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 2008  maggio 06 Martedì calendario

Lettera. I REDDITI SU INTERNET FRA PRIVACY E TRASPARENZA Corriere della Sera 6 maggio 2008 Grande clamore e scalpore ha destato il temporaneo accesso via internet all’elenco dei contribuenti con le relative dichiarazioni dei redditi 2005

Lettera. I REDDITI SU INTERNET FRA PRIVACY E TRASPARENZA Corriere della Sera 6 maggio 2008 Grande clamore e scalpore ha destato il temporaneo accesso via internet all’elenco dei contribuenti con le relative dichiarazioni dei redditi 2005. Chi opera correttamente non dovrebbe avere timore della trasparenza delle dichiarazioni fiscali o dei conti bancari o della sua vita economica. Dico «dovrebbe» perché spesso le informazioni sono infondate e comunque possono determinare disagi per altri aspetti (concorrenza, famiglia, ricatti, ecc...). Ma se l’Autorità intende divulgare, – quando le è consentito,’ dati personali, dovrebbe farlo per raggiungere uno scopo (nobile!), come potrebbe essere la lotta all’evasione fiscale. Si tratta allora non di mettere quasi alla gogna quanti hanno fatto il proprio dovere (almeno nel denunciarsi quali percettori di redditi), ma quanti sono stati accertati per evasione delle imposte e soprattutto quando l’accertamento è divenuto definitivo. Altrimenti è clamore inopportuno e inutile. Victor Uckmar Genova Caro Uckmar, Approfitto della sua lettera per ricordare ancora una volta i termini della questione. Non è vero che in materia di dichiarazioni dei redditi vi sia in Italia un deficit di trasparenza. Conosciamo i redditi delle persone che hanno un profilo pubblico, come i parlamentari. Possiamo accedere alle liste dei contribuenti depositate negli uffici comunali. Leggiamo spesso, soprattutto nella stampa provinciale, i dati relativi ai redditi dei «maggiorenti » della città o della regione. Ma fra l’accessibilità e la totale esposizione dei dati relativi all’intera comunità nazionale corre una considerevole differenza. Mi chiedo quale scopo si proponesse con questa iniziativa l’Agenzia delle Entrate. Se voleva servirsene per meglio combattere l’evasione fiscale avrebbe dovuto pubblicare piuttosto la lista degli evasori individuati dalle autorità finanziarie. Voleva dimostrare che la percentuale dei redditi alti è inferiore alle reali condizioni economiche del Paese? Avrebbe fatto meglio a pubblicare qualche tavola statistica, magari con i dati corrispondenti delle maggiori democrazie economiche europee. In una intervista a Repubblica del 1 maggio il vice ministro dell’Economia Vincenzo Visco si è difeso con dichiarazioni generiche e, mi è sembrato, piuttosto imbarazzate. Mi ha sorpreso inoltre che qualcuno non abbia pensato alle possibili conseguenze di questa pubblicazione. In una intervista al Secolo XIX di Genova lei, caro Uckmar, osserva giustamente che questa pubblicità potrebbe avere sgradevoli ripercussioni familiari e ha ricordato che un bambino, per i suoi compagni di classe, potrebbe venire additato e schernito come il «figlio del riccone» o il «figlio dello straccione». Aggiungo che l’esposizione dei redditi su internet provocherà probabilmente una curiosità malsana, un’onda di chiacchiere e pettegolezzi, invidia, gelosia, rancore e una valanga di lettere anonime per denunciare il vicino di casa «che ha certamente molto più denaro di quanto non ne denunci», del capo ufficio «che ha tre automobili e la casa al mare», del concorrente «che non rilascia lo scontrino e nasconde i propri incassi». Vogliamo forse aprire una «bocca della verità» sulle facciate di tutte le Intendenze di finanza della Repubblica? Sono questi i principi dell’educazione civile che vogliamo trasmettere alla società italiana? Esiste poi il problema della privacy. La dichiarazione dei redditi non può essere considerata un segreto di Stato e non può godere di una tutela indiscriminata. Ma la sua pubblicità deve essere governata da alcune regole. In un articolo su questa vicenda ( La Stampa del 3 maggio) Mario Deaglio ha avanzato un proposta interessante: «Se deve essere pubblico il reddito di un cittadino, deve ugualmente essere pubblica la richiesta di informazioni su quel reddito. Se il cittadino Bianchi vuole conoscere il reddito del cittadino Rossi, lo può fare a condizione che il cittadino Rossi sia immediatamente informato della richiesta e del suo autore». Mi sembra una buona idea. La curiosità è legittima, ma il curioso deve avere un nome e un cognome. Sergio Romano