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 2008  aprile 14 Lunedì calendario

Portò l´italia nell´arte contemporanea. La Repubblica 14 aprile 2008 In attesa che si celebri il secolo della nascita del Futurismo alle Scuderie del Quirinale, si odono già i primi rulli di tamburo

Portò l´italia nell´arte contemporanea. La Repubblica 14 aprile 2008 In attesa che si celebri il secolo della nascita del Futurismo alle Scuderie del Quirinale, si odono già i primi rulli di tamburo. Filippo Tommaso Marinetti fu il vate del movimento, ma ebbe come dioscuri Umberto Boccioni e Giacomo Balla: una trinità che con forza immise, con un colpo d´ala, l´arte italiana tra le grandi protagoniste della modernità. Senza Boccioni e senza Balla, staremmo ancora a gingillarci con laghettisti e montagnisti come sarcasticamente scrisse il fondatore. Ma Boccioni era nato nel 1881 e morì assai giovane nel 1916, mentre Balla nato dieci anni prima ebbe una vita assai più lunga e morì nel 1958. Proprio attorno a quegli anni, dopo il "la" di Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi, con Le due avanguardie, cominciò ad arare con coraggio e solerzia questa stagione e i suoi maggiori campioni: tutti gli dobbiamo gratitudine: nel tempo ebbe comprimari fino al ”71 quando si tenne alla Galleria Nazionale d´Arte Moderna, la prima grande monografica a cura di Giorgio De Marchis. Ora Balla, sia per la maggiore età d´esordio rispetto al reggino sia per la longevità, è a tutti gli effetti con la sua opera, un eccezionale spaccato nell´arte del primo Novecento. I suoi esordi a Torino, all´Accademia Albertina, sono per intero collocabili nell´ambito divisionista anche se Balla condì subito questa poetica con un´attenzione particolare alla fotografia: suo padre era fotografo e l´arte nova per eccellenza appassionò e sedusse Giacomo, come si può ben vedere nel modo in cui scandì la sua tavolozza inclinando a toni monocromi e attingendo persino a quel pulviscolo che si scorge nelle cromolitografie e nelle foto dell´epoca. In Ritratto della moglie Elisa (1904) e nel coevo trittico Lavorano, mangiano, ritornano possiamo vedere a confronto questi due modi diversi di vivere la pittura: se la prima è debitrice della fotografia, la seconda è pregna della lezione postimpressionista e divisionista. La gaiezza della sua tavolozza s´evince in quel pannello con un cantiere che anticipa il Boccioni di Porta romana, della Città che sale e dell´Autoritratto: d´altronde Boccioni fu suo diretto allievo. Prima di trasferirsi a Roma Balla andò a Parigi dove dipinse tele ammiccanti e piene di verve: a Roma dopo il 1901 fu il suo studio ad accogliere Boccioni che lì familiarizzò con Severini, Sironi e Cambellotti. La prima sala della mostra a Palazzo Reale (fino al 2 giugno), scandita in cinque momenti che giungono alla soglia degli anni Trenta, a cura di Giovanni Lista, a cui si deve denso contributo in catalogo (Skira), con Paolo Baldacci e Livia Velani ci dice con chiarezza, come (vedi quel memorabile Affetti) fosse ancora gozzaniana la vena di Balla torinese, prima dell´incontro con la luce di Roma che aveva incantato Claude Lorrain. Il 20 febbraio del 1909 Marinetti pubblica il Manifesto futurista su Le Figaro. Balla vi aderirà l´anno successivo, ma con tanta convinzione ed energia da divenirne leader assieme al suo più giovane collega e con Severini, che, chissà perché, rimane sempre un po´ sacrificato. Sono infatti contemporanee le ricerche sulla scansione del movimento che attingono dalle precedenti o coeve immagini fotografiche - belle le pagine di Lista - per fissare il moto che in quegli anni si compiono in area inglese, francese e austro-tedesca. Compie due viaggi in Germania e l´esperienza non è senza esiti. Già dal 1912 e poi negli anni successivi Balla con il primo di questi dipinti Bambina x balcone prova a scandire le immagini, ancor più convincenti gli studi sul volo delle rondini così apparentato alle conofotografie di Marey: ma qui il soggetto realistico è ancora ben presente. In questi anni si nota con evidenza che Balla è un po´ fermo, produce assai poco, evidentemente è alla ricerca di una sua via. Il passo successivo e decisivo è l´annullamento del soggetto, lo spingersi cioè su una frontiera che è lui a perlustrare in isolamento anche rispetto ai suoi più giovani amici. Tutto si muove e Velocità d´automobile ne è segno evidente: la serie delle Velocità viene cronologicamente risistemata. Va lentamente così elaborando un suo linguaggio, sempre più pervaso di colore, ma scandito secondo un sistema geometrico che con le compenetrazioni iridescenti costituiscono uno stacco netto da qualunque influenza contemporanea. Sono ventagli, esplosioni di luce, vibrazioni prismatiche che ci fanno capire come Balla abbia familiarità con la grafica espressionista, ma l´abbia elaborate con colori sfacciati nella loro eloquenza luminosa. Con il Manifesto della ricostruzione futurista dell´Universo (1915) assieme a Depero - importante la mostra di Enrico Crispolti a Torino del 1980 - sviluppa i temi marinettiani del movimento e del dinamismo delle forme che deve avvolgere e coinvolgere tutto l´habitat: è l´inizio che lo porterà a elaborare Casa Balla. Il Pugno di Boccioni, poi nel tempo variamente elaborato, è un momento importante della sua concezione sintetica e dinamica: le ricerche sulle parole in libertà, la sua propensione alla musica, in sintonia con Russolo, per Giovanni Paisiello e l´amico Francesco Cangiullo, a cui dedica delle opere, l´accostano al teatro e alla scenografia. S´intrecciano a questo punto le ricerche teosofiche e sullo spiritismo che Fabio Benzi in Balla. Genio futurista (Electa) con originali tratti mette a fuoco. Questo universo sensitivo, che pure affiora già nel manifesto di fondazione del movimento, viene ulteriormente indagato e ha conseguenze non irrilevanti nella pratica artistica. Sembra quasi che Balla, mai scalfito dall´alone cubista - a differenza di Boccioni, Carrà e Severini - vada alla ricerca di un al di là della forma. Indagine, che è anche propensione piena di passione per l´intervento nella grande guerra: evento a cui dedica numerose tele nelle quali i colori della bandiera italiana sono mescolati vorticosamente: la Manifestazione patriottica (1914) è forse la più intensa tra queste tele. Col tempo i colori non hanno più sbavature, sono campi netti, sono eliche nello spazio e nella luce: si dà il caso che le sue figlie si chiamino Elica e Luce e a loro si deve una ricca donazione alla Gnam. Nel corso degli anni Venti l´elaborazione originale di forme e colori subisce come un´accelerazione, invadendo non solo le cornici dei dipinti ma il suo studio e la sua casa. Dal primo Fiore futurista (circa 1920), scultura policromatica, si passa agli arredi della casa e dell´atelier in cui lavora e come un artigiano sapiente Balla costruisce con le sue mani. Una passione che l´accompagnerà per tutto il resto di una lunga e operosissima vita. Cesare De Seta