutto prematura, certo. assai più probabile che nel futuro prossimo il tandem russo funzioni senza strappi, come programmato da quel Putin che già oggi si trasferisce nella Casa Bianca (la sede del governo). Ma nel medio e nel lungo periodo chiunque conosca la Russia terrà gli occhi puntati su Medvedev. Il giurista arrivato al Cremlino passando da Gazprom non appartiene alla tribù dei siloviki educati nel Kgb, e non dispone di una propria base di potere. Vorrà porvi rimedio, il neo presidente? Vorrà nominare i collaboratori diversi da quelli di Putin? Il primo nodo da sciogliere sarà proprio questo, e le caselle da sorvegliare riguardano, oltre alla potente burocrazia interna del Cremlino, anche la guida dei servizi di sicurezza. Ma il test fondamentale richiederà tempi più lunghi. Medvedev ha promesso di fare «davvero» la guerra alla corruzione, e ha detto di considerare inaccettabile la commistione tra incarichi istituzionali e presenze nei consigli d’amministrazione delle società. Se il nuovo presidente vorrà mettere in atto questo proposito, si urterà alle grandi ricchezze accumulate negli anni scorsi da politici, alti funzionari e rappresentanti dei siloviki. Dalla «base », cioè, di Vladimir Putin. E lo scontro con il Premier diverrebbe inevitabile anche se Medvedev pretendesse di liberalizzare almeno i parte i media, o di toccare il docile ordine giudiziario, oppure ancora di scaricare sul governo, come è consuetudine, la responsabilità di problemi congiunturali quali l’incalzante inflazione. La diarchia, a conti fatti, funzionerà soltanto in due casi: se Medvedev si mostrerà obbediente e rinunciatario, oppure se la Russia modificherà la sua cultura e i suoi equilibri politici interni. Diverso è lo scenario che si disegna nella politica estera. L’immagine aperta e pragmatica di Medvedev ben si accorda con il desiderio, già mostrato dall’ultimissimo Putin, di cercare con l’Occidente il maggior numero possibile di compromessi. Per evitare l’isolamento, e per attirare i capitali di cui la Russia ha bisogno se vuole modernizzare, oltre al settore energetico, l’economia in generale. Molto dipenderà dal futuro presidente degli Usa, ma l’America per prima sbaglierebbe a sperare in un nuovo Eltsin: sulla difesa anti-balistica, sugli allargamenti della Nato, sulla stabilizzazione del Grande Medio Oriente, la Russia ha interessi nazionali consolidati che Dmitrij Medvedev non vorrà e non potrà disattendere. Almeno in questo la diarchia funzionerà. Anche se le due teste dell’aquila russa, abituate a guardare a est e a ovest, dovranno d’ora in poi dividersi tra Cremlino e Casa Bianca. Franco Venturini