Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  maggio 06 Martedì calendario

"Quei 24 anni prigioniera nel bunker". La Repubblica 6 maggio 2008 AMSTETTEN - Elisabeth avrebbe potuto salvarsi

"Quei 24 anni prigioniera nel bunker". La Repubblica 6 maggio 2008 AMSTETTEN - Elisabeth avrebbe potuto salvarsi. Fu la polizia, inconsapevolmente, a consegnarla nelle mani del suo carnefice. Josef Fritzl, l´uomo che per 24 anni l´ha tenuta prigioniera nel bunker-labirinto sotto casa, capo della famiglia segreta che doveva replicare quella ufficiale, fino all´ultimo era pronto a sterminare le sue vittime pur di non essere scoperto. Sua moglie Rosemerie, una settimana prima della liberazione, scoprì la verità ma avrebbe taciuto proprio perché temeva una strage. I verbali della prime dichiarazioni rilasciate da Elisabeth e Josef, trapelate ieri, chiariscono l´orrore di una tragedia unica nella storia criminale. Sabato 26 aprile, quando vengono fermati fuori dall´ospedale dove era ricoverata la loro figlia Kerstin, Elisabeth è terrorizzata dagli agenti. «Nel 1982 - spiegherà più tardi in caserma - avevo 16 anni ed ero fuggita da casa. Lui mi stuprava da molto tempo. Dall´autogrill di Strengberg, mi ero nascosta a Vienna. Dopo due settimane la polizia mi trovò. Supplicai gli agenti di non riconsegnarmi a mio padre. Dissi loro che se fossi tornata da lui per me sarebbe stata la fine. Ma non ci fu nulla da fare». Elisabeth sarebbe riuscita a confidare tutto a un´amica che ora la polizia sta cercando di rintracciare. Le prime dichiarazioni ricostruiscono anche le ultime, drammatiche ore della prigionia. «Kerstin - racconta Elisabeth - stava molto male da giorni. Io lo supplicavo (il padre, ndr) di fare qualcosa. Ha accettato di chiamare un medico perché a un certo punto sembrava morta». Dai verbali emerge che la ragazza, per la prima volta, fu portata in superficie dopo 19 anni. Anche Elisabeth, da un quarto di secolo, non usciva dalla cella sotterranea. «L´ho aiutato a portarla su - dichiara agli agenti - e l´abbiamo adagiata su un divano. Dietro la porta ho sentito delle voci. Mia madre, i miei figli che vivevano sulla terra, parlavano sottovoce. Mi è parso che capissero cosa stava succedendo. Non ho avuto il coraggio di chiamarli. Poi mi ha riportato di sotto». Il giorno dopo Fritzl pretende che Elisabeth scriva una lettera ai medici dell´ospedale di Amstetten. Grafia e forma elementari: «Aiutatela, non è mai stata nella clinica. Ha molta, molta grande (così nel testo, ndr) paura degli estranei». Josef capisce che questa volta potrebbe essere scoperto. Per l´ultima volta minaccia un massacro. «Promise che se gli fosse successo qualcosa di brutto - racconta ancora Elisabeth - non saremmo più usciti dalla cantina». Stefan, 18 anni, e Felix, 5 anni, condannati a morte. Solo il padre conosce la combinazione delle tre porte elettroniche che, dopo le cinque meccaniche, introducono nella gabbia. Ma anche dopo il fermo, fino a mezzanotte, per ore Fritzl nega l´esistenza di un rifugio segreto. «Quella donna - assicura agli agenti - dice fantasie. Inventa le cose». Ma Elisabeth insiste. «Se non vedono me e Kerstin - dice Elisabeth ai poliziotti - i miei due figli là sotto si disperano». Mette a verbale la polizia: «Si convince a farci entrare solo quando lo informiamo che stiamo per sfondare muri e pavimento». L´uomo capisce che è tutto è finito, e ancora minaccia. «Non potete distruggere la mia proprietà, vi denuncio». Poi crolla. «Avevo previsto tutto - dice - senza di me potevano sopravvivere per un mese. Non mancava niente: il freezer era sempre pieno». Per