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 2008  maggio 06 Martedì calendario

Nicola è morto. Presi altri due della banda. La Repubblica 6 maggio 2008 VERONA - Mentre gli ultimi due del branco stavano ancora decidendo se e quando costituirsi, ieri alle sei del pomeriggio Nicola Tommasoli è morto

Nicola è morto. Presi altri due della banda. La Repubblica 6 maggio 2008 VERONA - Mentre gli ultimi due del branco stavano ancora decidendo se e quando costituirsi, ieri alle sei del pomeriggio Nicola Tommasoli è morto. Dopo le sei ore di osservazione previste dalla legge, il collegio medico dell´ospedale Maggiore ha certificato la sua «morte cerebrale». Anche l´ultima speranza è svanita. Gli hanno staccato la spina e, col consenso dei genitori e della Procura, è stata avviata la procedura per l´espianto degli organi. L´epilogo più amaro di una storia «di stupidità, prepotenza e intolleranza» – come l´ha definita ieri il questore di Verona, Vincenzo Stingone – che ha cancellato la vita di un ragazzo di 29 anni, con un buon lavoro di disegnatore meccanico, una famiglia e una fidanzata che gli voleva bene, colpevole solo di aver rifiutato una sigaretta (o una canna, ma cambia poco) a un gruppo di bulli con simpatie neonaziste in cerca solo di un pretesto per menar le mani. Due ragazzi di vent´anni, Andrea Vesentini e Guglielmo Corsi, li hanno presi nella notte di domenica a casa loro a Illasi, un paese vicino a Verona. Hanno confessato. Raffaele Dalle Donne, 19 anni, si era consegnato la notte precedente. Ne mancano due, Nicolò Veneri e Federico Perini, pure loro ventenni, scappati all´estero con l´auto della madre di uno di loro e, dopo lunghe trattative e la mediazione di un avvocato, convinti a costituirsi, probabilmente già in galera quando il lettore leggerà questa cronaca. Il reato di cui sono accusati, con la morte della vittima, si è ovviamente aggravato: non più lesioni (pena fino a tre anni), ma omicidio preterintenzionale, punibile con un massimo di 18 anni. Finora però nessuno ha ammesso di aver preso a calci in testa Nicola. Un agguato alle spalle, come ha raccontato uno dei due amici della vittima: «Erano delle bestie. Ci hanno chiesto da fumare con un tono strano, gli abbiano risposto di no e abbiamo continuato a camminare. Mi sono girato e uno ce l´avevo già addosso. Mi ha dato un pugno. Due minuti di panico. Ho preso tante botte, sono caduto più volte, ho cercato di difendermi come potevo». Aggiunge l´altro: «Picchiavano in modo selvaggio, ci provavano gioia». Un´aggressione a freddo, corroborata dall´alcol. E non era la prima volta, almeno per due dei cinque, già indagati in un´inchiesta dell´estate scorsa. Il centro storico di Verona la sera è terreno minato. Basta poco – capelli lunghi, abiti non «tirati», accento meridionale, colore della pelle – per diventare un bersaglio. La Digos ha ricostruito nei minimi particolari la notte dell´agguato. Dalle Donne insieme a Perini (detto Peri) e Veneri (detto Carabuio, che in veronese non è un complimento, vuol dire più o meno «mezzacalzetta») si trovano verso le 11 in un bar dietro l´Arena... Lì davanti incontrano Corsi, tifoso del Verona come loro, gente della curva Sud, conosciuto di vista allo stadio. Passa Vesentini, amico di Corsi, e si aggrega. Bevono, soprattutto Corsi ci dà dentro. Poi fanno un giro verso piazza delle Erbe e al pub P3, ma trovano chiuso. Ubriachi e nervosi. Con la voglia di fare qualcosa di divertente. Ed ecco che incrociano i tre del gruppo di Nicola, ragazzi con i capelli lunghi, e gli chiedono in malo modo una sigaretta (o uno spinello): «Ehi codino». «Se gli avessero detto di sì, probabilmente avrebbero trovato un altro pretesto per menarli», commenta un inquirente. Botte, calci in testa a Nicola già a terra. Poi la fuga. Soddisfatti di aver svoltato così la serata di festa, se ne vanno ognuno a casa propria, mentre un´ambulanza porta Nicola, in un coma da cui non uscirà più, all´ospedale di borgo Trento. Già il giorno dopo si sparge la voce che un ragazzo è stato picchiato in centro ed è gravissimo. Raffa, Peri e Carabuio sono terrorizzati. Si incontrano e preparano un piano di fuga. Raffa va a casa a cambiarsi e si confida con i genitori, che lo implorano di costituirsi. Lui rifiuta, ma fa tardi e perde l´appuntamento con gli altri due, che prendono il largo. All´estero, forse in Inghilterra. Dalle Donne scappa non si sa dove, ma tiene i contatti con la famiglia, e alla fine cede. All´alba di domenica, accompagnato dall´avvocato varca la soglia della questura. Il padre, disperato, dice: «Preferirei essere il padre della vittima che di uno che ha fatto quello che ha fatto mio figlio». ENRICO BONERANDI