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 2008  maggio 07 Mercoledì calendario

Divorzio all’italiana. Vanity Fair 7 maggio 2008 L’intervista si chiude con lui che si alza dalla poltrona, mi si avvicina e mi mostra l’album dei ricordi, un enorme raccoglitore da ufficio con la rassegna stampa dei tempi d’oro

Divorzio all’italiana. Vanity Fair 7 maggio 2008 L’intervista si chiude con lui che si alza dalla poltrona, mi si avvicina e mi mostra l’album dei ricordi, un enorme raccoglitore da ufficio con la rassegna stampa dei tempi d’oro. Tempi in cui il chirurgo plastico Paolo Santanchè era ancora sposato con Daniela, oggi leader della Destra, e con lei riempiva le estati della Costa Smeralda. Eccoli, nelle foto, mentre ballano alle feste, brindano a champagne, lui in camicia bianca, lei in abito da sera, abbronzati e sorridenti. E, ancora, stesi a prendere il sole sul ponte del loro yacht Bisturi (un nome, una garanzia), Daniela spesso in topless, con attrici, politici e gente di spettacolo, che poi d’inverno – altri scatti di famosi incerottati – diventavano clienti. Guardo le fotografie e fatico a riconoscere l’uomo che ho di fronte. Non è questione di età. Premesso che ha 58 anni e ne dimostra dieci di meno – la pelle del viso è liscia, le mani curatissime, le dita affusolate ”, il dottor Santanchè è un signore distinto e impeccabile (abito grigio di sartoria, gemelli ai polsi) che, più che dalla Costa Smeralda degli anni Ottanta, per maniere e portamento sembra uscito dal Piemonte del secolo scorso. Anche lo studio milanese dove mi accoglie sembra la casa di una famiglia della vecchia borghesia: divani pastello, specchiera in legno massiccio e tende ricamate alle finestre. Santanchè conserva ancora un forte accento torinese. E parla con un tono pacato e rassicurante. Perché da Torino si è spostato a Milano? «Essendo stato il primo nel nostro Paese a credere alla liposuzione e a praticarla, ho quasi subito avuto pazienti in tutta Italia. A Torino opero ancora, ma solo un giorno a settimana». Chi è, dal punto di vista sociale e professionale, la persona che oggi ricorre con più frequenza alla chirurgia estetica? «Ormai se la possono permettere tutti, non è più riservata a una élite. Tra le donne prevalgono gli avvocati. E poi le commercianti, tante».  davvero in aumento la clientela maschile? «Gli uomini sono clienti da sempre. La differenza è che prima chiedevano di rifare solo naso e orecchie a sventola, oggi vogliono anche loro la liposuzione. Soprattutto quelli che vanno in palestra, perché dopo i quarant’anni l’adipe in certe zone – pancetta, braccia, fianchi – non va più via neanche se gli spari. E allora bisogna succhiare». La sua ex moglie, Daniela Santanchè, scrive sul suo sito che lei era un bravo chirurgo, ma che se non fosse stato per la sua attività di pubbliche relazioni non sarebbe diventato così richiesto. « vero che io sono sempre stato poco portato alle pubbliche relazioni. Ed è vero che a Daniela veniva più facile coltivare i rapporti con le persone famose, dello spettacolo o della politica, che frequentavano lo studio. Quello che mi ha aiutato di più a farmi conoscere sono state le estati che passavamo in Sardegna: venivo sempre fotografato accanto ad attrici bellissime». Qualche rimpianto? «No. stato piacevole: quando sei giovane può essere divertente finire sui giornali e stare in mezzo a gente famosa. Ma quel mondo è molto superficiale e basato sull’opportunismo. La regola è: sei amico di qualcuno solo se può esserti utile. Non lo rimpiango perché non mi corrispondeva. Oggi ho una vita molto più consona al mio carattere». Niente mondanità? «In Sardegna non vado da anni, ho messo in vendita la villa di Cala Verde. La