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 2008  aprile 04 Venerdì calendario

Come cambia la Nato. L’Unità 4 aprile 2008 Doveva essere il vertice «più importante». Per la Nato, quello di Bucarest, è stato, certamente, il «più strano»

Come cambia la Nato. L’Unità 4 aprile 2008 Doveva essere il vertice «più importante». Per la Nato, quello di Bucarest, è stato, certamente, il «più strano». Le stranezze sono venute dall’ospite più importante. George W. Bush s’era detto alla vigilia aveva un gran bisogno di strappare un bel successo internazionale, qualcosa che lo proiettasse di nuovo sulla scena dalla quale la campagna delle primarie Usa lo ha cacciato. Ma allora perché presentarsi a cavallo di una tigre di carta, ovvero la cooptazione immediata nell’Alleanza di due Stati, Ucraina e Georgia che qualsiasi dilettante aveva gli strumenti per giudicare molto prematura? Visualizza la pagina in PDFStampa questo articolo Tant’è che a sbattere la porta in faccia alla proposta di Bush non è stata solo la Russia di Putin, ma anche un insolito (per la Nato) asse franco-tedesco intorno al quale si è ricompattata la ”vecchia Europa” (quella che tanto poco piaceva, ai tempi delle pressioni per la guerra in Iraq, agli oltranzisti dell’amministrazione Usa e a qualche leader europeo ”nuovista” come Aznar e il nostro Berlusconi) e forse addirittura anche la Gran Bretagna della ”special relationship”. Insomma, la domanda è: come può accadere che il capo dell’unica superpotenza rimasta al mondo sia tanto ingenuo da presentarsi con un’idea bocciata già in partenza? Qualcuno ha risposto adombrando l’ipotesi che Bush avesse gettato Kiev e Tblisi nel calderone di Bucarest per farne uscire, bello cotto, un buon risultato per l’Afghanistan. Se così fosse, va detto, avrebbe ottenuto davvero poco: i 700 soldati in più promessi dalla Francia appaiono un risultato talmente scarso che più d’uno ha interpretato il sorprendente paragone fatto da Bush tra Sarkozy e Elvis Presley come un ironico insulto al presidente francese. A parte un vago impegno canadese, nessuno dei ridispiegamenti di truppe reclamati da Washington avrà probabilmente luogo, meno che mai quelli di tedeschi e italiani, i quali, in ogni caso, manterranno (per Roma almeno fino a che sarà ministro Parisi) i loro caveat. Non solo, ma gli abbracci e le moine tra Sarkozy e la cancelliera Merkel, che solo qualche settimana fa si sarebbero presi volentieri a calci negli stinchi, non appaiono proprio di buon auspicio per i settori dell’amministrazione Usa legati ancora all’idea ”divide (gli europei) et impera”. Insomma, sull’Afghanistan qualche passetto si è fatto, ma molto meno di quanto gli americani sperassero e, probabilmente, si aspettassero dal vertice. Anche l’altro capitolo al quale Bush teneva in modo particolare in consonanza con la sua ”allure de parrin” della ”nuova” Europa dell’est, l’adesione di Croazia, Albania e Macedonia, non è filata proprio liscia: il no greco a Skopje, in nome dell’eterna contesa sul nome e sulle radici storiche, ha guastato la festa. La domanda, perciò, resta senza risposta. A meno che non si cerchi di guardare dietro le apparenze dell’agenda del summit. Stranamente l’argomento è stato quasi assente nei resoconti e nei commenti, ma è in atto, negli Usa e forse non solo, una forte campagna perché tra i compiti della Nato venga inserita l’iniziativa in materia di politica energetica. Al Senato americano c’è già una proposta formale, presentata dall’autorevole esponente repubblicano Richard Lugar, perché la ”minaccia” in fatto di rifornimenti di gas o petrolio a un paese Nato faccia scattare il meccanismo dell’art. 5, ovvero la risposta ”automatica” dell’intera alleanza. Quanto l’accerchiamento con la cooptazione nella Nato degli stati della ex Urss, quanto le tensioni scaturite dal riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, quanto i progetti antimissile nell’Europa orientale, è questo allargamento degli ambiti di intervento dell’alleanza che preoccupa e irrita il Cremlino. Per una ragione generale, visto il peso che hanno le forniture di energia (45% del gas e 29,9% del petrolio importati dall’Europa) nell’economia e nelle scelte politiche moscovite, e per una ragione particolare: gli Usa stanno cercando di by-passare la Russia con una pipeline trans-caspica dall’Asia centrale alla Turchia che toglierebbe a Mosca gran parte della sua influenza sull’ex impero. Quanto e come si è discusso, a Bucarest, di energia? Quanto il presidente ormai quasi in pensione e soprattuto chi gli succederà tenderanno a legare il tema della ”comunità democratica (leggi: occidentale) degli interessi” a quello della ”globalizzazione” della Nato, ovvero di un’alleanza che perde anche le sue residue caratteristiche regionali per diventare una sorta di Onu di parte, governata non da New York, ma da Washington? Forse erano questi i veri temi al centro del vertice di Bucarest. In ogni caso sono quelli di cui, prima o poi, si dovrà seriamente discutere, di qua e di là dell’Atlantico. Paolo Soldini