gli investigatori l´uomo è un «allucinante perfezionista, capace di realizzare un´opera grandiosa». Per 15 anni, tra il 1978 e il 1933, continua ad ampliare e ristrutturare la prigione. Due porte, da mezza tonnellata, sono di cemento armato. Per accedere alla tana, ampliata da 35 a 55 metri quadri dopo la nascita del quarto figlio, se ne devono aprire otto. Per la polizia il bunker anti-atomico, iniziato quando Elisabeth aveva 12 anni, era destinato dal primo istante ad essere una cella introvabile. Sei anni fa, nascosta nel garage, Fritzl costruisce anche una piscina coperta di acqua salata. Di giorno fa fare il bagno ai tre figli adottati dopo l´incesto. Una volta, di notte, vi immerge anche Felix, il prigioniero più piccolo. «Doveva muoversi - racconta Josef - piangeva sempre. Gli ho fatto una sorpresa». E spiega perché, a differenza degli ultimi tre, non lo allevò alla luce del sole. «Rosi - dice - non era nelle condizioni di occuparsi di un altro bambino». Secondo gli psichiatri, nei confronti dei familiari-vittime Fritzl manifesta «un amore infinito e un odio spietato». «Scatena sadismo e aggressività - spiegano i criminologi - sete di dominio sugli altri. Ogni violenza serve a colmare un buco interiore, invece lo allarga». Per il capo dell´inchiesta, Franz Polzer, la famiglia segreta doveva riprodurre quella ufficiale, andata presto distrutta. Il disegno folle è riuscito: Josef ha avuto 7 figli dalla moglie Rosemarie e 7 dalla figlia Elisabeth. Entrambe, nella medesima sequenza, hanno partorito due gemelli. Un agente gli chiede perché ha rapito, segregato e stuprato proprio quella figlia. «Era la più bella - dice Fritzl - però mi aggrediva sempre. Minacciava di denunciarmi». Nel 1967 aveva già stuprato due donne, una terza gli era sfuggita per un soffio. Solo 18 mesi di carcere. E così in Austria oggi si moltiplicano le accuse. Perché non fu sottoposto a una perizia psichiatrica? Perché gli furono affidati i nipoti-figli? Perché ai tre neonati «abbandonati» davanti a casa sua non è stato fatto subito l´esame del Dna? Perchè chi ha fornito il materiale per l´ampliamento abusivo del bunker, o per la piscina, non ha parlato? Ora si scopre anche che Josef era pronto a trasferire tutti in una nuova casa. Aveva presentato il progetto per costruire una sorta di fortino blindato di 2600 metri quadri, con un immenso garage seminterrato. I suoi prigionieri del sottosuolo avrebbero intravisto la luce. Ma gli urbanisti, per ragioni estetiche, lo avevano bocciato. «Là - insiste Fritzl - i miei sarebbero stati meglio». Per il suo avvocato, è «un uomo distrutto». Isolato nella cella di Sankt Poelten, rifiuta l´ora d´aria. Una perizia stabilirà se è capace di intendere e volere. Domani, primo interrogatorio della procura. Se sarà dichiarato infermo di mente, non dovrà affrontare un processo. Finirà in un ospedale psichiatrico. «Spesso - così conclude la prima deposizione Elisabeth - abbiamo rischiato la morte per mancanza di cure. Quando ho partorito i gemelli (nel 1996, ndr) stavo per morire dissanguata. La volta che rimase assente per un mese (nel 1987, ferie in Thailandia ndr) ero allo stremo». Kerstin intanto migliora e potrebbe sopravvivere. Il resto della famiglia, a Mauer, cerca di abituarsi alla nuova vita. I bambini hanno recuperato i loro peluche, mamma e nonna cucinano. E´ stato ricostruito un acquario simile a quello che avevano sotto terra. Per la prima volta hanno sentito il calore del sole sulla pelle. Josef aveva sostituito anche quello: li imbottiva di vitamine B e D. E li stendeva sotto una lampada abbronzante. GIAMPAOLO VISETTI