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 2008  maggio 06 Martedì calendario

Da Andreotti a Sollecito ”E’ innocente”. La Stampa 6 maggio 2008 Un litigio probabilmente per questioni di soldi

Da Andreotti a Sollecito ”E’ innocente”. La Stampa 6 maggio 2008 Un litigio probabilmente per questioni di soldi. questo l’ultimo sviluppo dell’omicidio di Meredith Kercher, stando a quello che avrebbe raccontato Rudy Hermann Guede: «Mentre ero in bagno ho sentito Amanda e Meredith litigare probabilmente per una questione di soldi». Il giovane ivoriano, in carcere assieme ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito, lo avrebbe detto nel corso dell’interrogatorio in carcere dello scorso 26 marzo.Dall’intrigo di Stato, dai nodi misteriosi del potere andreottiano messo alla sbarra come un «service» di Cosa nostra, al «giallo pulp» tutto sangue e sesso. Giulia Bongiorno, famosa per aver difeso Giulio Andreotti ed oggi anche deputata in Parlamento, difende il giovane Raffaele Sollecito, accusato di far parte della «coppia diabolica» di Perugia. L’altra protagonista è l’algida Amanda Knox, l’amica del cuore di Raffaele: insieme e con la partecipazione indefinita di Rudy Guede, avrebbero tagliato la gola alla studentessa Meredith Kercher, nel corso di una torbida ammucchiata. Giulia Bongiorno è abbastanza famosa e riconosciuta come «l’avvocato dei Vip»: da Andreotti a Piero Angela, da Bettarini e Totti, a Clementina Forleo a Pacini Battaglia, è lungo l’elenco di chi ha fatto ricorso alla sua difesa. Questa volta, però, sembra aver accettato una sfida diversa, da combattere non dentro gli sfavillanti scenari del potere, ma nelle viscere di una storia cupa che attraversa le giovani esistenze di vittime e carnefici accumunati, forse, dalla «semplice» ricerca dello sballo. «Ieri mattina - dice - ho visto per la prima volta Sollecito. E’ molto, molto provato, come può essere un ventitrenne detenuto per un omicidio del quale si sente la seconda vittima». Aggiunge: «Ho studiato le carte per settimane, domenica scorsa compresa. Ho accettato l’incarico di difendere Sollecito perché, dalla lettura delle carte, ho radicato in me il convincimento della sua innocenza. Non aprioristicamente ma dopo aver consultato gli atti». Alla richiesta di chiarire se l’«odore del sangue», indelebilmente presente nel giallo di Perugia, possa costituire turbamento rispetto alla tradizionale lucidità di analisi, risponde che «certamente l’omicidio ha elementi emozionali in più». «Ma - continua - io sento allo stesso modo identico turbamento di fronte ad una persona accusata ingiustamente e privata della libertà individuale. Anzi, dico che si attenuano il turbamento iniziale, il clima torbido, l’odore del sangue (come dice lei) se c’è il convincimento che in carcere vi sia una persona accusata ingiustamente». Di più non si riesce a farle dire. Anzi è lei a sviare il discorso, aggiungendo che «comunque non è la tragedia di Perugia il primo caso di omicidio che tratto». E qui vien fuori Palermo e la storia professionale di una «figlia d’arte» che a 42 anni si trova ad essere tra i più affermati penalisti italiani. Il padre professore di procedura civile, come il nonno. Anche la sorella, Roberta, civilista. Giulia è uscita dalla tradizione e dalla «scuola», scegliendo il penale: «Mio nonno, ero piccolissima, mi presentava come l’avvocato Bongiorno ed io precisavo: ”Avvocato penalista”, nonno». I primi anni palermitani sono stati la palestra, anche nella direzione delle storie cruente: cosa c’è di più sanguinario di una guerra di mafia? Poi i misteri: primo tra tutti quello del «Corvo», autore di anonimi che «mascariavano» miti dell’Antimafia del calibro di Giovanni Falcone. E il processo Andreotti: «Il presidente ha cambiato la mia vita, chiedendomi di seguire, come sostituto del professor Franco Coppi, entrambi i processi: quello di Perugia e l’altro di Palermo. Da quel momento ho vissuto spaccata in tre, tra Roma, Palermo e Perugia». In entrambe le occasioni Giulia ha avuto un impatto mediatico per il modo in cui ha accolto le sentenze: «E vai!» esclamò alla prima assoluzione, proprio mentre la osservavano gli inviati del «Financial Times». Poi, sotto l’occhio della telecamera, a Palermo, comunicò col telefonino all’illustre imputato: «Assolto, assolto, assolto». Suscitando pure qualche appunto per via della prescrizione che, a parere dei pm, non può essere considerata assoluzione. Immagini che, comunque, hanno girato il mondo. E perciò: astuzia mediatica e pura passione professionale? Dice Giulia: «Il famoso urlo di Tardelli ai mondiali di calcio di Spagna, fu liberato per finire in tv? Penso sia stato fatto per legittima felicità, poi l’immagine è stata usata come abbiamo visto. A me è accaduta la stessa cosa». FRANCESCO LA LICATA