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 2008  maggio 07 Mercoledì calendario

La prima televisione che chiude per lutto. Libero 7 maggio 2008 Può accadere che anche la tivvù chiuda per lutto

La prima televisione che chiude per lutto. Libero 7 maggio 2008 Può accadere che anche la tivvù chiuda per lutto. La notizia è che, per la prima volta nella storia della televisione italiana, un network - il padovano Canale Italia - abbia scelto, in memoria della madre del presidente appena deceduta, di sospendere le proprie trasmissioni. E di mandare in onda, in un loop sacrale e ipnotico, la foto della mamma-manager spentasi a 80 anni, (...) (...) tra le lacrime dei propri cari. Per tre giorni, dal 3 al 6 maggio (ad eccezione dei tg e delle finestre informative di servizio) il volto sereno, da solida matrona del nordest incorniciato da un filo di perle, di Elda Mazzucato Garbo, ha dunque invaso l’etere. Come in un grande filmino Super8 sul piccolo schermo si sgranava la signora Elda in posa; la signora Elda alla "grande festa del suo ultimo compleanno"; la signora Elda e il suo sorriso accompagnati dalla sincera telefonata d’auguri di Silvio Berlusconi che rivedeva in lei, probabilmente, la fragile tenacia di Mamma Rosa Bossi. Ora, tecnicamente, i puristi potrebbero storcere il naso di fronte a una gestione tanto ossessivamente familistica e -diciamolo- un po’ fune rea del video. E gli addetti ai lavori, scavando negli archivi, potrebbero ricordare i precedenti del fermo- immagine sulla tomba di Padre Pio dai canali Sky; o della marmorizzazione del volto di Luisa Ranieri su Blob; o dell’orazione funebre che su Rete A l’imbonitore Guido "provare-percredere" Angeli trasmise dopo la morte da incidente aereo del suo principale Giorgio Aiazzone (80 minuti a braccio, performance retorica mai più ripetuta...). Eppure, nonostante tutto, i puristi e gli addetti ai lavori sbaglierebbero. Perché vi è qualcosa d’inedito nella cristallizzazione dell’emozione e nella reiterazione da sepolcro foscoliano del volto; perché in questo gesto bizzarro, forse commercialmente incomprensibile (chissà quanto è stato perso in pubblicità) per un mondo televisivo dominato dai tycoon e dalla spietatezza dello share, alberga una morale. E la morale è che la televisione può essere un grande affresco letterario, e, al contempo, un affare di famiglia. Famiglia, nel senso degli affetto di un figlio per la propria madre; nel senso, appunto, teneramente berlusconiano del termine. Lucio Garbo, il 50enne patròn (o el paròn , detto in veneto) è uno che è partito dalla gavetta e dalla provincia. Come si legge nel sito del suo Canale Italia la sua "realtà imprenditoriale è stata una lunga, fruttuosa escalation sviluppata in 34 anni di duro lavoro dove nulla ci è stato regalato. Oltre ad ogni ostacolo, pronta a dare il consiglio giusto c’era sempre mia madre, perché dietro una grande impresa c’è sempre una grande donna". E da lì che s’accende il mito padano dell’imprenditoria del nord est. " proprio la signora Elda ad interessarsi dell’insolito tasto ’FM’ sul nuovo apparecchio radio, un Synudine regalatole da un nipote. ’Se c’è questo tasto significa che va riempito’. Da lì a spronare il figlio a liquidare i soci e ad avere il controllo totale dell’azienda è un tutt’uno ". Di seguito si narrano gli esordi con la radiofonia; le prime provvigioni del giovane Lucio; le 3000 lire spese nella miscela del motorino consumato a furia di procacciarsi i clienti e il "guadagno netto di 200 lire"; il business; l’ascesa con la tv Serenissima (ce la ricordiamo, la tv delle aste e dei quadri, nelle nostre notti giovanili sulle tv locali); la trasformazione, infine, in canale nazionale con copertura satellitare. L’ovvia nomina di mamma Elda a presidente di tutta la baracca. E, da questo punto in poi, s’impa gina la storia recente di Canale Italia, con la corsa ai volti della televisione e ai programmi famosi. Dalla ripresa dello storico salotto di Luciano Rispoli -quel "Tappeto volante" che è da sempre il posto frequentato dai leader politici, primo fra tutti quello del PdL- ai programmi all news di Gigi Bacialli; dai tg con telecamerina a mano di Angelo Cimarosti ai programmi calcistici organizzati dai coniugi Collovati; dalle trasmissioni politiche di Diaco (ormai un ex) alle spinte autorali di Pierluigi Sarto: Canale Italia ascende, insomma, al piccolo grande Olimpo delle tv glocal . Ovvero s’immette nel circuito di quel prodotto locale-globale alternativo alle reti nazionali, già frequentato dal gruppo di Sandro Parenzo al nord con Antennatre e Telelombardia; e dai Montrone con TeleNorba e da Mario Ciancio Sanfilippo con Antenna Sicilia e Telecolor nel Mezzogiorno. Certo, qui qualche caduta di stile tipica dell’emittenza privata c’è ancora. Roba come "Casinò" -format pruriginoso copiato dal Colpo Grosso, ma in ritardo di vent’anni- e le telefonate un po’ zozzone in diretta con signorine discinte dall’accento ucraino, non sono un esprit de finesse . Ma tant’è: producono danaro e il danaro, si sa, non puzza. questa la cronistoria, d’un impero mediatico cocciuto e ruspante come i suoi fondatori. Che, da oggi, senza il sorriso della sua chioggia sarà, probabilmente, un po’ più triste. FRANCESCO SPECCHIA