Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 08 Giovedì calendario

La dama nera di Mugabe con il vizio dello shopping. La Stampa, giovedì 8 maggio 2008 Gli sfortunati sudditi di Robert Mugabe, di «Bobodan», del «Milosevic africano», hanno una data piantata nel cuore come un spina: 1996

La dama nera di Mugabe con il vizio dello shopping. La Stampa, giovedì 8 maggio 2008 Gli sfortunati sudditi di Robert Mugabe, di «Bobodan», del «Milosevic africano», hanno una data piantata nel cuore come un spina: 1996. Da quell’anno il «compagno Bob» irriducibile nemico di colonialismi e apartheid si è trasformato in un esorbitante sibarita del potere, dal baffo hitleriano, in frenetica attività per annientare con la fame il proprio Paese, che si applica a dividere il mondo in terrorizzati e terrorizzatori, a tuonare contro le congiure dei «gay» naturalmente al potere a Londra. Prima era stato il tempo di Sarah «Sally» Hayfrow, la prima moglie che il presidente aveva conosciuto a Lusaka dove entrambi insegnavano, ed era stata una tappa importante della sua carriera di titano terzomondista, quando lo Zimbabwe era ancora Rhodesia e terra di apartheid. Sally si era innamorata di quell’indefesso combattente che aveva arruolato Marx e Mao per cacciare i bianchi. Una volta salito al potere, paziente e gentile, seppe moderarne le ossessioni per i complotti, le collere selvagge, i progetti faraonici, riportandolo alla realtà. Un male incurabile la portò via. E con il suo volto gentile sembrava essere sfumato anche il tempo della normalità, della povertà accettabile, della speranza. La gente di Harare cominciò ad annusare il vento cattivo, i volti a intenebrarsi di nuove diffidenze quando (Sally era ancora morente) sconciamente Mugabe annunciò che la sua segretaria, Grace Mafufu, 41 anni più giovane di lui, gli aveva dato un figlio e sarebbe diventata la sua seconda moglie. E cominciarono a correre strane, incredibili storie. Che Mugabe l’aveva sposata perché i suoi alleati cinesi gli avevano raccontato che avere rapporti sessuali con donne giovani rinnova le cellule e fa vivere più a lungo. E gli avevano portato una prova: Mao aveva praticato questa regola con le attrici dell’Opera di Pechino e infatti avevano continuato a tenere la Cina con mano di ferro. Mugabe ascoltava con attenzione: da quando era diventato presidente e si considerava in attività eterna e permanente contro il Male che per lui si chiamava colonialismo, aveva un gran desiderio di lunga vita, quasi di immortalità. Fu tra questi sussurri stregoneschi che iniziò il regno di Grace, che divenne presto Disgrace. L’ex segretaria era una bellezza carnale, prospera e lustra, calda, un po’ indolente; ma il suo viso si faceva spesso maschio e tabaccoso. Amava il denaro. Aveva un banchiere privato, Gideon Gono, che in cambio dei servigi ha ottenuto la carica di governatore della Banca centrale. Era lui che dirottava un fiume di dollari sul conto di una misteriosa «signora GM». E il conto era sempre in frenesia, prosciugato dagli shopping colossali che Grace faceva a Londra e Parigi. Una necessità, queste trasferte; perché nel frattempo i negozi di Harare erano stati svuotati dal modello economico del marito, ingegnosa combinazione di ruberie e incapacità. Eppure adesso che il Paese, nel timore di un possibile bagno di sangue, si avvia intontito a un surreale secondo turno delle presidenziali, deve sperare la salvezza proprio da Disgrace. Perché è lei che fa pressione sul marito perché ceda, si faccia da parte; vuole ritirarsi con lui nella grande proprietà comprata in Malaysia dove amici sicuri li proteggeranno da tribunali e vendette. Ha paura, Grace: per i tre figli ancora piccoli, per la prospettiva di dover rendere conto di quegli shopping smodati, perché anche lei è sulla lista dei 50 notabili del regime colpiti da sanzioni europee e americane. La nomenklatura per cui non c’è prescrizione. E così i sudditi di Bobodan pregano perché il vecchio la ascolti. Per l’ultima volta. Domenico Quirico