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 2008  maggio 07 Mercoledì calendario

Panorama, 7 maggio Fabbrica per fabbrica, delegato per delegato, voto per voto: così la piccola Ugl sta rubando consensi, iscritti e dirigenti ai big Cgil, Cisl e Uil

Panorama, 7 maggio Fabbrica per fabbrica, delegato per delegato, voto per voto: così la piccola Ugl sta rubando consensi, iscritti e dirigenti ai big Cgil, Cisl e Uil. Provocando smottamenti ideologici nei suoi avversari sindacali. L’ultimo ha avuto come epicentro la Pirelli Bicocca, la fabbrica che ha dato i natali sindacali a Sergio Cofferati, dove è franato lo storico monocolore della Cgil per quattro delegati che sono passati all’Ugl. Un caso isolato? I dati su quanti siano i transfughi non si hanno, ma le storie sì, e molte. E se non dicono quanto è vasto il fenomento, raccontano perché il fenomeno c’è e perché si sta allargando.  perché la base per gli altri (Cgil, Cisl e Uil, ndr) non conta quasi più nulla» si arrabbia Giovanni Cicchella, rappresentante di fabbrica all’Iveco di Avellino, ex rappresentante della Uilm, oggi dell’Ugl. Cicchella, dall’alto di 25 anni passati in Cisl e 5 in Uil, dice che «ormai nel sindacato le cose vengono decise dall’alto. Punto e basta». «Alle domande dei lavoratori non viene mai data una risposta concreta» aggiunge Giovanni Pedersini, ex Fiom-Cgil, ora rappresentante della Ugl all’azienda metalmeccanica Pama di Rovereto. «Un esempio: in fabbrica, quando è stato il momento di scegliere il fondo pensione integrativo, ci è stato presentato solo quello regionale, il Laborfond, e non quello nazionale, Cometa. Come mai? Boh». Un altro che la fabbrica la conosce bene è Vincenzo Miele. Lavora alla verniciatura di Mirafiori e quando ha lasciato la Uilm per passare alla Ugl lo hanno seguito sei delegati e un centinaio di operai. «Ho cambiato perché qui i problemi dei lavoratori vengono presi sul serio e si cerca di risolverli. Gli altri sindacati sono burocratici, bisogna sempre fare attenzione a cosa si dice, a cosa si fa… E poi la loro è una tessera sindacale e di partito insieme, mentre qui a me nessuno ha chiesto come voto». Già, poi c’è la politica. Le ali estreme del sindacato continuano a chiamarla «fascista», invece la Ugl viene percepita come una sigla non solo apolitica ma pure aideologica perfino da un sindacalista come Miele, che ha «sempre votato Rifondazione comunista, anche alle ultime elezioni». Ciò che attira della Ugl, insomma, è che difende l’operaio consumatore e non cerca il dipendente tesserato. Così è riuscita a costruire la nuova frontiera del sindacalismo fatta di rivendicazioni concrete, soluzioni visibili. Non a caso l’Ugl è favorevole a dare più peso alla contrattazione di secondo livello (quella a livello locale) attraverso la quale può dispiegare tutto il suo potenziale rivendicativo. «Sissignore, qui dentro niente politica» spiega in napoletano stretto Giovanni Centrella, segretario nazionale dei metalmeccanici della Ugl, lui stesso transfuga dalla Cisl. «Un operaio che vede il proprio delegato sindacale fare il rappresentante di lista alle elezioni politiche... non va bene, non va proprio bene, perché si ingenera il dubbio che si usi la sua tessera per fare politica. Per questo io credo che la candidatura di Antonio Boccuzzi (l’operaio della Thyssen sfuggito al rogo del dicembre del 2007, sindacalista della Cgil, eletto con il Pd in Piemonte, ndr) abbia fatto male, molto male al sindacato, perché conferma nei lavoratori l’idea che siano usati e che dei loro problemi non importi niente a nessuno». Il sindacato politico, insomma, non tira più. Nella rossa Ferrara, per fare un esempio, alle ultime elezioni politiche la Lega è passata dal 2,3 del 2006 al 6,4 per cento e il centrosinistra ha perso 14 punti. Contemporaneamente in una delle principali industrie della città, la Berco (gruppo Thyssen, 2.500 dipendenti), l’Ugl è salita al 33 per cento e alla Vm Motori (1.250 dipendenti) è al 25 per cento. Alle Carrozzerie di Mirafiori, alle elezioni del 2005 ha raggiunto il 15 per cento. «Noi siamo giudicati diversi, una vera alternativa alla triplice. E lo si vede da piccole cose, per esempio dal fatto che tutti i dirigenti della Ugl continuano a lavorare» proclama la leader nazionale Renata Polverini «sia perché non abbiamo i distacchi sindacali che hanno gli altri, sia perché voglio che ascoltino dal vivo i problemi delle persone». «Ma quale alternativa?» taglia corto Giorgio Cremaschi, componente dell’ala di minoranza della segreteria nazionale e grillo rompiscatole della Cgil. «Polverini ha firmato tutti gli accordi nazionali, compreso quello sul welfare proposto dal governo Prodi. Certo, l’ha firmato anche la Cgil, e ha sbagliato, perché adesso ci ritroviamo con gli operai del Nord che votano Lega e sono iscritti all’Ugl». Ovviamente non è proprio automatico che le motivazioni che portano l’operaio del Nord a votare Lega (meno tasse e soluzione ai problemi concreti) siano esattamente le stesse che portano i delegati sindacali a mollare le altre sigle e iscriversi alla Ugl. Un esempio? Silvino Perrotti, ex Cisl, lavora alla Telecom Italia ed è leader della Ugl telecomunicazioni dell’Abruzzo. «Ho un figlio disabile e per anni non sono riuscito a farmi riconoscere i congedi ai quali ho diritto. Alla Ugl ho detto: se mi risolvete questo problema, mi iscrivo con voi. In un solo anno qualcosa ho finalmente ottenuto». Piano piano la Ugl ha cominciato anche a entrare nelle stanze dei bottoni. Il 12 aprile ci sono state le elezioni per i rappresentanti sindacali nel comitato di gestione del fondo pensione dei telefonici. La Ugl è passata da zero a tre delegati, che siederanno accanto ai 12 della Cisl, agli 8 della Cgil e ai 7 della Uil. «Nessuno qua crede più al sindacato» dice Maria Francesca Formica (ex Cgil, ora Ugl), che lavora all’Almaviva di Catania, la più grossa azienda di servizi telefonici d’Italia, detti call center. «Quando si è trattato il passaggio di livello, come previsto dal contratto, gli altri hanno firmato un accordo che prevede benefici solo per i più anziani, che tuttavia devono rinunciare a fare causa e non possono più chiedere altri passaggi di livello. Ma le sembra un sindacato questo?». All’Almaviva il 15 maggio ci saranno le elezioni per la rsu. Dubbi su come andranno? Marco Cobianchi (mcobian@mondadori.it)