Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 06 Martedì calendario

”Fascisti? A Verona siamo tutti di destra”. La Stampa 6 maggio 2008 Stupidi, prepotenti e intolleranti»

”Fascisti? A Verona siamo tutti di destra”. La Stampa 6 maggio 2008 Stupidi, prepotenti e intolleranti». Alla Digos di Verona dicono che la politica non c’entra. Ma è nella Verona nera che si trovano le tracce di quelli che hanno ammazzato di botte Nicola Tommasoli. Marcello Ruffo di Radio Bandiera nera, ventinove anni e la maglietta dei Zetazeroalfa che suonano a Casa pound giù a Roma, ne conosce due: «Vent’anni, bravissimi ragazzi, troppa rabbia dentro. Una volta mi hanno detto: "Se il mondo ci odia, noi odiamo il mondo". Quando ho saputo quello che era successo, ho chiesto se avevano pestato un comunista. Hanno fatto una cosa da balordi, mica da fascisti. Io, sono fascista. Il fascismo è socializzazione e progresso». In piazza Bra di fianco all’Arena c’è la sede del Comune. Dentro il Comune c’è l’ufficio del sindaco Flavio Tosi della Lega. Al secondo piano c’è la stanza dei consiglieri della sua lista che si chiama Lista Tosi. Il capogruppo è Andrea Miglioranzi. Una volta faceva parte del Fronte Veneto Skinhead, teste rasate, teste vuote come i cinque che si sono scatenati per una sigaretta negata, nessuna tessera in tasca ma l’idea è quella lì. Una volta aveva i capelli a zero come adesso che indossa un completo scuro e milita nella Fiamma Tricolore. Anche lui dice che la politica non c’entra, ma poi gli scappa: «Non sono ragazzi da crocefiggere...». Dev’essere il passato che torna. Il razzismo Miglioranzi è stato il primo in Italia ad andare in carcere per istigazione all’odio razziale grazie alla legge Mancino. Mica un disonore in questa città dove pure il sindaco leghista finì sotto inchiesta per odio razziale perchè voleva ripulire i campi rom. E dove Raffaele Delle Donne, il primo a essere arrestato per la morte di Nicola, sembra essere figlio politico di nessuno anche se già nel 2006 era stato indagato per reati associativi legati alla legge Mancino. Ragazzi bene che vanno a spritz e birrette. Ragazzi che trovi in piazza delle Erbe ogni sera o a dare la caccia al marocchino in centro. Ragazzi qualunque che ascoltano i «Gesta bellica» che martellano di decibel inneggiando a Priebke e Rudolf Hess perchè è di moda, vanno allo stadio per «fare casino» e poi magari della politica non sanno niente. Ad ogni retata della polizia spuntavano i coltelli, i busti del Duce o i libri di Hitler. Marcello Ruffo di Radio Bandiera Nera che prende le distanze fa i distinguo: «Il busto di Mussolini ce l’ho a casa pure io. I libri di Hitler sono in libera vendita. Quelli lì non sapevano niente, hanno solo storpiato il nostro pensiero. Andavano solo allo stadio, erano stati diffidati, la repressione li ha caricati a molla». Le messe in latino La molla di quello che è successo la trovi nei salotti buoni della Verona bene. Nelle messe domenicali a Santa Toscana dove inappuntabile si fa vedere l’ex colonnello Amos Spiazzi, servizi segreti e trame nere, in ginocchio a pregare in latino. La trovi in questa transumanza della politica che parte dalla rabbia del Fronte Veneto Skinhead, indossa i doppiopetti della Fiamma Tricolore e non si ferma alle stanze dei bottoni. «Come Fiamma Tricolore ci sentiamo molto vicini al sindaco Tosi», dice Alessandro Castorina, segretario provinciale del partito, pure lui ex Skinhead, il negozio Camelot di stoffe inglesi a Porta Trento saltato per aria due volte, una condanna per tentata violenza privata per aver dato dell’«amico dei negri» a un camerata che si era fatto da parte. Giordano Caracino, presidente del Veneto Fronte Skinhead, braccia tatuate, zero capelli, prende le distanze da quello che è successo, poi prende la mira: «Le risse fanno parte dell’euforia giovanile. Noi non siamo per l’etica cristiana del porgere l’altra guancia. Si parla tanto di questa cosa, solo perchè a Verona siamo tutti di destra». I cinque balordi - «Cani sciolti, più cani che sciolti», sorride Caracino - adesso non li vuole più nessuno. «Il disastro è stato fatto vent’anni fa. Gli immigrati andrebbero separati dai veronesi. L’uomo deve stare coi suoi simili», tira le fila il capo degli skin. «Verona è accogliente, l’epurazione degli immigrati avrebbe avuto senso venti anni fa», dice il consigliere Miglioranzi, nel suo ufficio accogliente in Comune con i manifesti di Paolo Conte e degli U2. Una bella differenza con il ritmo indiavolato dei «Gesta bellica» che ascoltavano i cinque ragazzini perbene che «si sono rovinati la vita», ammazzando a calci e pugni uno qualunque incontrato per caso, una sigaretta negata a innescare la miccia e a far esplodere la rabbia che cova in questa città che da vent’anni fischia i giocatori di colore allo stadio, la caccia al marocchino è l’altro sport e alla fine parla solo di lirica all’Arena e di Giulietta e Romeo. Fabio Poletti