Costa Smeralda non ha più l’atmosfera magica di un tempo, è diventata terra di conquista per i russi. E comunque non sono mai stato un nottambulo. A Milano è difficile vedermi in giro dopo mezzanotte, anche perché mi alzo alle sei per entrare in sala operatoria». Daniela come la prendeva di rincasare presto, quando eravate sposati? «Nei tempi migliori, bene: rientrava con me. In quelli meno felici, usciva per conto suo». Quanto è durato il matrimonio? «Dall’83 al ”95. Ci siamo sposati che lei aveva 22 anni e io 34». Colpo di fulmine? «La prima volta ci siamo visti a una cena a Savona, ma eravamo entrambi accompagnati. Il colpo di fulmine c’è stato più o meno un anno dopo, quando è venuta in studio per un intervento». Com’è nata l’idea di lavorare insieme? «Ci è sembrato naturale che lei mi aiutasse nella parte amministrativa. Avevo insistito perché finisse gli studi. Si era iscritta a Giurisprudenza ma non le piaceva, era entrata in crisi, e forse la sua famiglia – sono di Cuneo, il padre ha una ditta di trasporti – non esercitava pressioni su di lei perché non sprecasse l’opportunità di farsi una cultura. La convinsi io a non mollare: passò a Scienze politiche». Perché il vostro matrimonio è finito? «Perché era finito il sentimento». Secondo Daniela, c’entra il fatto che lei non desiderasse figli. «No, quello è stato piuttosto il motivo per cui abbiamo ottenuto l’annullamento dalla Sacra Rota». La sua ex moglie non sapeva che lei non aveva alcuna intenzione di procreare? «Certo che lo sapeva, non ne ho fatto mai mistero con nessuno. Già quando eravamo giovani i miei amici, per scherzo, mi chiamavano Erode». Quindi sui figli Daniela ha cambiato idea nel tempo? «Immagino di sì. Era molto giovane quando ci siamo sposati, perciò capisco che possa succedere. Ma non ho sensi di colpa nei suoi confronti perché la mia è una scelta molto consapevole. Ho vissuto il trauma della morte di mio padre a 12 anni – un infarto mentre era di guardia in ospedale, era ginecologo, non ancora cinquantenne – e non ho mai voluto mettere un figlio nella condizione di subire quello che ho subito io. Non sarà un caso se mia sorella ha fatto la stessa scelta». Ha sofferto per la fine del suo matrimonio? «Non parlerei di un trauma sentimentale, ma la separazione non è stata molto soft». In che senso? «Le donne, si sa, serbano molto più rancore degli uomini, e in certe circostanze tirano fuori il peggio di sé». Daniela scrive, sempre sul sito, che quando le ha comunicato in barca la decisione di lasciarla perché si era innamorata di un altro, lei ha risposto: «Va bene, però ti chiedo solo una cosa. Potresti, prima di andar via, organizzare la festa dell’11 agosto in Sardegna?». andata davvero così? «Sì, con la precisazione che quella conversazione è avvenuta solo pochi giorni prima dell’11 agosto, e che la festa era quella del mio compleanno, che in Costa Smeralda era un appuntamento fisso. Era già organizzato, quindi abbiamo deciso che lei avrebbe aspettato la festa e dopo sarebbe andata a finire altrove le sue vacanze. La cosa buffa è un’altra». Quale? «In quel proseguimento di vacanza, Daniela ha concepito suo figlio. Lo ha chiamato Lorenzo, e San Lorenzo è il 10 agosto. Così, dall’anno dopo, lei ha potuto continuare la tradizione della grande festa estiva spostandola di un giorno, dal mio compleanno all’onomastico del bambino». Siete ancora in contatto? «No. In dodici anni mi avrà chiamato tre volte, perché aveva bisogno che visitassi qualche suo conoscente». Eppure, nonostante il matrimonio annullato e i rapporti non buoni, Daniela non ha ripreso il cognome da nubile (Garnero, ndr), ma ha tenuto il suo. Perché? «L’ha voluto lei. Iniziava a fare politica e, visto che il suo cognome da nubile non lo conosceva nessuno, temeva di perdere quel giro di conoscenze che si era fatta in Sardegna come moglie del chirurgo Santanchè. Io ho acconsentito, ma penso che alla fine quella sua scelta si sia rivelata un autogol. In campagna elettorale, dove si era proposta come donna indipendente, gliel’hanno rinfacciata spesso». A lei dà fastidio che usi il suo cognome? «Mi è indifferente. più infastidita la mia famiglia: non vuole essere associata a lei. A mia madre e a mia sorella chiedono spesso se sono parenti di Daniela, e loro si scocciano perché c’è un po’ di ruggine». Secondo lei, Daniela funziona come politico? «Se fossimo stati ancora insieme non le avrei consigliato quella strada, perché in Italia la politica è brutta e affollata di personaggi che starebbero meglio nelle patrie galere che sugli scranni del Parlamento. Ma a lei interessava: me ne sono accorto nel periodo in cui frequentavamo Cirino Pomicino, che poi è stato anche un po’ il suo mentore. Detto questo, il programma del suo partito era molto valido perché metteva sopra tutto la sicurezza, che oggi è un’esigenza primaria. La campagna elettorale invece mi è sembrata di cattivo gusto». Che cosa non le è piaciuto? «La volgarità, le frasi sulle donne orizzontali, le polemiche con la Mussolini. Secondo me le sfide politiche si affrontano con argomentazioni politiche, punto. Cavalcare argomenti tipici del femminismo, poi, mi sembra pericoloso per una donna come lei. Certe affermazioni le potrebbe fare, forse, Rosy Bindi: forse, perché se uno pensa che persino Golda Meir è stata l’amante di Ben-Gurion, nemmeno Rosy Bindi è al di sopra di ogni sospetto. Del resto, chi è senza peccato scagli la prima pietra». Ha perso pazienti dopo la fine del suo matrimonio? «No. Negli anni ”80 eravamo agli albori della chirurgia estetica, il telefono non smetteva di squillare. Oggi il 90 per cento della mia clientela arriva attraverso il passaparola: ormai è raro trovare una persona ”vergine”, nel senso che non si è mai rifatta niente». Anche lei si è sottoposto a interventi? «Naturalmente. Credo nella chirurgia estetica come parte della nostra cultura. Non si vedono più persone con i denti in disordine: allo stesso modo, è normale correggere i difetti del viso e del corpo. Si può dire che ”la bruttezza oltre un certo limite è maleducazione”». Lei è vanitoso? «Guardi che la chirurgia estetica non ha niente a che fare con la vanità. Chi si sente bello, il vanitoso appunto, non va dal chirurgo. A me si rivolge chi vive una discrepanza tra come si vede nello specchio e come si sente. La società è cambiata. Se lei fa la vita di una quarantenne, non vuole la faccia di una di cinquanta. Infatti le quarantenni, che un tempo erano donne in declino, oggi sono sex symbol. Anche sul lavoro, una volta l’età era segno di affidabilità e saggezza: oggi tutti vogliono i giovani, e la gente si adegua. Un chirurgo estetico non è altro che uno psichiatra con il bisturi». Dal punto di vista estetico, come giudica la sua ex moglie? «Quando si conosce una persona è difficile dare un giudizio sull’aspetto: prevale quello sulla personalità. Una donna può avere un’apparenza splendida ed essere un’arpia, quindi diventare automaticamente brutta. L’estetica, poi, si può migliorare, il carattere no». Diceva che Daniela era venuta da lei per un intervento. Ne ha fatti molti? «Non lo direi mai. Poi sono anni che non sono più io a occuparmi di lei». C’è la foto di una donna sul salvaschermo del suo computer. Chi è? «La mia compagna, Caterina Bonarrigo, chirurgo plastico e socia del mio studio. Lavoriamo insieme da vent’anni». Da quando state insieme? «Dall’anno dopo la fine del mio matrimonio. E non abbiamo figli». Sara Faillaci